Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4144 del 18/02/2020

Cassazione civile sez. VI, 18/02/2020, (ud. 20/11/2019, dep. 18/02/2020), n.4144

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Presidente –

Dott. MARULLI Marco – Consigliere –

Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere –

Dott. CAIAZZO Rosario – Consigliere –

Dott. PAZZI Alberto – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 34437-2018 proposto da:

J.K., elettivamente domiciliato in MILANO, VIA SAN

SENATORE 6/A, presso lo studio dell’avvocato MARIO FORTUNATO, che lo

rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO (OMISSIS), in persona del Ministro pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e

difende ope legis;

– resistente –

contro

PREFETTURA DELLA PROVINCIA DI MILANO;

– intimata –

avverso l’ordinanza N. R.G. 46678/2018 del GIUDICE DI PACE di MILANO,

depositata il 17/09/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 20/11/2019 dal Consigliere Relatore Dott. PAZZI

ALBERTO.

Fatto

RILEVATO

che:

1. il Giudice di Pace di Milano, con ordinanza del 17 settembre 2018, rigettava il ricorso presentato da J.K. avverso il provvedimento di espulsione emesso nei suoi confronti dal Prefetto della Provincia dopo aver constatato che l’autorità amministrativa aveva correttamente proceduto a emettere l’atto impugnato, dato che il cittadino straniero non aveva presentato la dichiarazione di presenza nel termine di otto giorni dal suo ingresso nel territorio nazionale, illustrando compiutamente gli elementi di fatto e di diritto che avevano condotto alla sua emissione;

2. per la cassazione di tale ordinanza ha proposto ricorso prospettando quattro motivi di doglianza;

il Ministero dell’Interno si è costituito al di fuori dei termini di cui all’art. 370 c.p.c. soltanto al fine dell’eventuale partecipazione all’udienza di discussione della causa.

Diritto

CONSIDERATO

che:

3.1 il primo motivo di ricorso, sotto la rubrica “nullità dell’ordinanza per aver il giudice di pace omesso un fatto storico decisivo per il giudizio, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, perchè il giudice di prime cure ha completamente tralasciato il fatto che il ricorrente non ha osservato l’obbligo previsto dalla L. n. 68 del 2007, art. 1, comma 2, per un motivo di forza maggiore, lo stesso ha fatto ingresso in Italia ed è stato arrestato, pertanto, si è trovato con un “legittimo impedimento” nel presentare tale dichiarazione, come disposto dalla L. n. 68 del 2007, art. 1, comma 3″, denuncia la mancata valutazione, ad opera del Giudice di pace, dell’impossibilità da parte del ricorrente di ottemperare all’obbligo di legge in questione in ragione dello stato di detenzione a cui era stato sottoposto il giorno successivo al suo ingresso in Italia;

3.2 il motivo è inammissibile;

il profilo di doglianza, introdotto ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), si limita a individuare il fatto storico che il Tribunale avrebbe omesso di esaminare, ma non indica il dato, testuale o extratestuale, da cui esso risultava esistente nonchè il come e il quando tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti (Cass., Sez. U., 8053/2014);

il motivo, così formulato, risulta perciò inammissibile per difetto di autosufficienza, non soddisfacendo l’obbligo previsto dall’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, di indicare specificamente gli atti processuali e i documenti su cui lo stesso è fondato;

4.1 il secondo mezzo, sotto la rubrica “nullità dell’ordinanza per violazione e falsa applicazione (ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5) del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 13, comma 7, del diritto di difesa garantito dall’art. 24 Cost., nonchè per violazione del principio di uguaglianza sancito dall’art. 3 Cost. nullità del decreto di espulsione per mancata traduzione in lingua Serba, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in relazione al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 13, comma 7, circostanza omessa dal giudice di pace”, lamenta la mancata traduzione nella lingua madre del cittadino serbo del provvedimento di espulsione emesso, in quanto una simile omissione avrebbe pregiudicato il diritto di difesa del destinatario dell’atto;

4.2 il quarto motivo di ricorso ripropone in termini identici la medesima doglianza;

4.3 i motivi sono inammissibili;

il ricorrente assume che il decreto di espulsione non era stato tradotto in una lingua a lui conosciuta, in violazione del disposto del TUI, art. 13, comma 7;

l’ordinanza impugnata non fa però il minimo cenno a una simile questione, che dalla lettura della decisione non risulta fosse stata posta dal ricorrente;

nè dalla narrativa del ricorso per cassazione, come pure dallo svolgimento dei motivi, risulta che il destinatario del provvedimento di espulsione, nel corso del giudizio di impugnazione, avesse allegato che l’atto non era stato tradotto in una lingua da lui conosciuta;

sicchè trova applicazione il principio secondo cui, qualora con il ricorso per cassazione siano prospettate questioni comportanti accertamenti in fatto di cui non vi sia cenno nella decisione impugnata, è onere della parte ricorrente, al fine di evitarne una statuizione di inammissibilità per novità della censura, non solo allegare l’avvenuta loro deduzione innanzi al giudice di merito, ma anche, in ossequio al principio di autosufficienza del ricorso stesso, indicare in quale specifico atto del giudizio precedente lo abbia fatto, onde dar modo alla Suprema Corte di controllare ex acti.r la veridicità di tale asserzione prima di esaminare il merito della suddetta questione (Cass. 6089/2018, Cass. 23675/2013);

ciò in quanto i motivi del ricorso per cassazione devono investire, a pena d’inammissibilità, questioni che siano già comprese nel tema del decidere del giudizio di impugnazione, non essendo prospettabili per la prima volta in sede di legittimità questioni nuove o nuovi temi di contestazione non trattati nella fase del merito nè rilevabili d’ufficio (Cass. 1474/2007, Cass. 1377/2003);

5.1 il terzo motivo di ricorso, sotto la rubrica “sulla violazione o falsa applicazione (ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3) dei principi costituzionali di parità di trattamento di fronte alla legge e di diritto di difesa inviolabile per acclarata sproporzione fra i fatti contestati al ricorrente e la motivazione addotta dal Prefetto e addotta dal giudice di Pace in relazione ai carichi pendenti del ricorrente, nonchè in violazione della L. n. 68 del 2007, art. 1, e della L. n. 241 del 1990, art. 3”, assume che il Giudice di Pace, al pari del Prefetto, avrebbe considerato quali precedenti penali quelli che alla data di emissione del provvedimento impugnato erano solo ipotesi di indagine, al fine di sopperire alla lacunosa istruttoria circa la data di ingresso e togliere pregnanza tanto al possesso di un regolare permesso di soggiorno tedesco, quanto all’impossibilità di presentare la dichiarazione di presenza sul territorio italiano nei termini di legge;

5.2 il motivo è inammissibile sotto tutti i profili dedotti;

la critica investe innanzitutto profili (quali la valorizzazione di precedenti penali o il misconoscimento di un permesso di soggiorno tedesco) che esulano completamente dal contenuto del provvedimento impugnato, il quale si è limitato soltanto a constatare il ricorrere dei presupposti previsti dal T.U.I., art. 13, comma 2, lett. b), perchè venisse disposta l’espulsione;

la censura risulta così inammissibile, essendo priva di specifica attinenza al decisum della sentenza impugnata e risultando quindi assimilabile alla mancata enunciazione dei motivi richiesti dall’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 4) (Cass. 20910/2017);

rispetto all’impossibilità di presentazione della dichiarazione di presenza sul territorio è sufficiente fare rinvio a quanto sopra già illustrato in merito alla novità della questione, che non risulta essere stata sottoposta al Giudice di pace;

infine, quanto all’accertamento della data di ingresso in Italia e alla relativa istruttoria, occorre rilevare che una simile doglianza risulta inammissibile per mancanza di decisività, essendo funzionale a una contestazione circa il completo decorso del termine fissato per la presentazione della dichiarazione di presenza che non risulta essere stata fatta in sede di merito;

6. in forza dei motivi sopra illustrati il ricorso deve essere pertanto dichiarato inammissibile;

la costituzione dell’amministrazione intimata al di fuori dei termini previsti dall’art. 370 c.p.c. e al solo fine dell’eventuale partecipazione all’udienza di discussione, non celebrata, esime il collegio dal provvedere alla regolazione delle spese di lite.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, si dà atto che il processo risulta esente dall’obbligo di versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, il 20 novembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 18 febbraio 2020

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