Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4128 del 21/02/2018


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 4128 Anno 2018
Presidente: FRASCA RAFFAELE
Relatore: POSITANO GABRIELE

ORDINANZA
sul ricorso 18660-2016 proposto da:
GETTA’ METROPOLITANA di NAPOLI, in persona del Sindaco
Metropolitano pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA,
PIAZZA CAVOUR presso la CANCELLERIA della CORTE di
CASSAZIONE, rappresentta e difesa dagli avvocati MONICA
CICALA, ALDO DI FALCO;

– ricorrente ITALMATIC GROUP SRL, in persona del legale rappresentante pro
tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR
presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE,
rappresentata e difesa dagli avvocati EDUARDO VASSALLO,
CLAUDIO FERNANDES;

-controricorrente e ricorrente incidentale –

Data pubblicazione: 21/02/2018

avverso la sentenza n. 2297/2016 della CORTE D’APPELLO di
NAPOLI, depositata l’08/06/2016;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non
partecipata dell’08/06/2017 dal Consigliere Dott. GABRIELE

POSITANO.

Ric. 2016 n. 18660 sez. M3 – ud. 08-06-2017
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Rilevato che
con distinti atti di citazione ritualmente notificati l’Amministrazione Provinciale di
Napoli, oggi Città Metropolitana, adiva il Tribunale di Napoli per ottenere il pagamento
dei crediti scaturenti dall’occupazione abusiva, da parte della società Italmatic Group
Srl, di spazi pubblici all’interno di due istituti scolastici, “Isabella d’Este” e “Francesco
De Sanctis”, nei quali la società aveva installato da tempo alcuni distributori
automatici di alimenti e bevande. Unitamente alla pretesa del canone di occupazione

ed elettrico necessario per il funzionamento delle macchine. In corso di causa i due
distinti procedimenti venivano riuniti per connessione e con sentenza n. 6262 del 2009
il Tribunale di Napoli, in accoglimento parziale delle domande proposte, riconosceva
all’ente provinciale, rispettivamente, gli importi di euro 23.360, per il primo Istituto e
di euro 13.297 per il secondo;
avverso tale decisione proponeva appello la società Italmatic, deducendo che
l’installazione delle macchine non poteva qualificarsi come abusiva perché
conseguente a un accordo con la direzione scolastica e che, pertanto, non trovava
applicazione il regolamento provinciale, peraltro, emanato successivamente all’epoca
d’insorgenza del rapporto;
la Corte d’Appello di Napoli, con sentenza pubblicata 1’8 giugno 2016, in parziale
accoglimento dell’impugnazione riconosceva il diritto al pagamento dei canoni scaduti
solo in relazione all’istituto De Sanctis, nella misura di euro 258 annui, mentre
escludeva ogni pretesa con riferimento all’altro istituto, attesa la sussistenza di un
contratto di fornitura;
avverso tale decisione propone ricorso per cassazione la Città Metropolitana di
Napoli sulla base di un unico motivo. Resiste in giudizio la Srl Italmatic Group, che
propone ricorso incidentale sulla base di un unico motivo.
Considerato che
con l’unico motivo la Città Metropolitana di Napoli lamenta la violazione del
principio della forma scritta ad substantiam per i contratti in cui è parte una pubblica
amministrazione e la conseguente violazione delle norme relative alla finanza pubblica
(RD 18 novembre 1923, n. 224, art. 17 in materia di contabilità generale dello Stato),
con riferimento alla motivazione della Corte la quale ha escluso l’ipotesi di
occupazione sine titulo, sostenuta dal giudice di prime cure, poiché tra le parti vi era
stato un contratto, escludendo la rilevanza del disciplinare, quale atto amministrativo /
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l’amministrazione richiedeva il rimborso delle somme impiegate per il consumo idrico

interno all’amministrazione provinciale, comunque, non riferibile alle concessioni già in
essere. In realtà, secondo la ricorrente, nelle note menzionate dalla Corte territoriale
viene richiamato, con riferimento all’istituto Francesco De Sanctis, un contratto a
stipularsi, mentre per l’Istituto Isabella d’Este, un contratto di comodato gratuito, ma
nessuno di tali negozi giuridici è stato esibito, nonostante il principio pacifico che per i
contratti sottoscritti della pubblica amministrazione è richiesta, a pena di nullità, la
forma scritta. Nello stesso modo non può ipotizzarsi la conclusione di un contratto per

sine titulo dell’area utilizzata per l’attività oggetto di causa;
con il ricorso incidentale la società resistente lamenta il difetto di motivazione per
l’erronea valutazione delle prove e la violazione dell’articolo 115 c.p.c. e dell’art. 2697
c.c , con riferimento ai criteri utilizzati per il calcolo dei consumi effettuati, attesa la
mancata indicazione di un numero effettivo di distributori presenti nel corso degli anni
negli istituti scolastici, questione per la quale era stata anche formulata una richiesta
di consulenza tecnica. Sotto altro profilo censura l’argomentazione dei giudici di
merito secondo cui vi sarebbe stata acquiescenza da parte della convenuta riguardo
alla quantificazione dei consumi sulla base dei calcoli predisposti dall’amministrazione
provinciale. Al contrario non ricorrerebbe un onere di contestazione esplicita di tutte le
circostanze dedotte dall’attore e, comunque, in comparsa di costituzione la società
aveva espressamente contestato i criteri di controparte;
il ricorso principale è inammissibile per violazione dell’art. 366 n. 6 c.p.c. Il nucleo
centrale delle doglianze della ricorrente riguarda la contestazione del contenuto della
nota richiamata dalla Corte territoriale al fine di ritenere provata la sussistenza di un
rapporto contrattuale con i due istituti scolastici. Orbene, rispetto a tale documento il
ricorso difetta di autosufficienza poiché parte ricorrente, non solo non svolge alcuna
attività riproduttiva diretta, ma nemmeno indiretta, rinviando al documento con

facta concludentia. L’inesistenza di un rapporto contrattuale determina l’occupazione

indicazione della parte di esso in cui troverebbe corrispondenza l’indiretta
riproduzione. Difetta, altresì, ogni indicazione relativa alla localizzazione di tale atto e
neppure è possibile trarre elementi utili dall’esposizione sommaria dei fatti della causa
nella quale, ai fini che qui interessano, non è possibile rinvenire gli elementi
indispensabili per una precisa cognizione delle posizioni assunte dalle parti rispetto a
tale documento, con particolare riferimento alla tempestività e ritualità della
produzione in giudizio;
analoghe considerazioni vanno estese al ricorso incidentale atteso che parte /7,
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ricorrente per contrastare la motivazione del giudice di appello, che ha affermato la
non contestazione dei consumi idrici ed elettrici da parte della società, con riferimento
alla qualificazione degli stessi, si è limitata a riportare un breve stralcio della comparsa
di costituzione in primo grado. Ciò non consente di verificare se la censura si riferisce
al profilo dell’occupazione dello spazio da parte dei distributori ovvero ai criteri per la
determinazione dei consumi; in ogni caso la doglianza è generica e non permette di
comprendere, come evidenziato dalla Corte territoriale, se si riferisce alla fase

presuntivo (che la Corte d’Appello afferma essere stati esibiti nei termini), con
evidente onere di contestazione specifica ovvero alla fase precedente l’assegnazione
dei termini per il deposito di documentazione;
ne consegue che il ricorso principale e quello incidentale devono essere dichiarati
inammissibili, con compensazione integrale delle spese di lite attesa la reciproca
soccombenza, dandosi atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da
parte della ricorrente principale e di quella incidentale, dell’ulteriore importo a titolo di
contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma
ibis dello stesso articolo 13.
P.T.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso principale e quello incidentale e
compensa integralmente tra le parti le spese di lite.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater del d.p.r. 115 del 2002, da atto della
sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente principale e
della ricorrente incidentale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a
quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma ibis dello stesso articolo
13.
Così deciso nella camera di Consiglio iella Sesta Sezione della Corte Suprema di
Cassazione in data 8 giugno 2017
Il P

sidente

successiva al deposito, da parte dell’ente pubblico, dei criteri analitici di calcolo

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