Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4131 del 21/02/2018


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 4131 Anno 2018
Presidente: FRASCA RAFFAELE
Relatore: POSITANO GABRIELE

ORDINANZA
sul ricorso 19393-2016 proposto da:
BRUSCA FRANCESCA, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA
TORINO 7, presso lo studio dell’avvocato LAURA BARBERIO,
rappresentata e difesa dall’avvocato FILIPPO ALOSI;

– ricorrente contro
COMPAGNIA DI ASSICURAZIONE .ALLIANZ SPA,
PROFETTO GERLANDA;

intimati

avverso la sentenza n. 698/2015 della CORTE D’APPELLO di
PALERMO, depositata il 16/07/2015;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non
partecipata dell’ 08/06/2017 dal Consigliere Dott. GABRIELE
POSITANO.

L

Data pubblicazione: 21/02/2018

Rilevato che
con ricorso ai sensi dell’articolo 3 della legge n. 102 del 2006 del 22 maggio 2009
Francesca Brusca conveniva in giudizio Gerlanda Profetto e la compagnia di
assicurazione Allianz S.p.A. davanti al Tribunale di Palermo, Sezione Distaccata di
Bagherìa, esponendo che il giorno 7 dicembre 2007 era stata investita dall’autovettura
condotta dalla convenuta, che effettuava una manovra di retromarcia per immettersi
in un parcheggio, aggiungendo di avere richiesto il risarcimento dei danni e di avere

differenza per un danno quantificato in euro 24.699. Si costituiva la compagnia di
assicurazioni contestando le domande e spiegando domanda riconvenzionale per la
restituzione delle somme corrisposte spontaneamente;
con decisione del 31 ottobre 2012, resa ai sensi dell’articolo 281 sexies c.p.c. il
Tribunale rigettava le domande della ricorrente e la domanda riconvenzionale spiegata
dalla compagnia di assicurazione, compensando le spese di lite, ritenendo la domanda
attorea sfornita di idonea dimostrazione e che, comunque, il danno accertato era
superiore all’importo corrisposto dalla compagnia;
avverso tale decisione proponevano appello principale l’attrice e appello
incidentale la compagnia di assicurazione e la Corte d’Appello di Palermo, con
sentenza del 16 luglio 2015, rigettava l’appello principale perché infondato e, in
parziale riforma della sentenza, condannava la Brusca a restituire alla compagnia
Allianz S.p.A. l’importo precedentemente corrisposto;
avverso tale sentenza propone ricorso per cassazione Francesca Brusca sulla base
di due motivi.

Considerato che
con il primo motivo la ricorrente deduce, ai sensi dell’articolo 360, n. 3 c.p.c , la
violazione dell’articolo 115 c.p.c , per avere la Corte territoriale qualificato come fatto
notorio la circostanza secondo cui una persona investita da un veicolo in retromarcia
sarebbe stata proiettata all’indietro e che la mancanza di lesioni in altre parti del corpo
dimostrerebbe che l’impatto sarebbe avvenuto tra il capo della Brusca e il veicolo
fermo. Al contrario, è evidente che un soggetto che cammina a piedi non può in alcun
modo provocarsi lesioni gravi con postumi invalidanti pari al 15°/o;
il primo motivo è inammissibile perché censura un profilo della motivazione della
Corte territoriale che non è decisivo e che è stato enunciato soltanto ad abundantiam.
Il riferimento alle nozioni di comune esperienza ex art. 115 c.p.c. al fine di individuare/i ,

accettato, a titolo di acconto, la somma di euro 10.800, riservandosi di richiedere la

la causa e la localizzazione delle lesioni al capo (con esclusione di altre parti) è
adottato dalla Corte territoriale solo per puntualizzare che il difetto di prova è in linea
con le caratteristiche delle lesioni. La motivazione decisiva è rappresentata, invece,
dalla condivisione dell’assunto del primo giudice, secondo cui le uniche prove raccolta,
cioè le dichiarazioni rese in sede di interrogatorio formale dalla ricorrente e dalla
conducente, non avevano fornito alcuna dimostrazione della dinamica del sinistro ed
in particolare, al contrario di quanto sostenuto dall’appellante e qui ricorrente, quelle

è irritualmente dedotta, non contenendo alcuna indicazione in ordine alle regole che si
assumono violate e di quale parte del relativo paradigma sostiene violato. Deducendo
la violazione di tale diposizione con riferimento alle argomentazioni prospettate dalla
Corte territoriale solo

la ricorrente sostanzialmente prospetta

ad abundantiam

l’esistenza di massime di esperienza alternative a quelle ipotizzate, come possibili,
dalla Corte e si pone in un ambito del tutto estraneo alla dedotta violazione dell’art.
115 c.p.c;
con il secondo motivo la ricorrente deduce la violazione dell’articolo 2054, primo
comma, c.c. per il mancato riconoscimento di una parte di responsabilità alla
conducente dell’autovettura investitrice, attesa l’assenza di prova da parte della
stessa di avere tenuto una condotta di guida prudenziale;
il secondo motivo è inammissibile, perché non si confronta con la motivazione
della Corte d’Appello riguardo all’inapplicabilità dell’art. 2054 c.c. in assenza di prova
della responsabilità o corresponsabilità della convenuta;
ne consegue che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile; alcun
provvedimento va adottato riguardo alle spese atteso il mancato svolgimento di
attività da parte della resistente in sede di legittimità. Ricorrono i presupposti di cui al
D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. n. 228 del 2012,
art. 1, comma 17: “Quando l’impugnazione, anche incidentale, e’ respinta
integralmente o e’ dichiarata inammissibile o improcedibile, la parte che l’ha proposta
e’ tenuta a versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a
quello dovuto per la stessa impugnazione, principale o incidentale, a norma del
comma 1-bis. Il giudice da’ atto nel provvedimento della sussistenza dei presupposti
di cui al periodo precedente e l’obbligo di pagamento sorge al momento del /
deposito dello stesso”.
P.T.M.

3

della Profetto, non avevano valore confessorio. Inoltre, la violazione dell’art. 115 c.p.c

Dichiara inammissibile il ricorso. Nulla per le spese.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater del d.p.r. 115 del 2002, da atto della
sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore
importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a
norma del comma ibis dello stesso articolo 13.
Così deciso nella camera di Consiglio (Mila Sesta Sezione della Corte Suprema di

Cassazione in data 8 giugno 2017

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