Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4146 del 22/02/2010

Cassazione civile sez. II, 22/02/2010, (ud. 12/11/2009, dep. 22/02/2010), n.4146

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SETTIMJ Giovanni – Presidente –

Dott. PETITTI Stefano – Consigliere –

Dott. PARZIALE Ippolisto – Consigliere –

Dott. D’ASCOLA Pasquale – rel. Consigliere –

Dott. DE CHIARA Carlo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

T.M., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DARDANELLI

37, presso lo studio dell’avvocato DEL VESCOVO MATTEO, che la

rappresenta e difende, giusta procura speciale in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

CONSOLATO ONORARIO DEL GRANDUCATO DEL LUSSEMBURGO PER LA TOSCANA, in

persona del Console Onorario pro tempore, elettivamente domiciliato

in ROMA, VIA G. ANDREOLI 1, presso lo studio dell’avvocato FIORAVANTI

MASSIMILIANO, che lo rappresenta e difende, giusta procura speciale

in calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 867/2008 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE, del

16/05/08 depositata il 27/05/2008;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

12/11/2009 dal Consigliere Relatore Dott. D’ASCOLA Pasquale;

E’ presente il P.G. in persona del Dott. PRATIS PIERFELICE.

 

Fatto

FATTO E DIRITTO

Il tribunale di Firenze con sentenza del 14 settembre 2004 dichiarava la estinzione del giudizio intrapreso da T.M. avverso O.F. e il Granducato del Lussemburgo, con condanna dei medesimi alla refusione a parte attrice delle spese di causa;

contestualmente dichiarava il difetto di giurisdizione dell’ag.

italiana relativamente alla controversia tra la T. e il Consolato del Granducato. L’appello proposto dalla T. veniva dichiarato “inammissibile siccome tardivo” dalla Corte di appello di Firenze il 27 maggio 2008. L’appellante ha proposto ricorso per Cassazione, notificato il 26 luglio – 1 agosto 2008, al quale il Consolato Onorario del GranDucato del Lussemburgo, in persona del console onorario avv. O.F., ha resistito con controricorso.

Il giudice relatore ha avviato la causa a decisione con il rito previsto per il procedimento in Camera di consiglio. Il primo motivo di ricorso espone sei diversi quesiti di diritto, numerati da a) fino a f). Vi si lamenta con i primi tre che la Corte d’appello non si sarebbe pronunciata sulla carenza di legittimazione, in grado d’appello (cfr. ricorso pag. 12 sub 1), del Consolato Onorario, stante la partecipazione al giudizio del Granducato del Lussemburgo e sulla rilevabilita’ preliminare della questione.

Con il quinto che non sia stata affermata la consequenziale nullita’ dell’eccezione ex artt. 325 e 326 c.p.c. sulla tardivita’ dell’appello e con il sesto l’erronea motivazione sull’omessa trattazione di detta questione. Al punto d), quarto dell’esposizione, si chiede di affermare che la tardivita’ dell’appello ex artt. 325 e 326 c.p.c. non sia rilevabile d’ufficio. Detta questione e’ preliminare alle altre, poiche’ queste ultime mirano proprio a far affermare che il giudice d’appello avrebbe prima dovuto esaminare la questione di legittimazione della parte che aveva sollevato l’eccezione di tardivita’ e, una volta negata la legittimazione tenere in non cale l’eccezione stessa. Ove invece, come la Corte territoriale ha fatto, la tardivita’ dell’appello fosse preliminarmente rilevabile d’ufficio, ogni questione attinente la legittimazione sarebbe stata successiva e quindi irrilevante. Il ricorso, relativamente al punto d) e’ infondato. Nel caso di specie la tardivita’ dell’appello risulta in punto di fatto incontroversa, in relazione a notifica della sentenza di primo grado effettuata presso la cancelleria del tribunale, secondo quanto narrato a pag. 7 del ricorso. La Corte territoriale aveva l’obbligo di rilevare l’inammissibilita’ del gravame ex artt. 325 e 326 c.p.c. prescindendo dalle eccezioni sollevate dalle parti sul punto, restando cosi’ irrilevante la legittimazione della parte eccipiente a partecipare a quel giudizio. Vale infatti ricordare che l’inammissibilita’ dell’impugnazione derivante dall’inosservanza dei termini all’uopo stabiliti a pena di decadenza e’ correlata alla tutela d’interessi di carattere generale e, come tale, e’ insanabile, oltre che rilevabile d’ufficio.(SU 6983/05) e che la questione sulla tempestivita’ del gravame, per il suo carattere pregiudiziale, in quanto attinente all’esistenza di un presupposto processuale dell’azione, deve essere risolta dal giudice d’appello indipendentemente dall’eccezione della controparte (Cass. 883/86; 115/91). Dal rigetto della preliminare censura di cui al punto d) discende l’assorbimento delle altre censure di cui al primo motivo di ricorso, nonche’ del secondo motivo, che attiene alla omessa pronuncia sui danni arrecati all’istante. Anch’essa non poteva essere oggetto di decisione, stante l’inammissibilita’ dell’impugnazione.

Il terzo motivo attiene a violazione dell’art. 91 c.p.c. che sarebbe stata perpetrata dalla sentenza d’appello, nella parte in cui ha condannato l’appellante alla refusione delle spese di lite. La censura e’ inammissibile perche’, come ha rilevato la relazione depositata ex art. 380 bis c.p.c. il quesito di diritto deve essere formulato, ai sensi dell’art. 366 bis c.p.c., in termini tali da costituire una sintesi logico-giuridica della questione, cosi’ da consentire al giudice di legittimita’ di enunciare una “regula iuris” suscettibile di ricevere applicazione anche in casi ulteriori rispetto a quello deciso dalla sentenza impugnata. Ne consegue che e’ inammissibile il motivo di ricorso sorretto da quesito la cui formulazione, ponendosi in violazione di quanto prescritto dal citato art. 366 bis c.p.c., si risolve sostanzialmente in una omessa proposizione del quesito medesimo, per la sua inidoneita’ a chiarire l’errore di diritto imputato alla sentenza impugnata in riferimento alla concreta fattispecie (SU 26020/08). La formulazione inusitata del ricorso fraziona invece il quesito in cinque affermazioni, relative anche a erronea motivazione, che si risolvono nella richiesta di una diversa liquidazione di competenze (punto b), onorari (punto c) e spese (punto d), che non e’ compito del giudice di legittimita’ effettuare, potendosi chiedere alla Suprema Corte soltanto di stabilire se vi e’ stata violazione di legge, previa puntuale indicazione, anche ai fini dell’autosufficienza del ricorso, degli elementi rilevanti a tal fine. Nel caso di specie pero’ nel corpo del motivo parte ricorrente affida la deduzione (punto a) circa l’erronea individuazione dello scaglione di riferimento per la liquidazione delle varie voci alla erroneita’ delle quantificazioni “rilevabile dall’allegato prospetto di notula”. Dimentica pero’ che il ricorrente che deduce l’omessa o insufficiente motivazione della sentenza impugnata per l’asserita mancata valutazione di atti processuali o documentali ha l’onere di indicare – mediante l’integrale trascrizione di detti atti nel ricorso – la risultanza che egli asserisce essere decisiva e non valutata o insufficientemente considerata, atteso che, per il principio di autosufficienza del ricorso per Cassazione, il controllo deve essere consentito alla Corte sulla base delle sole deduzioni contenute nell’atto, senza necessita’ di indagini integrative (Cass. 11886/06;

8960/06; 7610/06).

Discende da quanto esposto il rigetto del ricorso e la condanna alla refusione delle spese di lite, liquidate in dispositivo.

P.Q.M.

LA CORTE Rigetta la censura sub D del primo motivo; dichiara assorbite le rimanenti censure dello stesso nonche’ il secondo motivo di ricorso.

Dichiara inammissibile il terzo.

Condanna parte ricorrente alla refusione alla controparte costituita delle spese di lite liquidate in Euro 1.000,00 per onorari, 200,00 per esborsi, oltre accessori di legge.

Cosi’ deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile, il 12 novembre 2009.

Depositato in Cancelleria il 22 febbraio 2010

 

 

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