Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4141 del 16/02/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 16/02/2017, (ud. 30/11/2016, dep.16/02/2017),  n. 4141

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PETITTI Stefano – Presidente –

Dott. MANNA Felice – rel. Consigliere –

Dott. PICARONI Elisa – Consigliere –

Dott. SCALISI Antonino – Consigliere –

Dott. SCARPA Antonino – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 22471/2015 proposto da:

MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE, in persona del Ministro pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e

difende ope legis;

– ricorrente –

contro

C.G., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA LAURA

MANTEGAZZA 24, presso lo studio dell’avvocato MARCO GARDIN,

rappresentato e difeso dagli avvocati PIETRO GAROFALO e SARA BOZZI,

giusta procura in calce al controricorso;

– controricorrenti –

avverso il decreto della CORTE D’APPELLO di LECCE, emesso il

03/03/2015 e depositato i125/03/2015;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

30/11/2016 dal Consigliere Relatore Dott. FELICE MANNA.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Con ricorso del 22.2.2012 C.G. adiva la Corte d’appello di Lecce per ottenere la condanna del Ministero dell’Economia e delle Finanze al pagamento di un equo indennizzo, ai sensi della L. 24 marzo 2001, n. 89, art. 2, per l’eccessiva durata di un procedimento pensionistico svoltosi innanzi alla Corte dei conti dall’11.2.1975 al 25.5.2011.

Resistendo il predetto Ministero, con decreto del 25.3.2015 la Corte d’appello adita, quantificata in circa 36 anni la durata effettiva, stimata in tre quella ragionevole e, quindi, in trentatrè anni quella eccedente il limite di ragionevolezza, liquidava in favore del ricorrente la somma di Euro 32.250,00, in ragione di Euro 750,00 per ciascuno dei primi tre anni di ritardo e di Euro 1.000,00 per ogni anno successivo al terzo.

Per la cassazione di tale decreto ricorre il Ministero dell’Economia e delle Finanze, in base ad un solo motivo.

Resiste con controricorso C.G..

Il Collegio ha disposto che la motivazione della sentenza sia redatta in forma semplificata.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. – Con l’unico motivo di ricorso è dedotta la violazione ed erronea applicazione della L. n. n. 89 del 2001, art. 2, comma 2, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3. A sostegno della censura, l’indebito riconoscimento d’un paterna d’animo, data la prognosi infausta circa l’accoglibilità della domanda (difatti respinta dal giudice contabile), l’inesistenza, pertanto, di un pregiudizio morale indennizzabile e la natura bagatellare del giudizio presupposto.

2. – Il ricorso è infondato.

La giurisprudenza di questa Corte è costante nell’affermare che in caso di violazione del termine di durata ragionevole del processo, il diritto all’equa riparazione di cui alla L. n. 89 del 2001, art. 2, spetta a tutte le parti del processo, indipendentemente dal fatto che esse siano risultate vittoriose o soccombenti, costituendo l’ansia e la sofferenza per l’eccessiva durata i riflessi psicologici del perdurare dell’incertezza in ordine alle posizioni coinvolte nel processo, ad eccezione del caso in cui il soccombente abbia promosso una lite temeraria, o abbia artatamente resistito in giudizio al solo fine di perseguire proprio il perfezionamento della fattispecie di cui al richiamato art. 2 e dunque in difetto di una condizione soggettiva di incertezza. Dell’esistenza di queste situazioni, costituenti abuso del processo, deve dare prova puntuale l’amministrazione, non essendo sufficiente, a tal fine, la deduzione che la domanda della parte sia stata dichiarata manifestamente infondata (v. Cass. n. 9938/10, riferita ad un giudizio presupposto avente ad oggetto la richiesta di riconoscimento di un trattamento pensionistico; conformi, Cass. nn. 21088/05, 25595/08 e 18875/10).

Quanto, poi, al dedotto carattere bagatellare del giudizio presupposto, deve osservarsi, che ciò non trova riscontro nel decreto presupposto; che la materia pensionistica difficilmente lo è di per sè, avendo ad oggetto l’accertamento del diritto ad una prestazione periodica; e che l’esiguità della posta in gioco, ove anche ritenuta, consente ma non per questo impone al giudice dell’equa riparazione di discostarsi dai parametri standard elaborati dalla giurisprudenza CEDU e di contrarre, così, l’ordinaria liquidazione dell’indennizzo.

3. – In conclusione il ricorso va respinto.

4. – Le spese, liquidate come in dispositivo e poste a carico del Ministero ricorrente, vanno distratte in favore dei difensori del controricorrente.

5. – Rilevato che dagli atti il processo risulta esente, non si applica il D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna il Ministero dell’Economia e delle Finanze alle spese, che liquida in Euro 2.000,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese forfettarie ed accessori di legge, da distrarsi in favore dei difensori della parte controricorrente.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Sesta Civile – 2, della Corte Suprema di Cassazione, il 30 novembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 16 febbraio 2017

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