Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4134 del 02/03/2016


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Civile Sent. Sez. 2 Num. 4134 Anno 2016
Presidente: BIANCHINI BRUNO
Relatore: CRISCUOLO MAURO

SENTENZA
sul ricorso 9617-2011 proposto da:
BIANCO

CARMINE

BNCCMN37L27B607R,

PISILLI

NOVELLINA PSLNLL45046B607U, elettivamente domiciliati in
ROMA, P.LE CLODIO 13 ST POLITANO, presso Io studio
dell’avvocato ROSEIAA ZOFREA, rappresentati e difesi
dall’avvocato FABRIZIO EALVO, giusta procura speciale a margine
del ricorso;
– ricorrenti nonché contro
D’ELIA VINCENZA, D’ELIA VITTORIA, D’ELLA MARIA
VINCENZA, D’ELIA RU GGERO, D’ F] A A RUG G ERO, D’ELLA
CARMINE, TARSIA MARIA DOMENICA, D’ELIA GIUSEPPE,

Data pubblicazione: 02/03/2016

D’ELIA ROSAL1A, D’ELIA ROLANDO, D’ELIA GYNGER
SILVIA, D’ELLA ROSANN A, CATAPANO CLELIA;

– intimati avverso la sentenza n. 820/2010 della CORTE D’APPELLO di

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
04/02/2016 dal Consigliere Dott. MAURO CRISCUOLO;
udito l’Avvocato DIMITRI GOGGIAMANI per delega dell’avv.
FABRIZIO FALVO per i ricorrenti;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. UMBERTO DE AUGUSTINIIS che ha concluso per
l’inammissibilità del ricorso.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con atto di citazione ritualmente notificato in data 30/9/1995,
D’Ella Vincenza, D’Elia Vittoria, D’Elia Maria Vincenza, D’Elia
Ruggero (nato nel 1937), D’Ella Carmine, Tarsia Maria Domenica,
D’Elia Ruggero (nato nel 1939) e D’Elia Giuseppe deducevano che in
data 5/3/1995, con atto per notar Madio, D’Ella Vincenza, in proprio
e per delega della sorella Rosalia, D’Elia Ruggero, per delega degli eredi
di D’Elia Romildo (D’Elio. Ruggero, Carmine, Rolando, Gynger Silvia,
Rosanna) e di D’Elia Giuseppe (D’Elia Ruggero, Giuseppe, Maria
Vincenza, Vittoria, Catalano Clelia), e Tarsia Romano Ottavio, per
delega di Tarsia Maria, erede di D’Elia Rornildo, avevano venduto a
Pisilìi Novellina e Bianco Carmine, parte dell’appezzamento di terreno
di loro proprietà sito in Canna (CS) in catasto alla partita 207, foglio
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CATANZARO, depositata il 29/09/2010;

20, particelle nn. 16, 17, 19 e 26, loro pervenuto per successione
ereditaria, in particolare per la quota di un terzo in favore di D’Elia
Vincenza e Rosalia, giusta successione di D’Elia Alfredo e di Catalano

Silvia, Carminc, Rosanna e Tarsia Maria, per successione di D’Elia
Romildo, e per un terzo in favore di D’Elia Ruggero, Giuseppe, Maria
Vincenza, Vittoria e Catapano Clelia, per successione di D’Elia
Giuseppe. Aggiungevano che l’oggetto della compravendita era
costituito soltanto dal terreno sito in località ”Assasso”, confinante a
sud con proprietà Failla Domenico, ad ovest con proprietà Settembrini
Giuseppe e Buongiorno Giorgio, a destra con proprietà di terzi ed a
nord con il torrente Canna, ma che per errore nel rogito erano state
indicate tutte le particelle catastali, e non anche le sole numero ’19 e 26,
ricomprendendo pertanto nella vendita anche la Masseria Orefice che
invece era stata esclusa dalla vendita, in guanto si trovava sull’altro lato
del torrente.
Poiché era risultato vano ogni tentativo di procedere
bonariamente alla correzione dell’errore, convenivano in giudizio Pisilli
Novellina e Bianco Carmine dinanzi al tribunale di Castrovillari per
sentire accertare che con il contratto in oggetto era stata trasferita la
proprietà delle sole particelle numero 26 e 19, con esclusione quindi

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Gioconda, per un terzo in favore di D’Elia Ruggero, Rolando, Gynger

delle particelle numero 16 e 17, ovvero, in via subordinata affinché il
contratto fosse annullato in quanto inficiato da errore essenziale.
Si costituivano i convenuti i quali evidenziavano la necessità di

estrinseci al

contratto,

ed in particolare dal comportamento

complessivo delle parti, sia anteriore che

posteriore alla

sua

conclusione. Inoltre nel rogito l’indicazione di tutte le particelle trovava
riscontro nell’effettiva estensione del terreno acquistato che era stato
oggetto in precedenza di due contratti di compravendita in data
21/9/1992 e 22/8/1993, con i quali era stato trasferito l’intero
appezzamento di terreno, facendosi salva unicamente la necessità di
stipulare un atto idoneo alla trascrizione. Inoltre l’inesatta indicazione
dei confini non poteva inficiare l’effettiva individuazione della volontà
delle parti, occorrendo tener conto del fatto che i convenuti erano da
tempo affittuari di tutto il terreno, e che il loro reale intento era di
divenire acquirenti dell’intero fondo.
Concludevano pertanto per il rigetto della domanda.
Disposta la chiamata in causa di D’Elia Rosalia, Rolando, Gynger
Silvia, Rosanna e Catalano Clelia, i quali si costituivano in giudizio
aderendo alla domanda degli attori, prodotta documentazione, assunte
le prove richieste dalle parti, disposta CTU, il Tribunale con la

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privilegiare la volontà contrattuale desumibile anche da elementi

sentenza n. 360 del 13/5/2003 annullava il contratto del 5/3/1995
compensando tra le parti le spese di lite.
Avverso tale sentenza proponevano appello i compratori

l’erronea interpretazione contrattuale, che aveva indebitamente dato
prevalenza ai confini piuttosto che ai dati catastali, disattendendo
altresì gli ulteriori elementi istruttori che comprovavano come l’intento
effettivo delle parti fosse quello di trasferire la proprietà dell’intero
fondo, e quindi di tutte e quattro le particelle menzionate in contratto.
Si costituivano in giudizio gli appellati i quali spiegavano a loro
volta appello incidentale, chiedendo raccoglimento della domanda
finalizzata ad ottenere l’accertamento che l’oggetto effettivo del
contratto era rappresentato dalle sole particelle 26 e 19.
La Corte di Appello di Catanzaro con la sentenza n. 820 del
29/9/2010 rigettava entrambi gli appelli, dichiarando interamente
compensate le spese del grado di giudizio.
In dettaglio, riteneva che non poteva trovare accoglimento
l’appello incidentale in quanto non era dato rinvenire alcun errore
materiale nella redazione dell’atto, di modo che l’equivocità del bene
compravenduto, avuto riguardo ai dati catastali, l’estensione del terreno
ed i suoi confini, era evidentemente tale da non potersi risolvere in un
semplice errore di scritturazione, e quindi, risolvibile mediante una

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denunziando l’inesistenza dell’errore essenziale e riconoscibile nonché

semplice correzione, occorrendo viceversa accertare se la difformità tra
quanto indicato nell’atto pubblico e l’effettiva volontà dei venditori
integrava gli estremi dell’errore essenziale e riconoscibile.

dell’errore, relativamente al requisito della riconoscibilità, ribadiva che
il giudice di primo grado aveva individuato una serie di elementi che in
maniera inequivoca deponevano per l’esistenza di un errore da parte
dei venditori, quali ad esempio il contrasto tra l’indicazione dei dati
catastali ed i confini del fondo, l’esistenza di una missiva dell’8/2/1995
inoltrata al notaio rogante da D’Elia Ruggero, il preliminare di
compravendita del 21/9/1992 intervenuto tra gli acquirenti e D’Elia
Rosalia, in proprio e quale procuratrice della sorella Vincenza, la
scrittura privata del 22/8/1993, intercorsa tra il Bianco e gli eredi di
D’Elia Francesco. Il Tribunale aveva poi individuato una serie di
elementi equivoci come ad esempio la circostanza che i convenuti
avevano continuato a pagare il canone di affitto ai soli eredi di D’Elia
Romildo e Giuseppe, il contenuto delle procure speciali rilasciate dai
vari coeredi in vista della vendita nonché la difficoltà di individuare un
fabbricato rurale esistente sulle particelle 16 e 17, che in sede di stipula
dell’atto di compravendita era stato escluso dal contratto, non
potendosi con certezza verificare se si trattava in realtà di un rudere
esistente sulla particella n. 8, sicuramente esclusa dal contratto di
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Quanto all’appello principale, una volta ravvisata l’essenzialità

compravendita, i quali però non apparivano in grado di inficiare la
maggiore rilevanza probatoria degli altri elementi.
Ad avviso dei giudici di appello, stante la vetustà del contratto di

successivamente al decesso dell’originario unico proprietario del fondo,
D’Elia Ruggero, il fondo era stato di fatto diviso tra i quattro figli,
sebbene solo tre, precisamente Ruggero, Giuseppe ed Alfredo, ne
risultassero catastalmente intestatari. Inoltre i convenuti non potevano
ignorare quali fossero i confini e soprattutto la circostanza che il
torrente Canna attraversava il fondo così che le particelle 16 e 17 erano
collocate nella parte ovest, venendo comunemente denominate come
località “Orefice”, mentre le particelle 26 e 19 erano poste ad est,
venendo a loro volta denominate come località “Assasso”.
Ad avviso della Corte distrettuale, le critiche sollevate da parte
degli appellanti non apparivano in grado di inficiare la bontà delle
considerazioni sviluppate da parte del giudice di primo grado,
occorrendo pertanto confermare la conclusione secondo cui l’effettivo
oggetto della compravendita non era l’intero fondo, ma solo la parte
posta ad est del torrente Canna, corrispondente per l’appunto alle
particelle numero 26 e 19, così come confermato dal fatto che anche le
scritture preliminari erano intervenute unicamente con gli eredi di
D’Elia Francesco e Alfredo, i quali, in conseguenza della divisione di

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affitto in capo ai convenuti, gli stessi non potevano ignorare che,

fatto del fondo, erano divenuti titolari solo della parte posta ad est del
suddetto torrente.
Per la cassazione di tale pronunzia hanno proposto ricorso

intimati non hanno svolto difese in questo grado di giudizio.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Preliminarmente occorre dare atto della regolarità della notifica del
ricorso effettuata nei confronti degli intimati presso lo studio
dell’avvocato Maurizio Rodinò in Catanzaro alla via Nicola Pizzi n. 1,
dovendo ritenersi superati i dubbi circa la validità della notifica
sollevati nella relazione del relatore di cui all’articolo 380 bis c.p.c.
Infatti nella memoria difensiva presentata dai ricorrenti, risulta
evidenziato, previa allegazione degli atti processuali idonei a
comprovare il loro assunto, che il predetto avvocato Rodinò era stato
indicato dagli appellati come domiciliatario, così che risulta corretta la
notifica del ricorso presso lo studio del medesimo.
Con il primo motivo di ricorso, i ricorrenti lamentano la violazione e
falsa applicazione delle norme di cui agli articoli 1362 e ss. del codice
civile in relazione all’articolo 360 n. 3 c.p.c., evidenziando che la
sentenza impugnata ha interpretato il contratto di compravendita del
5/3/1995 prescindendo dal testo della dichiarazione negoziale,

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Bianco Carmine e Pisilli Novellina sulla base di due motivi, mentre gli

trascurando altresì di considerare il comportamento anteriore e
posteriore delle parti rispetto alla conclusione del contratto stesso.
Nella fattispecie invece, le espressioni utilizzate erano del tutto

secondo cui i venditori avevano inteso alienare tutte e quattro le
particelle di cui vi era menzione in contratto, avendo il giudice di
merito trascurato gli ulteriori elementi utili ai fini dell’interpretazione,
quali le due scritture private che avevano preceduto la stipula della
compravendita nonché le procure a vendere allegate a quest’ultimo,
ignorando altresì che i ricorrenti erano affittuari dell’intero
appezzamento di terreno e che, conseguentemente, il loro intento era
quello di divenire acquirenti dell’intero fondo.
Il motivo è inammissibile in quanto non risulta aver colto la vera ratio
della sentenza impugnata.
Bisogna ricordare che con l’appello incidentale gli attori insistevano per
raccoglimento della domanda proposta in primo grado in via
principale, volta cioè a far accertare che il reale oggetto del contratto
era la vendita solamente di due delle quattro particelle, occorrendo
dare prevalenza ai confini rispetto ai dati catastali.
La Corte di appello ha rigettato tale motivo sostenendo che in realtà
non vi era alcun errore materiale e che la volontà formalmente
manifestata in contratto era quella di trasferire l’intero fondo,

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univoche e conducevano senza dubbio alcuno alla conclusione

comprensivo di tutte e quattro le particelle. In tale prospettiva, è
evidente quindi che il giudice di appello abbia interpretato il contratto
in senso conforme a quello sostanzialmente voluto dai ricorrenti, e che

manifestata era quella volta a trasferire l’intero appezzamento, era poi
possibile procedere all’esame della domanda subordinata di
annullamento del contratto per la sussistenza del vizio del volere
costituito dall’errore essenziale.
In tal senso il motivo formulato non può che essere ritenuto
inammissibile
Con il secondo motivo di ricorso si denuncia la violazione e falsa
applicazione degli articoli 1428, 1429, 1430 e 1421 c.c. in relazione
all’articolo 360 n. 3 c.p.c., nonché l’omessa e insufficiente motivazione
in ordine ad un fatto decisivo, nella parte in cui la sentenza impugnata
ha ritenuto sussistere gli estremi dell’errore essenziale e riconoscibile
idoneo a determinare l’annullamento del contratto.
Assume parte ricorrente che i giudici di appello avrebbero affermato in
maniera del tutto generica, l’irrilevanza del dato letterale nonché di tutti
i comportamenti delle parti antecedenti la stipula del contratto, senza
petulettere di comprendere quale sia stato il ragionamento logicogiuridico che li ha indotti a disattendere:

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proprio partendo dal presupposto che la volontà formalmente

-

il contenuto delle scritture private intercorse prima dell’atto del

il valore probatorio delle procure a vendere allegate all’atto;

la circostanza rappresentata dal fatto che gli acquirenti, prima di
divenire proprietari con il contratto oggetto di causa, erano
affittuari dell’intero appezzamento di terreno, ricomprendente
tutte e quattro le particelle;

il fatto che prima della vendita, i ricorrenti corrispondevano il
canone di affitto a tutti gli credi.

Denunciano altresì la contraddittorietà ovvero l’insufficienza della
motivazione in ordine alla qualificazione come essenziale dell’errore
denunziato dagli attori, attribuendo sostanzialmente rilievo a quello
che in realtà era un errore sulla sola valutazione economica del fondo,
errore tradizionalmente ritenuto inidoneo a giustificare una domanda
di annullamento.
Inoltre la motivazione sarebbe contraddittoria ed insufficiente anche in
ordine alla riconoscibilità dell’errore, avendo omesso di svolgere
qualsivoglia indagine in ordine alla buona fede degli acquirenti,
soprattutto in merito alla concreta possibilità per gli stessi di avvedersi
dell’errore denunziato in citazione.
Il motivo è infondato.

kic, 2011 n. 09617 sez. 52 – ud. 04-02-2016 -11-

5/3/1995;

In primo luogo, ed in risposta alle deduzioni di cui al punto 2.1 del
motivo in esame, deve escludersi che il giudice di merito sia pervenuto
alla dichiarazione di annullamento del contratto sulla base del riscontro

la consolidata opinione giurisprudenziale non assume rilevanza agli
effetti dell’articolo 1429 cc (Cass. 3/9/2013 n. 20148).
In realtà la sentenza impugnata alla pagina 17, nel richiamare la
motivazione del giudice di primo grado, ha fatto riferimento all’entità
del prezzo corrisposto in contratto, evidenziando come fosse inferiore
rispetto al valore di mercato dell’intero fondo, ma esclusivamente al
fine di ricollegare il prezzo concordato con quello indicato nelle
scritture preliminari, dalle quali, secondo il ragionamento prospettato
in motivazione, si evince come il reale intento delle parti fosse quello
di trasferire unicamente la metà della porzione di fondo, e
precisamente quella posta ad est del torrente.
Trattasi quindi di argomento speso unicamente al fine di confermare
l’esistenza di un errore da parte dei venditori, relativo allo stesso
oggetto del contratto, e cioè alla compiuta identificazione del bene
alienato, da intendersi non già come l’intero appezzamento di terreno,
originariamente appartenente al comune dante causa dei venditori, ma
di una sola porzione, e precisamente di quella di fatto attribuita ai soli
discendenti di Alfredo e Francesco D’Elia (circa la possibilità di

Ric. 2011 n. 09617 sez. 52 – ud. 04-02-2016 -12-

di un errore incidente sul valore del bene trasferito, errore che secondo

prendere in considerazione l’errore sul valore della cosa alienata in
quanto ricollegabile ad un errore essenziale ai sensi della previsione di
cui all’articolo 1429 cc, Cass. 2/2/1998 n. 985, che ha ritenuto

conseguenza di un errore su di una qualità essenziale della cosa
medesima).
Pertanto deve escludersi la sussistenza di una violazione di legge ad
opera della decisione oggetto di ricorso, atteso che la stessa è
pervenuta all’annullamento del contratto avendo individuato l’errore
nel quale sono incorsi i venditori, nell’erroneo convincimento di
trasferire solo una parte del terreno, a fronte di un contratto che
viceversa, secondo la stessa interpretazione avallata dalla Corte
distrettuale, si palesava idoneo a trasferire la proprietà dell’intero
fondo.
Posta tale premessa, va altresì evidenziato come il ricorso pecchi della
carenza del requisito dell’autosufficienza in quanto, pur richiamando a
conforto delle proprie deduzioni difensive una serie di documenti che
comproverebbero l’insussistenza dell’errore invalidante, quali le due
scritture private del 21/9/1992 e del 22/8/1993, nonché le procure a
vendere rilasciate per la stipula dell’atto di trasferimento, i ricorrenti
hanno omesso di riprodurne l’integrale contenuto, riportandone solo

Ric. 2011 n, 09617 sez. 52 ud. 04-02-2016 -13-

rilevante l’errore sul valore della cosa alienata allorquando sia

limitati stralci, che non consentono di poterne apprezzare appieno
l’effettiva rilevanza probatoria.
In tal senso, e proprio in relazione al contenuto della scrittura privata

trasparire la volontà dei venditori di trasferire l’intero fondo, dalla
lettura della sentenza impugnata invece emerge che la stessa
manifestava l’intento di D’Elia Rosalia, in proprio e quale procuratrice
della sorella Vincenza, di trasferire la sola porzione posta a destra del
torrente Canna, unitamente a quella di fatto appartenente agli eredi di
D’Elia Francesco.
Analogamente, quanto alla scrittura del 22/8/1993, relativa
all’impegno assunto da parte degli eredi di D’Elia Francesco di vendere
al Bianco, mentre in ricorso si assume che la stessa avrebbe avuto ad
oggetto l’intero fondo, riportandosi la sola parte relativa
all’identificazione catastale, la sentenza impugnata, alle pagine 19 e SS.,
dà atto di un contenuto ben più specifico della stessa, ed in particolare
dell’indicazione di confini che, secondo la ricostruzione della Corte
distrettuale, confermerebbero, con il conforto degli accertamenti
peritali, che l’oggetto del contratto in questione era esclusivamente la
porzione di terreno posta a destra del torrente.
L’omessa ovvero incompleta riproduzione degli atti prodotti nei
precedenti gradi di giudizio, soprattutto laddove, come nella fattispecie,
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del 21/9/1992, che, secondo la prospettazione di ricorrenti, farebbe

il motivo di ricorso invochi la non adeguata valutazione del loro
contenuto, inficia la corretta formulazione del motivo di ricorso che
risulta evidentemente carente del requisito dell’autosufficienza.

Questa Corte ha già avuto modo di precisare ( cfr. Cass. 18 ottobre
1986 n. 6145) che l’indagine sulla sussistenza in concreto di un vizio
del consenso, determinato da errore essenziale, quale causa di
annullamento di un contratto si risolve in un apprezzamento di fatto
riservato al giudice del merito ed insindacabile in sede di legittimità, se
sorretto da adeguata e corretta motivazione ( conf. Cass. n. 2688/82),
così come dal pari incensurabile in sede di legittimità risulta l’indagine
circa il requisito della riconoscibilità dell’errore, sempre che sia
supportata da congrua e corretta motivazione ( Cass. 1 ottobre 1993 n.
9777).
Il motivo di ricorso, così come articolato, si risolve in sostanza in
un’indebita sollecitazione a questa Corte di procedere ad una nuova
rivalutazione dei fatti, e ciò nonostante l’indagine in concreto compiuta
da parte dei giudici di merito risulti avere avuto ad oggetto anche gli
elementi fattuali che i ricorrenti ritengono essere stati omessi, ed
ancorché la sussunzione della vicenda concreta nella norma astratta,
ritenuta applicabile alla fattispecie, sia supportata da un’ampia ed
esaustiva motivazione che logicamente e coerentemente ha esaminato i

Ric. 2011 n. 09617

sez. 52 – ud. 04-02-2016 -15-

In ogni caso il motivo sarebbe anche infondato nel merito.

numerosi elementi probatori acquisiti in corso di causa, offrendone
una lettura coerente e logica.
Ad esempio, proprio in relazione alle due scritture private che hanno

oltre a sottolineare come il loro contenuto deponesse, sulla base delle
espressioni utilizzate, per l’intento dei venditori di alienare unicamente
la parte del fondo collocata ad est del torrente, facendo anche richiamo
all’individuazione dei confini, contenuta specificamente nella scrittura
del 22/8/1993, hanno altresì rimarcato l’ulteriore argomento di
carattere presuntivo a favore della tesi degli attori, costituito dal fatto
che le scritture erano intercorse unicamente con i discendenti delle
stirpi di Francesco ed Alfredo D’Elia, cioè dei figli dell’originario unico
proprietario (Ruggero D’Elia), che di fatto, per effetto di una divisione
non formalizzata, erano nel possesso e godimento della porzione del
fondo posta ad est del torrente, potendosi per converso escludere, in
via di deduzione logica, che la fase delle trattative avesse riguardato
anche la porzione posta ad ovest.
Ancora, per quanto concerne il contenuto delle procure rilasciate da
parte dei comproprietari non direttamente partecipanti all’atto di
compravendita, nonché dei certificati di destinazione urbanistica,
elementi anche questi che a detta dei ricorrenti non sarebbero stati
presi in considerazione da parte della sentenza impugnata, al contrario

Ric. 2011 n. 09617 sez. 52 – ud. 04-02-2016 -16-

preceduto la stipula del contratto di compravendita, i giudici di appello,

quest’ultima ha giustificato la menzione in tali documenti di tutte e
quattro le particelle in ragione del fatto che il fondo, ancorché diviso di
fatto fra le quattro stirpi degli originari discendenti di Ruggero D’Elia,

(anzi soltanto fra le stirpi di Alfredo, Giuseppe e Romildo) nonché
della necessità, in base al dettato dell’articolo 18 della legge n. 47 del
1985 (ancora vigente all’epoca della stipula del contratto) di dover
allegare la certificazione concernente l’intera area interessata.
Del pari immune da qualsivoglia censura ai sensi del n. 5 dell’articolo
360 c.p.c. risulta poi la motivazione per quanto concerne
l’individuazione del requisito della riconoscibilità dell’errore da parte
degli acquirenti, avendo la Corte distrettuale evidenziato la perfetta
conoscenza dello stato dei luoghi da parte di questi ultimi, in ragione
del pluriennale rapporto di affittanza, che permetteva loro di
immediatamente percepire come il richiamo al torrente quale confine
del bene acquistato, non consentiva di ritenere che l’oggetto del
contratto fosse l’intero fondo.
Il ricorso deve pertanto essere rigettato.
Nulla per le spese, atteso il mancato svolgimento di attività difensiva
da parte degli intimati.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Ric. 2011 n. 09617 sez. 52- ud. 04-02-2016 -17-

risultava formalmente ancora in comunione tra tutti i cointestatari

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della 2^ Sezione
raie) 2016

Civile, il 4 f

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