Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 41484 del 24/12/2021
Cassazione civile sez. II, 24/12/2021, (ud. 23/09/2021, dep. 24/12/2021), n.41484
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DI VIGILIO Rosa Maria – Presidente –
Dott. BELLINI Ubaldo – Consigliere –
Dott. CASADONTE Annamaria – Consigliere –
Dott. FORTUNATO Giuseppe – rel. Consigliere –
Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 2558/2017 R.G. proposto da:
ASSOCIAZIONE PROFESSIONALE LA SCALA – STUDIO LEGALE e NON PERFORMING
LOANS S.P.A., in persona dei rispettivi legali rappresentanti p.t.,
nonché P.M., rappresentati e difesi dall’avv. Marco
Pesenti, con domicilio eletto in Roma, Via Ombrone n. 14;
– ricorrenti –
contro
P.M.;
– intimato –
avverso la sentenza del Tribunale di Siena n. 102/2016, depositata in
data 23.6.2016;
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del giorno
23.9.2021 dal Consigliere Giuseppe Fortunato.
Fatto
RAGIONI IN FATTO E IN DIRITTO DELLA DECISIONE
1. Con sentenza n. 102/2016, il tribunale di Siena, confermando la pronuncia del giudice di pace di Abbadia S. Salvatore, ha dichiarato l’inesistenza della citazione in opposizione al decreto ingiuntivo ottenuto dall’avv. P. per il pagamento di compensi professionali (quale domiciliatario dello studio professionale La Scala).
Per quanto rileva nel presente giudizio, il tribunale ha negato che la sigla apposta in calce alla citazione fosse attribuibile al difensore, osservando che, in presenza di una contestazione specifica e circostanziata della paternità della sottoscrizione, era onere dell’opponente provare che l’indecifrabile sigla apposta sulla citazione fosse effettivamente la firma del difensore, non rilevando la conferma o la successiva ratifica da parte del difensore stesso. La cassazione della sentenza è chiesta dall’Associazione Professionale La Marca, dalla No Performing Loans s.p.a. e da P.A. con ricorso in quattro motivi.
L’avv. P.M. è rimasto intimato.
2. Il primo motivo di ricorso denuncia la violazione dell’art. 182 c.p.c., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, sostenendo che il difetto di sottoscrizione, ove sussistente, era stato sanato mediante la successiva ratifica da parte dell’avv. P., che aveva anche sottoscritto tutti gli atti successivi del giudizio di opposizione. In ogni caso, era dovere del giudice ordinare la regolarizzazione dell’atto introduttivo ai sensi dell’art. 182 c.p.c..
Il secondo motivo denuncia la violazione degli artt. 125 e 163 c.p.c., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. Secondo i ricorrenti, la citazione poteva ritenersi inesistente solo ove nessuna sottoscrizione fosse stata apposta dal difensore, mentre, nella specie, l’atto doveva considerarsi sottoscritto mediante l’apposizione della sigla presente in calce alla citazione.
Il terzo motivo deduce la violazione degli artt. 1299 e 2697 c.c., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, contestando che la prova dell’autenticità della sottoscrizione del difensore non poteva gravare sugli opponenti, trattandosi di un onere di impossibile adempimento.
Il quarto motivo deduce la violazione dell’art. 2702 c.c., artt. 81,100,214 e 215 c.p.c., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4, assumendo che il vizio di sottoscrizione dell’atto introduttivo era stato sanato dalla successiva conferma dell’autenticità della sottoscrizione da parte del difensore, potendo solo quest’ultimo disconoscere la propria firma.
I quattro motivi vanno esaminati congiuntamente, data la loro stretta connessione, e vanno respinti per quanto di ragione.
Questa Corte ha ripetutamente affermato che “l’originale dell’atto introduttivo del giudizio privo di sottoscrizione del procuratore della parte è inesistente, perché privo dell’elemento indispensabile per la sua formazione fenomenica, non realizzandosi quella consistenza che permetta una valutazione giuridica in termini di invalidità o di nullità, non potendo assumersi prove esterne sull’identificazione del suo autore, perché non idonee a costituire il necessario collegamento tra scrittura e sottoscrizione, quali la sottoscrizione della nota di iscrizione a ruolo e la conformità dell’originale alla copia notificata, perché non idonee a sanare il vizio dell’inesistenza dell’atto processuale (Cass. 1275/2011; Cass. 5790/2011; Cass. 2255/2004; Cass. 4116/2001; Cass. 2691/1994; Cass. 2472/1981; Cass. 3718/1979; Cass. 5077/1978; Cass. 1472/1981; Cass. 4316/1976).
Il principio è stato di recente ribadito anche con riferimento alla mancanza della firma digitale sull’atto introduttivo in formato elettronico (Cass. 14338/2017; Cass. 22871/2015; cfr., in motivazione, per l’applicazione del principio anche in caso di falsità della firma apposta sul mandato ad litem, Cass. 20511/2019).
Il difetto di sottoscrizione – cui va equipara la sua accertata falsità è escluso solo nel caso in cui la riferibilità dell’atto processuale di costituzione sia desumibile da altri elementi “risultanti o individuati nell’atto stesso” e che consentano di superare ogni incertezza sulla sua provenienza, come quando consti l’indicazione – nella relazione dell’ufficiale giudiziario – che la notifica dell’atto è stata effettuata ad istanza di quel difensore o quando risulti la firma del difensore con cui venga certificata l’autenticità della sottoscrizione per il rilascio del mandato ad opera della parte, tutte ipotesi che non ricorrono nel caso di specie (Cass. 9490/2007; Cass. 8042/2006; Cass. 6225/2005; Cass. 22025/2004; Cass. 13395/2001).
A tale principi si è attenuto il tribunale, che dopo aver ritenuto, in base agli elementi acquisiti in comparazione, che non vi fosse alcun elemento di riferibilità al difensore dell’indecifrabile sigla apposta in calce all’opposizione, ha anche ribadito l’impossibilità di sanare il vizio di sottoscrizione e la stessa irrilevanza di un’eventuale ratifica, essendo comunque preclusa la sanatoria ai sensi dell’art. 182 c.p.c., norma applicabile ai difetti di rappresentanza, assistenza o di autorizzazione o a quelli della procura e non alla più radicale assenza di sottoscrizione dell’originale dell’atto introduttivo (oltre che della procura), riconducibile all’inosservanza dell’art. 125 c.p.c..
Il ricorso è quindi respinto.
Nulla sulle spese, non avendo il resistente svolto difese.
Si dà atto, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.
PQM
rigetta il ricorso.
Dà atto, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sezione Seconda Civile, il 23 settembre 2021.
Depositato in Cancelleria il 24 dicembre 2021