Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4150 del 21/02/2014


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 4150 Anno 2014
Presidente: CAPPABIANCA AURELIO
Relatore: CIGNA MARIO

SENTENZA

sul ricorso 2216-2008 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro
tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;
– ricorrente 2013
2794

contro

LAMANUZZI ANNA, elettivamente domiciliata in ROMA VIA
G.P. DA PALESTRINA 19, presso lo studio dell’avvocato
PAGLIARI MASSIMO, che la rappresenta e difende
unitamente all’avvocato ATTANASIO ANTONINO con procura
speciale della Dott.ssa MARISA ARGELLI notaio in LUGO

Data pubblicazione: 21/02/2014

rep. n. 37057 del 19/02/2008;
– controricorrente

avverso la sentenza n. 105/2006 della COMM.TRIB.REG.
di BOLOGNA, depositata il 27/11/2006;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 09/10/2013 dal Consigliere Dott. MARIO

udito per il ricorrente l’Avvocato PISANA che ha
chiesto l’accoglimento;
udito per il controricorrrente l’Avvocato ATTANASIO
che ha chiesto il rigetto;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. SERGIO DEL CORE che ha concluso per il
rigetto del ricorso.

CIGNA;

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con atto 14-12-2000 Lamanuzzi Anna vendeva alla Flora srl al prezzo di lire 810.000.000 un capannone ad
uso commerciale, che aveva ricevuto in donazione dal padre Lamanuzzi Paolo con atto 27-1-2000 per il
valore dichiarato di lire 404.000.000; di conseguenza, con avviso di accertamento 28-5-2004, l’Agenzia delle
Entrate di Lugo rettificava la dichiarazione dei redditi presentata per l’anno 2000 da Lamanuzzi Anna,
accertando una plusvalenza di lire 370.573.000, con tassazione separata ai fini IRPEF, ai sensi dell’art. 16

L’adita CTP di Ravenna rigettava il ricorso proposto dalla contribuente avverso detto awiso.
Con sentenza 6-11-2006, depositata il 27-11-2006, la CTR di Bologna accoglieva l’appello presentato dalla
contribuente; in particolare la CTR evidenziava che oggetto della cessione era un capannone ad uso
commerciale, e non un terreno suscettibile di utilizzazione edificatoria secondo gli strumenti urbanistici
vigenti al momento della cessione, come invece richiesto, per tassare la plusvalenza, dall’art. 81, comma 1,
lett. B, dpr 917/86.
Avverso detta sentenza proponeva ricorso per Cassazione l’Agenzia, affidato ad un motivo; resisteva la
contribuente con controricorso.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con l’unico motivo di ricorso l’Agenzia, denunziando -ex art. 360, comma 1, n.3 cpc- violazione e/o falsa
applicazione dell’art. 81 TUIR e dell’art. 38 dpr 600/73, deduceva che il cit. art. 81 prevedeva la tassabilità
della plusvalenza realizzata tramite la cessione di terreni “suscettibili di utilizzazione edificatoria secondo gli
strumenti urbanistici vigenti al momento della cessione”, e quindi non poteva che ricomprendere la
cessione non solo di terreni “nudi” ma anche di quelli che, pur essendo edificati, conservavano integra la
loro capacità edificatoria in base alle previsioni del PRG.
Il motivo è infondato.
Come risulta, invero, evidente dada stessa lettera del citato art. 81 (ora 67) e dall’art. 16 (ora 17), comma 1,
lett. g bis TUIR, sono soggette a tassazione separata, quali “redditi diversi”, le “plusvalenze realizzate a
seguito di cessioni a titolo oneroso di terreni suscettibili di utilizzazione edificatoria secondo gli strumenti
urbanistici vigenti al momento della cessione”; di conseguenza, non possono rientrare tra le stesse le
cessioni aventi ad oggetto non un terreno “suscettibile di utilizzazione edificatoria” ma un terreno sul quale
insorge un fabbricato, e che quindi è da ritenersi già edificato.
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Nel caso di specie, come accertato in fatto dalla CTR, con valutazione insuscettibile di sindacato da que
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Corte se non per (non dedotto) vizio di motivazione, la cessione ha avuto per oggetto un “capanno a

lett. g bis) dpr 917/86, e relativa imposta per euro 49.071,15, oltre sanzioni ed interessi.

uso commerciale e relative pertinenze”, censito al catasto fabbricati; di conseguenza, atteso appunto
l’oggetto della cessione, nulla rileva (al fine specifico per cui è causa) che il capannone insorga su terreno
che abbia una ulteriore potenzialità edificatoria, o che in base a non oggettivamente riscontrate (v. CTR)
intenzioni delle parti, il capannone medesimo sia stato destinato alla demolizione.
Alla stregua di quanto sopra, pertanto, il ricorso va rigettato.
Le spese di lite relative al presente giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo, seguono la

P. Q. M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento dei compensi di lite relative al presente
giudizio di legittimità, che si liquidano in complessivi euro 4.500,00, oltre euro 200,00 per spese.
Così deciso in data 9-10-2013 nella Camera di Consiglio della sez. tributaria.

soccombenza.

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