Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4149 del 21/02/2011

Cassazione civile sez. lav., 21/02/2011, (ud. 24/11/2010, dep. 21/02/2011), n.4149

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIDIRI Guido – Presidente –

Dott. PICONE Pasquale – Consigliere –

Dott. BALESTRIERI Federico – Consigliere –

Dott. BERRINO Umberto – rel. Consigliere –

Dott. ARIENZO Rosa – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 34548-2006 proposto da:

C.V., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA SAN

GIOVANNI IN LATERANO 16, presso lo studio dell’avvocato BORTONE

GIUSEPPE, rappresentato e difeso dall’avvocato CINQUEGRANA

SEBASTIANO, giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

SAN PAOLO IMI S.P.A. (Società incorporante di Banco di Napoli

S.p.A.), in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE GIULIO CESARE N. 21/23,

presso lo studio dell’avvocato DE LUCA TAMAJO RAFFAELE, che la

rappresenta e difende unitamente all’avvocato MUSTO ALFREDO, giusta

delega in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 3205/2005 della CORTE D’APPELLO di BARI,

depositata il 28/11/2005 R.G.N. 509/03;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

24/11/2010 dal Consigliere Dott. UMBERTO BERRINO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

PATRONE IGNAZIO che ha concluso per: inammissibilità del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza del 14/11/2005 la Corte d’Appello di Bari – sezione Lavoro, nel pronunziarsi nel giudizio di rinvio riassunto da C. V. nei confronti del San Paolo IMI s.p.a. a seguito di cassazione della sentenza del 5 – 23/4/01 del Tribunale di Foggia, rigettò la domanda, proposta dal ricorrente per il riconoscimento del diritto all’inquadramento definitivo nei livello retributivo di “quadro” con diritto alla relativa retribuzione di “quadro super” e con condanna dell’istituto bancario convenuto al pagamento delle corrispondenti differenze retributive, così confermando l’esito del primo giudizio pretorile già sfavorevole all’appellante, sulla base delle seguenti motivazioni: la mera circostanza che il C., quale Capo ufficio del Ruolo “A” della Filiale di Foggia, avesse sostituito per un certo periodo, presso un’altra filiale, un altro dipendente ( A.C.), rivestente le mansioni di sostituto del Preposto ed inquadrato come Capo Ufficio-quadro super, non era di per sè sufficiente al riconoscimento della qualifica superiore, se non accompagnata dalla dimostrazione dell’effettivo ed autonomo svolgimento di mansioni proprie del dipendente sostituito. Invero, non era risultato provato l’assunto del temporaneo trasferimento del C. all’agenzia di (OMISSIS) per la sostituzione del dipendente A.C., da tempo andato in pensione, per esercitarne le specifiche funzioni di “sostituto del Preposto” presso agenzie foranee di 2^ – categoria ed agenzie di città rette da Funzionario di Direzione, mentre dalla documentazione versata in atti era emerso che il ricorrente era stato inviato a (OMISSIS) in missione per mere esigenze stagionali e non aveva superato i limiti della normale attività; inoltre, neppure erano state indicate le attività concretamente svolte dal C. nel periodo in questione ai fini del confronto con le mansioni tipiche della superiore qualifica rivendicata, per cui i mezzi di prova richiesti si erano rivelati essere generici ed irrilevanti, mentre il giuramento decisorio era risultato inammissibile, in quanto mai ritualmente deferito ed attinente a circostanze niente affatto decisive e persino contrarie alla tesi attorea.

Per la cassazione della sentenza propone ricorso il C., affidando l’impugnazione ad un unico articolato motivo di censura.

Resiste con controricorso il San Paolo IMI s.p.a. che deposita anche memoria ai sensi dell’art. 378 c.p.c..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con un solo motivo il ricorrente investe la sentenza impugnata deducendo il difetto di motivazione per mancata ammissione dei mezzi istruttori articolati (prova testimoniale ed interrogatorio formale) nell’atto introduttivo, relativi ad un punto decisivo della controversia, nonchè l’omessa ed insufficiente motivazione. In particolare, il C. si duole sia della mancata ammissione del capitolo di prova per testi relativo allo svolgimento dell’attività di “sostituto del preposto” presso la filiale di (OMISSIS) del Banco di Napoli, adducendo che col predetto mezzo istruttorio si faceva specifico riferimento alle attività in concreto svolte in tale veste e che le stesse avrebbero potuto essere meglio precisate dai testi su richiesta del giudicante o dei difensori, sia della mancata ammissione dell’interrogatorio formale.

Il ricorso è infondato.

Anzitutto, non può sfuggire il particolare che se è lo stesso ricorrente a prospettare l’ipotesi che la precisazione del contenuto delle superiori mansioni da lui rivendicate sarebbe potuta derivare dalle risposte che i testi avrebbero potuto fornire al giudicante su richiesta di quest’ultimo o dei difensori, se ne deve logicamente dedurre che viene implicitamente riconosciuto che mancava sin dall’origine una specificità del capitolo oggetto della richiesta di prova orale, ragion per la quale è assolutamente corretta la decisione del giudice di prime cure, la cui sentenza è stata totalmente confermata in appello, in ordine alla esclusione dell’ammissione del mezzo istruttorio per genericità dello stesso, oltre che per inammissibilità dovuta al fatto che esso implicava la formulazione di giudizi non demandabili ai testi.

Nè può sfuggire la rilevante circostanza che non solo non è stato precisato quali erano i capitoli oggetto dell’interrogatorio formale, della cui mancata ammissione ci si duole, ma, soprattutto, nulla è stato dedotto in ordine all’unica ragione di tale mancata ammissione da parte della Corte d’appello, vale a dire la ritenuta inammissibilità del mezzo Istruttorio per mancato rituale deferimento dello stesso e perchè attinente a circostanze niente affatto decisive, oltre che contrarie alla stessa tesi attorea.

Egualmente infondato è il richiamo, operato dalla difesa del ricorrente, alla tesi della sufficienza del concetto della sostituzione del sig. A. ai fini dell’inquadramento da lui rivendicato, atteso che tale argomentazione non supera la considerazione di fondo, ben evidenziata dal giudice d’appello, che la mera sostituzione di altro dipendente rivestente qualifica superiore non equivale di per sè sola, in mancanza di prova dell’effettivo autonomo svolgimento delle mansioni del sostituito, a diritto alla promozione.

Al riguardo è opportuno rammentare che, come questa Corte ha già avuto modo di precisare (Cass. sez. lav. n. 9141 del 13/5/2004), “nel rapporto di lavoro subordinato, il carattere vicario delle mansioni svolte preclude il diritto del sostituto all’inquadramento nella qualifica superiore del sostituito, e lo stesso diritto alla maggiore retribuzione per il periodo della sostituzione, sia quando la sostituzione non abbia riguardato mansioni proprie della qualifica rivendicata nè comportato l’assunzione dell’autonomia e della responsabilità tipiche della qualifica stessa, sia quando le mansioni proprie della qualifica del sostituto comprendano compiti di sostituzione di dipendenti di grado più elevato. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza impugnata che aveva rigettato la richiesta di riconoscimento della superiore qualifica di funzionano, proposta da dipendente del Banco di Napoli avente la qualifica di vice capo ufficio, grado 9.0, che, in conformità all’ordinamento interno del Banco, aveva svolto i compiti previsti per gli impiegati di prima classe, grado 10.0) (in senso conforme v. anche Cass. sez. lav. n. 14738 del 30/12/1999).

Infine, è infondata la doglianza attraverso la quale il ricorrente afferma che gli atti di causa smentirebbero la circostanza che egli era stato mandato a (OMISSIS) solo per mere esigenze stagionali e non con l’incarico di sostituire l’ A., come rilevato nella sentenza impugnata: invero, occorre chiarire che nella sentenza d’appello, allorquando si evidenziano le accertate esigenze stagionali che determinarono la missione del ricorrente a (OMISSIS), ci si riferisce ad un preciso documento contenuto nel fascicolo di parte del Banco resistente di primo grado, vale a dire la nota del 13.4.92, mentre l’odierno ricorrente allude ad una diversa nota del 3/4/92 che egli avrebbe inviato al Direttore della Filiale di Foggia, senza riportarne, però, il contenuto e senza allegarne copia; nè va trascurata la circostanza che si tratterebbe di un atto di sua provenienza.

Tra l’altro si osserva che per il regime processuale inerente cause, come la presente, la cui decisione è stata pubblicata prima dell’entrata in vigore del D.Lgs n. 40 del 2006, questa Corte (Cass. sez. 3 n. 12239 del 25/5/2007), ha già precisato che “con riferimento al regime processuale anteriore al D.Lgs. n. 40 del 2006, ad integrare il requisito della cosiddetta autosufficienza del motivo di ricorso per cassazione concernente, ai sensi dell’art. 360 cod. proc. civ., n. 5 (ma la stessa cosa dicasi quando la valutazione dev’essere fatta ai fini dello scrutinio di un vizio ai sensi dell’art. 360, n. 3 o di un vizio integrante error in procedendo ai sensi dei nn. 1, 2 e 4 di detta norma), la valutazione da parte del giudice di merito di prove documentali, è necessario non solo che tale contenuto sia riprodotto nel ricorso, ma anche che risulti indicata la sede processuale del giudizio di merito in cui la produzione era avvenuta e la sede in cui nel fascicolo d’ufficio o in quelli di parte, rispettivamente acquisito e prodotti in sede di giudizio di legittimità essa è rinvenibile. L’esigenza di tale doppia indicazione, in funzione dell’autosufficienza, si giustificava al lume della previsione dell’art. 369 c.p.c., vecchio n. 4, comma 2, che sanzionava (come, del resto, ora il nuovo) con l’improcedibilità la mancata produzione dei documenti fondanti il ricorso, producibili (in quanto prodotti nelle fasi di merito) ai sensi dell’art. 372 cod. proc. civ.”, comma 1.

Il ricorso va, pertanto, rigettato.

Le spese del presente giudizio seguono la soccombenza del ricorrente e vanno liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio nella misura di Euro 30,00 per esborsi e di Euro 3000,00 per onorario, oltre spese generali, IVA e CPA. Così deciso in Roma, il 24 novembre 2010.

Depositato in Cancelleria il 21 febbraio 2011

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