Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4143 del 16/02/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 16/02/2017, (ud. 30/11/2016, dep.16/02/2017),  n. 4143

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PETITTI Stefano – Presidente –

Dott. MANNA Felice – rel. Consigliere –

Dott. PICARONI Elisa – Consigliere –

Dott. SCALISI Antonino – Consigliere –

Dott. SCARPA Antonio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 24735/2015 proposto da:

L.C.L., M.R., C.G., elettivamente

domiciliati in ROMA, VIA CONTE DI CARMAGNOLA 24, presso lo studio

dell’avvocato GIOVANNA CAFARO, rappresentati e difesi dagli avvocati

CARMINE CAFARO e GIUSEPPE DI NOIA, giusta procura speciale in calce

al ricorso;

– ricorrenti –

contro

MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE;

– intimato –

avverso il decreto n. 469/2015 della CORTE D’APPELLO di CATANZARO,

emesso il 28/01/2015 e depositato il 21/03/2015;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

30/11/2016 dal Consigliere Relatore Dott. FELICE MANNA;

udito l’Avvocato Diego Perucca (delega Avvocati Giuseppe Di Noia e

Carmine Cafaro), per i ricorrenti, che si riporta agli scritti.

Fatto

IN FATTO

Con decreto depositato il 21.3.2015 la Corte d’appello di Catanzaro accogliendo in parte l’opposizione L. n. 89 del 2001, ex art. 5-ter, proposta da M.R., L.L. e C.G., contro il decreto monocratico emesso dalla stessa Corte, liquidava in favore di ciascuno dei predetti l’importo di Euro 1.933,33, a titolo di equa riparazione per la durata irragionevole di un processo che i ricorrenti avevano instaurato innanzi al TAR Basilicata il 7.10.2000 e che era stato definito il 6.6.2013. Per quanto ancora rileva in questa sede di legittimità, la Corte distrettuale, quantificato il periodo di durata eccedente il limite di ragionevolezza in nove anni e otto mesi, e tenuto conto (1) del fatto che il giudizio presupposto si era chiuso con il rigetto della domanda dei ricorrenti, (2) della modesta rilevanza di tale giudizio e (3) del fatto che l’indennizzo non potesse mai superare il valore della causa, liquida l’importo anzi detto in ragione di un moltiplicatore annuo di Euro 200,00.

Per la cassazione di tale Decreto M.R., L.L. e C.G. propongono ricorso, affidato a tre motivi.

Il Ministero dell’Economia e delle Finanze non ha svolto attività difensiva.

Il Collegio ha disposto che la motivazione della sentenza sia redatta in forma semplificata.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. – Il primo motivo denuncia la violazione o falsa applicazione della L. n. 89 del 2001, art. 2-bis, commi 1, 2 e 3, per aver la Corte territoriale derogato in peius i limiti di liquidazione dell’indennizzo previsti tra un minimo di 500 ed un massimo di 1.500 Euro, senza considerare, tra l’altro, le condizioni personali delle parti, in base dell’art. 2-bis, comma 2, lett. d) Legge cit..

2. – Il secondo motivo espone la violazione o falsa applicazione degli artt. 112 e 115, per l’omessa motivazione o l’omesso riferimento al valore della causa presupposta, in realtà non accertato in alcun modo dalla Corte territoriale.

3. – Il terzo mezzo deduce, in subordine, la violazione dell’art. 112 c.p.c., per ultrapetizione, avendo la Corte d’appello applicato un criterio di liquidazione annua diverso ed inferiore rispetto a quello presupposto nel decreto monocratico opposto (Euro 500), non impugnato dal Ministero.

4. – Il primo motivo è fondato.

In tema di equa riparazione per violazione del diritto alla ragionevole durata del processo, la Corte E.D.U. (le cui pronunce costituiscono un fondamentale punto di riferimento per il giudice nazionale nell’interpretazione delle disposizioni della C.E.D.U.) in numerosi giudizi di lunga durata davanti alle giurisdizioni amministrative, nei quali gli interessati non risultavano aver sollecitato la trattazione o la definizione del processo mostrando di avervi scarso interesse, ha liquidato un indennizzo forfetario per l’intera durata del giudizio che, suddiviso per il numero di anni, ha oscillato, di regola, tra gli importi di Euro 350 e quello di Euro 550 per anno; il giudice nazionale deve, quindi, liquidare l’importo complessivo dell’indennizzo alla luce di tali orientamenti della Corte di Strasburgo, dettati in casi analoghi, con la conseguenza che in relazione ad un giudizio in materia pensionistica dinanzi alla Corte dei Conti, definito in primo grado con sentenza di rigetto dopo circa ventiquattro anni, non deve scendersi al di sotto della soglia complessiva di 12.000 Euro (v. Cass. n. 14974/12).

La Corte di merito, nella specie, non si è attenuta a tale principio, oltrepassando con la liquidazione effettuata l’anzidetta soglia minima di indennizzo annuo.

5. – L’accoglimento del suddetto motivo determina l’assorbimento delle restanti censure.

6. – Il decreto impugnato va dunque cassato con rinvio, anche per le spese di cassazione, ad altra sezione della Corte d’appello di Catanzaro, che nel decidere il merito si atterrà al ricordato principio di diritto.

PQM

La Corte accoglie il primo motivo, assorbiti gli altri, e cassa il decreto impugnato con rinvio, anche per le spese di cassazione, ad altra sezione della Corte d’appello di Catanzaro.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Sesta Civile – 2, della Corte Suprema di Cassazione, il 30 novembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 16 febbraio 2017

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