Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 41489 del 24/12/2021

Cassazione civile sez. II, 24/12/2021, (ud. 03/11/2021, dep. 24/12/2021), n.41489

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GORJAN Sergio – Presidente –

Dott. BERTUZZI Mario – Consigliere –

Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere –

Dott. CASADONTE Annamaria – Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 6160-2017 proposto da:

A.D., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA MARIANNA

DIONIGI n. 29, presso lo studio dell’avvocato MARINA MILLI, che lo

rappresenta e difende unitamente all’avvocato GAETANO CRISAFI;

– ricorrente –

contro

C.G., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA TAGLIAMENTO n.

55, presso lo studio dell’avvocato NICOLA DI PIERRO, che lo

rappresenta e difende unitamente all’avvocato GIORGIO CASTELLANI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 2973/2016 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA,

depositata il 27/12/2016;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

03/11/2021 dal Consigliere Dott. STEFANO OLIVA.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

Con atto di citazione notificato il 18.2.2003 A.D., + ALTRI OMESSI, proponevano opposizione avverso il decreto ingiuntivo n. 3384/2002, emesso dal Tribunale di Padova, in virtù del quale era stato loro ingiunto il pagamento di Euro 16.591,13 a favore di C.G., a fronte dell’attività di professionale prestata da quest’ultimo in favore dei danti causa degli ingiunti.

Nella resistenza del creditore, che invocava la conferma del decreto ingiuntivo opposto, il Tribunale, con sentenza n. 1681/2010, rigettava l’opposizione, condannando gli opponenti alle spese del grado.

Costoro interponevano appello e si costituiva in seconde cure, per resistere al gravame, il C..

Con la sentenza impugnata, n. 2376/2016, la Corte di Appello di Venezia accoglieva in parte il gravame, ritenendo parzialmente prescritta la pretesa creditoria del C., che riduceva sino alla concorrenza di Euro 10.158,28, compensando parzialmente le spese di lite.

Propone ricorso per la cassazione di detta decisione A.D., affidandosi ad un solo motivo.

Resiste con controricorso C.G..

La parte controricorrente ha depositato memoria in prossimità dell’adunanza camerale.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con l’unico motivo, la ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione degli artt. 2944,2945,2956,2957,2960,1219,2704 e 2697 c.c., nonché l’omesso esame di fatti decisivi, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, perché la Corte di Appello avrebbe erroneamente riformato solo in parte la sentenza di prime cure, valorizzando come atti interruttivi del decorso della prescrizione presuntiva del credito del professionista una serie di pagamenti eseguiti da A.S., dante causa degli opponenti nel giudizio di merito, che in realtà non avevano alcuna valenza interruttiva della prescrizione, e valorizzando come dichiarazione a contenuto confermativo dell’incarico una dichiarazione firmata dallo stesso in data 19.1.1992, in effetti registrata in epoca successiva e comunque non idonea, in sé, ad assicurare l’interruzione del decorso della prescrizione.

La censura è infondata.

La Corte di Appello afferma che i pagamenti in acconto, in occasione dei quali il dante causa degli opponenti in prime cure – che ebbe a conferire l’incarico professionale al C. – aveva firmato le parcelle emesse dal professionista, avevano effetto interruttivo della prescrizione e che la dichiarazione del 19.1.1992, sottoscritta dal medesimo dante causa, confermava l’esistenza del rapporto e del credito dell’ingegnere da esso scaturente. Il motivo proposto dall’odierna ricorrente si risolve nell’invocazione di un nuovo esame del merito, precluso in questa sede, perché estraneo alla natura ed alla finalità del giudizio di legittimità (Cass. Sez. U, Sentenza n. 24148 del 25/10/2013, Rv. 627790).

Peraltro, la valutazione del fatto e delle evidenze istruttorie Condotta dalla Corte territoriale si conforma ai principi affermati da questa Corte, secondo cui il pagamento in acconto, se di per sé non implica necessariamente rinuncia alla prescrizione, ove maturata, può tuttavia essere interpretato dal giudice di merito, insieme agli altri elementi istruttori, come atto incompatibile alla volontà di avvalersene (Cass. Sez. 1, Sentenza n. 12624 del 09/06/2011, Rv. 618219; Cass. Sez. 1, Sentenza n. 23746 del 16/11/2007, Rv. 600782). Nel caso di specie, la Corte lagunare ha evidenziato che gli eredi di A. Salvatore non avevaro disconosciuto le sottoscrizioni apposte dal loro dante causa, sia sulle fatture in acconto, sia sulla dichiarazione del 19.1.1993; che, di conseguenza, detti documenti dovevano ritenersi riconosciuti; che tutte le fatture prodotte dal C., e firmate dal dante causa dell’odierna ricorrente, recavano l’espressa indicazione che il pagamento costituiva – appunto – un acconto sulla maggior somma dovuta al C. dall’ A., e per esso, oggi, dai suoi eredi; che questi ultimi non avevano mai mosso alcuna contestazione, né in ordine al conferimento dell’incarico, né in ordine allo svolgimento delle prestazioni da parte del professionista. Sulla base di tale non implausibile ragionamento, il giudice di merito ha attribuito – all’esito di un giudizio di fatto fondato sull’apprezzamento complessivo delle risultanze istruttorie – ai vari pagamenti eseguiti dall’ A. in acconto effetto interruttivo della prescrizione del credito del professionista.

Il ricorso va, dunque, rigettato.

Le spese del presente giudizio di legittimità, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.

Stante il tenore della pronuncia, va dato atto – ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater – della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento di un ulteriore importo a titolo contributo unificato, pari a quello previsto per la proposizione dell’impugnazione, se dovuto.

P.Q.M.

la Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento, in favore del controricorrente, delle spese del presente giudizio di legittimità, che liquida in Euro 3.200, di cui Euro 200 per esborsi, oltre rimborso delle spese generali, in ragione del 15%, iva, cassa avvocati ed accessori tutti come per legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della seconda sezione civile, il 3 novembre 2021.

Depositato in Cancelleria il 24 dicembre 2021

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