Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4131 del 20/02/2013


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 4131 Anno 2013
Presidente: PIVETTI MARCO
Relatore: CIRILLO ETTORE

SENTENZA

sul ricorso 16363 – 2007 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro
tempore, in persona del Direttore pro tempore,
elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI
12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo
rappresenta e difende ope legis;
– ricorrente –

2012

contro

1937

GIAEDY SRL;
– intimato –

avverso la decisione

n.

3803/2006 della COMM.

Data pubblicazione: 20/02/2013

TRIBUTARIA

CENTRALE

di

ROMA,

depositata

il

27/04/2006;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 06/11/2012 dal Consigliere Dott. ETTORE
CIRILLO;

chiesto raccoglimento;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. TOMMASO BASILE, che ha concluso per il
rigetto del ricorso.

udito per il ricorrente l’Avvocato GENTILI, che ha

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1.

Con sentenza del 27 aprile 2006, la commissione
tributaria centrale ha rigettato il ricorso proposto
dall’Ufficio IVA di Firenze nei confronti della soc.

di pagamento notificate il 18 giugno 1987 e riguardanti il recupero di sanzioni irrogate il 9 dicembre
1986 con avvisi notificati ex art.140 c.p.c..
2.

Il giudice di terza istanza motiva la decisione
ritenendo:
a) che non vi sia prova della formazione di un giudicato esterno sul preteso rigetto dell’impugnazione di
altre due parallele ingiunzioni per gli stessi avvisi;
b) che sia nulla la notificazione dei presupposti avvisi perché, a parte la mancanza della ricevuta di
ritorno della raccomandata prescritta dall’art.140
c.p.c., detta procedura notificatoria per un verso
era incompleta, mancando l’attestazione del deposito
presso la casa comunale, per un altro era illegittima, mancando il preventivo tentativo di notifica
presso la sede sociale (in Empoli, al n.c. 1771b di
via Lucchese) prima che l’ufficiale giudiziario si
recasse presso la casa (sita al n.c. 177) del legale

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1

Giaedy, confermando l’annullamento di due ingiunzioni

rappresentante della società contribuente (Di Nardo
Silvio);
c) che, per quanto il giudice d’appello ne avesse
parlato con una sorta di mobiter” non impugnato

società contribuente (Di Nardo Silvio) è stato definitivamente assolto per quanto ascrittogli in sede
penale in ordine alla vicenda fiscale, per avere il
giudice penale accertato, riguardo al rapporto sottostante, che l’acquisto di un capannone industriale
non era andato a buon fine e che la somma versata era
una semplice caparra confirmatoria non soggetta a IVA.
3.

Con atto notificato il 4 giugno 2008, propone ricorso per cassazione, affidato a tre motivi,
l’Agenzia delle entrate; la soc. Giaedy non svolge
attività difensiva.
MOTIVI DELLA DECISIONE

4.

Con il primo motivo (denunciando violazione degli
artt. 140, 156 c.3, 115 e 116 c.p.c., in relazione
all’art. 360 nn. 3-4), la ricorrente muove alla commissione tributaria centrale due censure:
a) nella prima, riguardo alla presupposta notificazione degli avvisi, rileva che l’attestazione

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dall’Ufficio, risulta che legale rappresentante della

dell’ufficiale giudiziario di aver operato ai sensi
dell’art.140 c.p.c. costituisce prova, sino a querela
di falso, dell’effettuazione di tutte le formalità
previste dalla citata norma;

giunzioni, sostiene che ciò ha sanato ogni eventuale
vizio ex art.156 c.p.c., applicabile anche agli atti
tributari, .
Il motivo in parte è inammissibile, in parte è in-

• 05.

fondato. Esso, in punto di notificazioni, trascura le
altre autonome “rationes decidendi”:
a) l’una relativa all’omessa produzione in giudizio
dell’avviso di ricevimento della raccomandata informativa sul compimento delle formalità di cui
all’art.140 c.p.c. (C. 21132/09);
b) l’altra, relativa al fatto che la procedura ex
art.140 c.p.c. (nel testo vigente “ratione temporis”) può essere adottata, con riferimento alla casa
di abitazione del legale rappresentante di società,
solo se sia stata tentata senza esito la notifica
presso la sede sociale.
06.

Peraltro le due censure sono infondate. Riguardo
alla prima si osserva che la dichiarazione con la
quale l’organo notificatore, procedendo alla notifi-

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b) nella seconda, riguardo all’impugnazione delle in-

cazione ai sensi dell’art. 140 c.p.c., attesti genericamente di aver effettuato gli avvisi di legge ovvero le operazioni di cui al suddetta disposizione,
non fa fede fino a querela di falso, essendo necessa-

la relazione di notifica si dia atto in modo specifico dell’esecuzione degli adempimenti richiesti dal
citato art.140: a) deposito presso la casa comunale;
h) affissione di un avviso di detto deposito alla
porta dell’abitazione dell’ufficio o dell’azienda del
destinatario; c) comunicazione al medesimo della notizia del deposito mediante raccomandata con avviso
di ricevimento (ex plurimis C. 1125/98).
7.

La seconda censura non coglie nel segno, poiché
non si tratta affatto di sanatoria ex art.156 c.p.c.,
applicandosi il comma 3 dell’art.16 d.p.r. 636/72:
“Il ricorso contro l’ingiunzione, il ruolo e l’avviso
di mora è ammesso anche per motivi diversi da quelli
relativi a vizi loro propri soltanto se tali atti non
siano stati preceduti dalla notificazione dell’avviso
di accertamento o dell’avviso di liquidazione della
imposta o del provvedimento che irroga la sanzione”.

8.

Com’è noto, la correttezza del procedimento di
formazione della pretesa tributaria è assicurata me-

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4

rio, perché tale efficacia possa esplicarsi, che nel-

diante il rispetto di una sequenza procedimentale di
determinati atti, con le relative notificazioni, allo
scopo di rendere possibile un efficace esercizio del
diritto di difesa del destinatario.

stituisce un vizio procedurale che comporta la nullità dell’atto consequenziale notificato.
Tale nullità può essere fatta valere dal contribuente
mediante la scelta (a) di impugnare solo l’atto consequenziale notificatogli, facendo valere il vizio
derivante dall’omessa notifica dell’atto presupposto,
o (b) d’impugnare cumulativamente anche quello presupposto non notificato, facendo valere i vizi che
inficiano quest’ultimo, per contestare radicalmente
la pretesa tributaria.
Spetta al giudice di merito, interpretando la domanda, verificare la scelta compiuta dal contribuente,
con la conseguenza che, nel primo caso, deve verificare solo la sussistenza o meno del difetto di notifica al fine di pronunciarsi sulla nullità dell’atto
consequenziale (con eventuale estinzione della pretesa tributaria a seconda se i termini di decadenza
siano o meno decorsi), nel secondo la pronuncia dovrà
riguardare l’esistenza, o no, di tale pretesa (S.U.

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5

L’omissione della notifica di un atto presupposto co-

5791/08, sulla scelta consentita dall’art. 19, coma
d.1g. 31 dicembre 1992 n. 546).
09.

Nella specie dalla narrazione della sentenza impugnata si apprende:

tesa impositiva anche nel merito sin dai ricorsi introduttivi;
b) che, a tal fine, la società ha invocato in appello
la sentenza assolutoria del suo legale rappresentante;
c)

che la sentenza d’appello ha dato rilievo

dell’accertamento di fatto, favorevole per la contribuente, compiuto in sede penale.
10.

La commissione centrale, in motivazione, dà atto
che “msostanzialmente mancava la violazione delle
norme IVA da sottoporre a misura punitiva…”, “…sotto
l’aspetto che il prezzo d’acquisto del capannone industriale, acquisto poi non andato in porto, aveva
natura di caparra confirmatoria e non era quindi soggetto ad IVA”. Dunque, la commissione centrale si è
mossa nell’alveo della domanda secondo il comma 3
dell’art.16 d.p.r. 636/72.

11.

Con il secondo motivo (denunciando violazione degli artt. 654 c.p.p. e 7 d.1g. 546/92, in relazione

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a) che la società contribuente ha contestato la pre-

all’art. 360 nn. 3-4), la ricorrente muove alla commissione tributaria centrale la censura di aver erroneamente fatto applicazione, in sede tributaria, di
un giudicato penale.
12.

tenza impugnata non si parla mai di efficacia vincolante del giudicato penale di assoluzione del legale
rappresentante della società contribuente, ma ne ha
fatto proprie le conclusioni “sotto l’aspetto che il
prezzo d’acquisto del capannone industriale, acquisto
poi non andato in porto, aveva natura di caparra confirmataria e non era quindi soggetto ad IVA”.
13.

E’ vero che, stante l’autonomia del giudizio tri-

butario rispetto a quello penale, il giudice tributario non può limitarsi a rilevare l’esistenza di una
sentenza assolutoria definitiva in materia di reati
fiscali, ma, nell’esercizio dei propri poteri di valutazione della condotta delle parti e del materiale
probatorio acquisito agli atti (art. 116 c.p.c.), deve procedere a un suo apprezzamento del contenuto
della decisione, ponendolo a confronto con gli altri
elementi di prova acquisiti nel giudizio (C.
19786/11).
Però, nella specie, l’unico elemento di confronto in-

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Il motivo non coglie nel segno poiché nella sen-

dicato in ricorso dall’Agenzia delle entrate è rappresentato dalla risposta dell’Ufficio all’istanza di
sospensione avanzata dalla parte il 6 agosto 1987 riguardo all’archiviazione della pratica per l’anno

non per le controverse annualità 1981 e 1982.
Ma di tale documento e del suo contenuto ricognitivo
non sono note le modalità essenziali d’ingresso o meno nelle fasi di merito; sicché esso è del tutto inutilizzabile in questa sede.
Si aggiunga che del rilievo della sentenza penale in
questione v’è traccia, secondo la commissione centrale, anche nella sentenza d’appello mai censurata sul
punto dall’Ufficio.
14.

Con il

terzo motivo

(denunciando vizi di

contraddittoria e d’insufficiente motivazione) la
ricorrente muove alla commissione tributaria centrale
la censura di aver confusamente trascurato la
circostanza che le due ingiunzioni notificate il 18
giugno e oggetto dell’odierno processo erano state
precedute in data 11 giugno dalla notifica di altre
due ingiunzioni emesse per lo stesso titolo e che i
ricorsi contro queste ultime erano stati rigettati
con sentenza divenuta definitiva.

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1983, attinto dalla sentenza penale in questione, e

15.

Il motivo è inammissibile, perché non può ritener-

si sussistente vizio motivazione su fatti decisivi,
quando la parte denuncia l’erronea presupposizione
dell’inesistenza di un giudicato esterno, poiché que-

concreto, partecipa della natura dei comandi giuridici e, conseguentemente, la sua interpretazione non si
esaurisce in un giudizio di fatto, ma attiene all’interpretazione delle norme giuridiche (C. 17443/08,
26061/11, 26173/11).
16.

Disatteso integralmente il ricorso per cassazione,

nessuna statuizione va emessa in punto di spese mancando attività difensiva della controparte.
P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.
Così deciso in Roma, il 6 novembre 2012.

sto, essendo destinato a fissare la “regola” del caso

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