Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4142 del 17/02/2021

Cassazione civile sez. trib., 17/02/2021, (ud. 05/11/2020, dep. 17/02/2021), n.4142

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CHINDEMI Domenico – Presidente –

Dott. STALLA Giacomo Maria – rel. Consigliere –

Dott. PAOLITTO Liberato – Consigliere –

Dott. LO SARDO Giuseppe – Consigliere –

Dott. DELL’ORFANO Antonella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 1040-2014 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

TELECOM ITALIA SPA, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA FEDERICO

CONFALONIERI 5, presso lo studio dell’avvocato COGLITORE EMANUELE,

che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato BRUZZONE

MARIAGRAZIA;

– controricorrente –

avverso la decisione n. 2069/2012 della COMM. TRIBUTARIA CENTRALE di

TORINO, depositata il 16/11/2012;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

05/11/2020 dal Consigliere Dott. STALLA GIACOMO MARIA.

 

Fatto

RILEVATO

Che:

p. 1. L’agenzia delle entrate propone un motivo di ricorso per la cassazione della sentenza n. 2069 del 16.11.2012, con la quale la commissione tributaria centrale – sez. di Torino, a conferma delle precedenti decisioni (commissione tributaria di primo grado in data 10.12.85, e di secondo grado in data 24.1.’91), ha ritenuto illegittimo il silenzio-rifiuto da essa opposto sull’istanza 27.10.1984 con la quale STET spa (poi incorporata in Telecom spa) aveva chiesto il rimborso dell’importo da essa versato il 3 settembre 1984 a seguito di avviso di liquidazione, notificatole il 4 luglio 1984, dell’imposta complementare di registro (1 %) su delibera dell’assemblea degli azionisti portante emissione di un prestito obbligazionario pari a 300 miliardi di lire.

La commissione tributaria centrale, in particolare, ha ritenuto che nella specie non sussistessero le condizioni ostative, D.P.R. n. 131 del 1986, ex art. 79, alla fruizione, da parte della società contribuente, del trattamento fiscale più favorevole dedotto in rimborso, e nella specie rinveniente dall’accertato contrasto della norma impositiva interna (D.P.R. n. 634 del 1972, art. 4 lett. e), Tariffa, allegato a) con il diritto comunitario concernente la tassazione indiretta sui prestiti obbligazionari e la raccolta dei capitali (Dir. 335/69/CEE).

Resiste con controricorso e memoria Telecom spa.

p. 2.1 Con l’unico motivo di ricorso l’agenzia delle entrate lamenta – ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3) – violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 131 del 1986, artt. 76 e 79, nonchè D.P.R. n. 636 del 1972, art. 16 (applicabile ratione temporis). Per avere la commissione tributaria centrale ammesso la società al rimborso ex art. 79 cit., nonostante che questa disposizione consentisse il rimborso rinveniente dal trattamento fiscale più favorevole solo nell’ipotesi in cui, alla data del 1 luglio ‘86, sussistessero i requisiti costituiti sia dalla pendenza di una controversia sull’atto impositivo emanato, sia dall’avvenuta presentazione dell’istanza di rimborso.

Nel caso in esame, invece, alla data indicata non sussisteva alcuna controversia sull’atto impositivo, dal momento che la società contribuente non aveva impugnato l’avviso di liquidazione dell’imposta complementare di registro, e che l’istanza di rimborso era stata proposta successivamente alla scadenza del termine per ricorrere contro tane avviso.

p. 2.2 Contrariamente a quanto eccepito in controricorso, non può dirsi che si sia nella specie concretato un giudicato interno (con conseguente inammissibilità del ricorso) per mancata censura, da parte dell’amministrazione finanziaria, dell’affermazione (qualificata secondaria dalla stessa commissione centrale, a fronte del carattere ‘fondamentalè invece da essa espressamente attribuito al prosieguo del ragionamento) contenuta nella sentenza in esame, secondo cui: “E’ certo che l’ufficio, sebbene solo con una memoria depositata per l’odierna udienza, ha rinvenuto e prodotto l’avviso di liquidazione, la cui questione, peraltro, sarebbe inammissibile perchè sostenuta soltanto in secondo grado”.

Si tratta infatti di un’affermazione oscura ed equivoca, come tale non in grado di costituire un’autonoma ragione decisoria capace di logicamente e giuridicamente sorreggere, da sola, la decisione. Essa neppure esplicita il rapporto tra il rinvenimento e la produzione dell’avviso di liquidazione da parte dell’ufficio e la non meglio precisata ‘questionè reputata inammissibile.

Va d’altra parte considerato che essa, se in ipotesi riferita alla deduzione in giudizio della mancanza dei presupposti del rimborso così come stabiliti dal D.P.R. n. 131 del 1986, art. 79, concerne un elemento di natura normativa non costituente un’eccezione in senso proprio, e dunque deducibile dalla amministrazione finanziaria anche in grado di appello. Si tratta ad ogni modo di argomento riformulato (a valere, dunque, anche come censura ed impugnazione di tale affermazione, qualora sussumibile quale vera e propria ratio decidendi in ipotesi riferita al sostrato non strettamente normativo ma fattuale del diritto al rimborso ex art. 79 cit.) anche nel motivo di ricorso per cassazione, sulla base di una circostanza materiale (la mancata impugnazione dell’avviso) dedotta dalla parte ricorrente come del tutto pacifica in giudizio, ed anche espressamente riconosciuta dalla società contribuente (in tal senso è la doglianza esposta a pag. 4 del ricorso per cassazione).

Nessun altro profilo di inammissibilità del ricorso è dato poi riscontrare.

Ciò posto, il motivo in esame è fondato sulla scorta del costante orientamento di legittimità, così come formatosi in fattispecie del tutto analoghe, secondo cui, in tema di imposta di registro, la mancata tempestiva impugnazione dell’avviso di liquidazione (atto autonomamente impugnabile D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636, ex art. 16 – come modificato dal D.P.R. n. 739 del 1981, art. 7, ed ora D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, ex art. 19) lo rende irretrattabile e preclude, da un lato, la possibilità per il contribuente di far valere, attraverso un’istanza di rimborso, il carattere indebito del versamento relativo e, dall’altro, la ricorrenza delle condizioni (pendenza di controversia o avvenuta presentazione di domanda di rimborso alla data dell’1 luglio 1986) per il diritto al rimborso previste dalla norma transitoria di cui al D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, art. 79, comma 1.

Ha in particolare osservato Cass. 4572/16 (con ampi richiami): “questa Corte, invero, ha da tempo affermato che “in tema di imposta di registro, il D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, art. 79, comma 1, seconda proposizione, nella parte in cui prevede (dopo aver disposto l’efficacia retroattiva delle disposizioni più favorevoli ai contribuenti, alla generale condizione che, alla data di entrata in vigore del testo unico, penda la relativa controversia) che “…al rimborso di imposte già pagate si fa luogo soltanto nei casi in cui alla predetta data sia pendente controversia o sia stata presentata domanda di rimborso”, deve essere inteso nel senso che al rimborso della imposta di registro già pagata si fa luogo a condizione che, nel caso in cui il pagamento sia stato preceduto da un provvedimento impositivo ritualmente notificato al contribuente (avviso di accertamento o di liquidazione), sia pendente, alla data del 1 luglio 1986, controversia sul relativo rapporto tributario, e, quindi, il provvedimento stesso sia stato tempestivamente impugnato (D.P.R. n. 636 del 1972, art. 16); nel caso invece, in cui l’imposta sia stata riscossa mediante versamento diretto o sia stata, comunque, pagata in mancanza di provvedimento di imposizione, sia stata tempestivamente presentata, entro il 1 luglio 1986, domanda di restituzione dell’imposta stessa” (Cass. 2733/1998; conf., tra le altre, Cass.; 10419/2011 e Cass. 20392/2004, secondo cui “In tema di imposta di registro, la mancata tempestiva impugnazione dell’avviso di liquidazione (atto autonomamente impugnabile D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636, ex art. 16 – come modificato dal D.P.R. n. 739 del 1981, art. 7 -, applicabile nella fattispecie “ratione temporis”, ed ora D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, ex art. 19) lo rende irretrattabile e preclude, da un lato, la possibilità per il contribuente di far valere, attraverso un’istanza di rimborso, il carattere indebito del versamento relativo, e, dall’altro, la ricorrenza delle condizioni (pendenza di controversia o avvenuta presentazione di domanda di rimborso alla data dell’1 luglio 1986) per il diritto al rimborso previste dalla norma transitoria di cui al D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, art. 79, comma 1″.

Nel caso di specie è pacifico che l’avviso di liquidazione sia stato debitamente notificato alla società e da questa non impugnato.

Rileva del resto, sulla possibilità di immediatamente far valere la contrarietà della pretesa tributaria alla Dir. 335/69/CEE, quanto già più volte osservato da questa corte (Cass.n. 7554/03 con richiami), secondo cui: “la diretta ed immediata applicabilità nell’ordinamento nazionale, in parte ed in toto, delle disposizioni contenute nella direttiva 69/335/CEE, come modificata dalle direttive 73/79/CEE e 85/303/CEE, concernente le imposte indirette sulla raccolta di capitali, è stata quindi espressamente riconosciuta da questa stessa Corte (Cass. 28 maggio 2001, n. 7219; Cass. 26 aprile 2001, n. 6079), onde, come è palese, non si rende necessaria alcuna disposizione nazionale di attuazione della direttiva sopra indicata, stante appunto il carattere puntuale della normativa che, a livello comunitario, stabilisce il richiamato trattamento fiscale”.

Nel caso di specie alla data del 1 luglio 1986 era già stata effettivamente presentata l’istanza di rimborso, ma non era pendente alcuna controversia sull’atto impositivo (id est, sul rapporto tributario) costituito dall’avviso di liquidazione (obbligatoriamente) emesso dall’ufficio del registro in recupero della imposta complementare conseguente all’avveramento della condizione sospensiva del collocamento del deliberato prestito obbligazionario.

Ne segue, in definitiva, l’accoglimento del ricorso, con la decisione nel merito di rigetto del ricorso originario della società contribuente; visto il consolidarsi soltanto in corso di causa del su richiamato indirizzo giurisprudenziale, sussistono i presupposti per la compensazione delle spese di lite dell’intero giudizio.

PQM

La Corte:

– accoglie il ricorso;

– cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso originario della società contribuente;

– compensa le spese dell’intero giudizio.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della quinta sezione civile, il 5 novembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 17 febbraio 2021

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