Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4144 del 21/02/2018


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 4144 Anno 2018
Presidente: FRASCA RAFFAELE
Relatore: DELL’UTRI MARCO

ORDINANZA
sul ricorso 16783-2017 proposto da:
PERRONE TRANQUILLINO LEONELLO, elettivamente
domiciliato in ROMA, C.S0 DTFALIA 102, presso lo studio
dell’avvocato GIOVANNI PASQUALE MOSCA, rappresentato e
difeso dall’avvocato GIULIO TARSITANO:

– ricorrente contro
FRANCESCO PERRONE SRL, in persona dell’_1.1j., elettivamente
domiciliata in ROMA, VIA DEGLI SCIPIONI 268/A, presso lo
studio dell’avvocato GIUSEPPE LEPORACE, che la rappresenta e
difende unitamente agli avvocati ATTILIO SANTIAGO,
MICHELANGELO SIRENA;

– controricorrente nonchè contro

Data pubblicazione: 21/02/2018

TERRONE FRANCESCO;
– intimato avverso la sentenza n. 487/2017 della CORTE D’APPELLO di
CATANZ_ARO, emessa il 14/03/2017;

partecipata del 13/12/2017 dal Consigliere Dott. MARCO

DELL’ UTRI.

Ric. 2017 n. 16783 sez. M3 – ud. 13-12-2017
-2-

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

rilevato che, con sentenza resa in data 17/03/2017, la Corte

d’appello di Catanzaro ha confermato la decisione con la quale il
giudice di primo grado, in accoglimento della domanda proposta dalla
Francesco Perrone s.r.I., ha dichiarato l’inefficacia, ai sensi dell’art.
2901 c.c., dell’atto con il quale Francesco Perrone ha ceduto a

40% della partecipazione nella società Francesco Perrone s.r.I.;
che, a sostegno della decisione assunta, la corte territoriale, preso
atto del credito della Francesco Perrone s.r.l. nei confronti di
Francesco Perrone per il pagamento di somme a titolo di risarcimento
danni, ha rilevato la sussistenza dell’interesse della società attrice ad
agire in sede revocatoria, pur essendo pendente l’opposizione di terzo
avanzata da Tranquillino Lionello Perrone avverso l’azione esecutiva
che la ridetta società Francesco Perrone s.r.l. aveva intrapreso, a
tutela del proprio credito, con il pignoramento dell’usufrutto della
quota oggetto dell’odierna lite;
che, sulla base di tale premessa, la corte d’appello ha quindi
confermato il riconoscimento di tutti i presupposti per l’accoglimento
dell’azione revocatoria proposta dalla società originaria attrice;
che, avverso la sentenza d’appello, Tranquillino Leonello Perrone
propone ricorso per cassazione sulla base di quattro motivi
d’impugnazione;
che la Francesco Perrone s.r.l. resiste con controricorso;
che Francesco Perrone non ha svolto difese in questa sede;
che, a seguito della fissazione della camera di consiglio, sulla
proposta di definizione del relatore emessa ai sensi dell’art. 380-bis il
ricorrente ha presentato memoria;
considerato che, con il primo motivo, il ricorrente censura la

sentenza impugnata per violazione degli artt. 295 e 112 c.p.c. (in
relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c.), per avere la corte territoriale
erroneamente omesso di esprimere alcuna valutazione circa la
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Tranquillino Leonello Perrone l’usufrutto relativo alla quota pari al

mancata sospensione del processo ex art. 295 c.p.c., tenuto conto
della pendenza dell’opposizione di terzo proposta da Tranquillino
Leonello Perrone avverso l’azione esecutiva mediante la quale la
Francesco Perrone s.r.l. ha pignorato l’usufrutto la cui cessione, da
parte di Francesco Perrone, è stata impugnata con l’odierna azione

riconoscimento della sostanziale inutilità dell’azione revocatoria
proposta per il caso di rigetto della ridetta opposizione di terzo;
che, con il secondo motivo, il ricorrente censura la sentenza
impugnata per violazione degli artt. 100 c.p.c. e 2943 c.c. (in
relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c.), per avere la corte territoriale
erroneamente riconosciuto la sussistenza dell’interesse della società
attrice ad agire in sede revocatoria, tenuto conto del relativo
carattere inattuale e ipotetico in ragione dell’avvenuto
condizionamento, degli effetti dell’eventuale accoglimento dell’odierna
azione revocatoria, all’esito del giudizio di opposizione proposto da
Tranquillino Leonello Perrone;
che entrambi i motivi – congiuntamente esaminabili in ragione
dell’intima connessione delle questioni dedotte – sono
manifestamente infondati;
che, al riguardo, osserva il Collegio come la corte territoriale
abbia correttamente sottolineato l’impossibilità di ravvisare alcun
rapporto di pregiudizialità, rilevante ai sensi dell’art. 295 c.p.c., tra
l’odierna azione revocatoria e l’opposizione proposta in sede esecutiva
da Tranquillino Leonello Perrone, attesa la circoscritta rilevanza di tale
ultimo giudizio all’ambito dell’opponibilità, nei confronti di Tranquillino
Leonello Perrone, del pignoramento eseguito dalla società creditrice;
che, in ogni caso, varrà considerare come, una volta rilevata la
pendenza del preteso giudizio pregiudicante tra il solo Tranquillino
Leonello Perrone e la Francesco Perrone s.r.I., il difetto della

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revocatoria della medesima società, con il conseguente mancato

coincidenza soggettiva tra le due cause vale a escludere l’operatività
dell’art. 295 c.p.c. (cfr. Cass., Sez. 3, n. 13514 del 2007);
che, sotto altro profilo, converrà sottolineare come del tutto
correttamente il giudice a quo ha evidenziato come la (eventuale)
interferenza tra le diverse iniziative giudiziarie dedotte non valga a

creditrice a coltivare l’odierna azione pauliana (né a pregiudicare
l’utilità concreta del relativo accoglimento), trattandosi, con riguardo
a tale azione, di un rimedio posto a tutela della conservazione della
garanzia patrimoniale del debitore, di per sé idonea ad assicurare con
immediatezza un’utilità tangibile ed effettiva alle ragioni della società
creditrice, e come tale suscettibile di riverberare i propri effetti
positivi sul giudizio di opposizione di terzo proposto da Tranquillino
Leonello Perrone;
che, conseguentemente, deve ritenersi che il giudice a quo si sia
correttamente allineato al consolidato insegnamento della
giurisprudenza di questa Corte, ai sensi del quale l’interesse ad agire,
in termini generali, costituendo una condizione per far valere il diritto
sotteso mediante l’azione, si identifica nell’esigenza di ottenere un
risultato utile giuridicamente apprezzabile e non conseguibile senza
l’intervento del giudice (cfr. Sez. U, Sentenza n. 565 del 10/08/2000,
Rv. 539397 – 01 e successive conformi);
che, con il terzo motivo, il ricorrente censura la sentenza
impugnata per violazione dell’art. 2943 c.c. (in relazione all’art. 360
n. 3 c.p.c.), per avere la corte territoriale omesso di rilevare che la
società creditrice avrebbe agito in sede revocatoria al solo scopo di
impedire la scadenza del termine di prescrizione dell’azione, senza
tener conto della sufficienza, ai fini dell’interruzione del termine di
prescrizione, della mera consegna dell’atto giudiziario per la
notificazione, senza alcuna necessità di coltivare il giudizio
conseguente;
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incidere sull’attualità e la concretezza dell’interesse della società

che il motivo è inammissibile;
che, infatti, la doglianza in esame non vale a individuare alcuno
specifico vizio proprio della decisione impugnata, essendo limitata a
censurare inammissibilmente il mancato rilievo, da parte del giudice a
quo, di un preteso errore (di diritto) sui motivi dell’azione proposta

in alcun conseguente errore rilevabile della decisione impugnata,
dovendo escludersi alcun rilievo, sul piano processuale, dei motivi
interni dell’azione, che non si traducano in specifiche condizioni o
istanze formalmente avanzate dalla parte;
che, con il quarto motivo, il ricorrente censura la sentenza
impugnata per violazione degli artt. 2901 e 2697 c.c., nonché dell’art.
115 c.p.c. (in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c.), per avere la corte
territoriale erroneamente affermato la sussistenza dei presupposti per
l’accoglimento dell’azione revocatoria, trascurando di considerare la
natura personale e familiare dell’atto con il quale Francesco Perrone
ha ceduto a Tranquillino Leonello Perrone l’usufrutto oggetto di
impugnazione, nonché l’insussistenza di alcuna ragione di frode nei
confronti della società creditrice, tenuto conto delle diverse finalità
dichiaratamente poste a fondamento della ridetta cessione
dell’usufrutto, sostanzialmente legate alla gestione interna delle
dinamiche societarie;
che il motivo è manifestamente infondato in forza delle
argomentazioni che seguono, in nessun modo superate dalle
considerazioni avanzate con la memoria successivamente depositata
dal ricorrente;
che, al riguardo, del tutto correttamente la corte territoriale ha
evidenziato la fondatezza delle argomentazioni poste dal primo
giudice a fondamento dell’azione revocatoria, attribuendo un decisivo
rilievo al solo accertamento della sussistenza del credito della società
attrice, del carattere obiettivamente pregiudizievole (per le ragioni
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dalla società creditrice, senza che ciò sia valso a tradursi (in ipotesi)

della stessa) dell’atto dispositivo impugnato, e della scientia damni
dei disponenti, e sottolineando la sostanziale inconferenza, ai fini
dell’accoglimento dell’azione revocatoria, delle restanti
argomentazioni illustrate dall’odierno ricorrente in ordine agli
eventuali e ulteriori scopi concreti perseguiti dai disponenti;

principio in forza del quale, ai fini dell’azione revocatoria, rileva
unicamente che l’atto di disposizione del debitore abbia determinato
una maggiore difficoltà o incertezza nell’esazione coattiva del credito
della controparte (come nella specie accertato, unitamente alla
scientia damni dei disponenti), là dove la prova dell’eventuale
insussistenza dell’eventus damni (nella specie mai fornita) incombe a
carico della parte che la invochi (cfr. Sez. 2, Sentenza n. 1902 del
03/02/2015, Rv. 634175 – 01);
che, sulla base delle argomentazioni sin qui indicate, rilevata la
manifesta infondatezza delle ragioni d’impugnazione proposte dal
ricorrente, dev’essere pronunciato il rigetto del ricorso, cui segue la
condanna del ricorrente al rimborso, in favore della società
controricorrente, delle spese del presente giudizio di legittimità,
secondo la liquidazione di cui dispositivo, oltre al pagamento del
doppio contributo ai sensi dell’art. 13 comma 1-quater del d.P.R. n.
115 del 2002;

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al rimborso, in favore
della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, liquidate
in complessivi euro 6.000,00, oltre alle spese forfettarie nella misura
del 15%, agli esborsi liquidati in euro 200,00, e agli accessori come
per legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1-quater del d.P.R. n. 115 del 2002,
dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte
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che, sul punto, la corte territoriale si è correttamente attenuta al

del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato
pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dell’art. 1-bis, dello stesso
articolo 13.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sesta Sezione

Presidente

Frasca

Civile — 3, il 13 dicembre 2017.

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