Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4127 del 18/02/2020

Cassazione civile sez. VI, 18/02/2020, (ud. 07/11/2019, dep. 18/02/2020), n.4127

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCODITTI Enrico – Presidente –

Dott. GRAZIOSI Chiara – Consigliere –

Dott. IANNELLO Emilio – Consigliere –

Dott. POSITANO Gabriele – Consigliere –

Dott. PELLECCHIA Antonella – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 16624-2018 proposto da:

D.R. titolare dell’omonima Ditta Individuale, elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA GUALTIERO SERAFINO 20, presso lo studio

dell’avvocato MARIA CUOZZO, rappresentato e difeso dall’avvocato

CLAUDIO ARCALENI;

– ricorrente –

contro

C.D., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA FAMAGOSTA

2, presso lo studio dell’avvocato CRISTINA CIARAVALLE, rappresentato

e difeso dall’avvocato AGOSTINO AGARO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 900/2017 della CORTE D’APPELLO di PERUGIA,

depositata il 02/12/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 07/11/2019 dal Consigliere Relatore Dott. ANTONELLA

PELLECCHIA.

Fatto

RILEVATO

che:

1. C.D. conveniva in giudizio D.R., titolare dell’omonima ditta individuale, opponendosi al decreto ingiuntivo n. 1261/2009 con il quale il Tribunale di Perugia, in accoglimento del ricorso promosso dal D., gli aveva ingiunto il pagamento della somma di Euro 7.860,00 per lavori di idraulica e fornitura merce.

Si costituiva la Ditta Individuale D.R. contestando tutto quando dedotto da parte attrice e chiedendo, in via preliminare, la concessione della provvisoria esecuzione del decreto ingiuntivo opposto.

Con sentenza n. 2550/2014, il Tribunale di Perugia rigettava l’opposizione, confermava il decreto ingiuntivo e condannava l’opponente al pagamento della somma di Euro 7860,00, oltre interessi legali e spese del giudizio.

C.D. proponeva appello avverso tale decisione, in quanto era da ritenersi nulla, ingiusta ed immotivata.

2. La Corte d’appello di Perugia, con sentenza n. 900 del 2 dicembre 2017, riformando la pronuncia di primo grado, accoglieva l’opposizione del Cavalletti e revocava il decreto ingiuntivo n. 1261/2014. Condannava, inoltre, la Ditta Individuale D.R. al pagamento delle spese di giudizio di I e II grado.

3. Avverso tale pronuncia Robert D. propone ricorso per Cassazione, sulla base di due motivi. C.D. resiste con controricorso.

4. E’ stata depositata in cancelleria ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., e regolarmente notificata ai difensori delle parti, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza, la proposta di inammissibilità del ricorso.

Diritto

CONSIDERATO

che:

5. Innanzitutto occorre rilevare che priva di fondamento è l’eccezione di inammissibilità del ricorso sollevata dal controricorrente per inesistenza giuridica della parte ricorrente in quanto la ditta individuale D.R.o è stata cancellata dal registro delle imprese il 14 agosto 2015.

L’estinzione di una società di persone, conseguente alla sua cancellazione dal registro delle imprese, determina un fenomeno di tipo successorio in virtù del quale sono trasferite ai soci le obbligazioni contributive rimaste inadempiute; ne consegue, per esempio, che hanno effetto interruttivo della prescrizione le iniziative di recupero promosse nei confronti dei soci subentranti, e così pure rileva al medesimo fine l’accertamento dei crediti promosso in sede giudiziale nei confronti degli stessi, dalla definitività del quale, ai sensi dell’art. 2495 c.c., comma 2, comincia a decorrere “ex novo” il termine prescrizionale (Cass. 18465/2018).

Nel caso di specie il ricorso è stato proposto dalla persona fisica.

6.1. Con il primo motivo di ricorso, parte ricorrente si duole della “Omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia, in relazione al presunto acquisto diretto del sig. C.D. dei materiali necessari ai lavori effettuati nella propria abitazione dalla Ditta Individuale D.R.”.

Secondo il ricorrente avrebbe errato la Corte d’appello nella ricostruzione dei fatti perchè avrebbe omesso di valutare circostanze fondamentali, ai fini della decisione, che risulterebbero dai documenti depositati dal Cavalletti. Ovvero che quest’ultimo avrebbe ricevuto la merce con cui sarebbero stati eseguiti i lavori e non avrebbe provveduto al versamento di somme a saldo delle forniture e prestazioni eseguite in suo favore. Infatti, il Cavalletti avrebbe effettuato il versamento di un acconto con l’impegno a saldare l’intero importo relativo alle merci consegnate e all’opere di idraulica effettuate.

6.2. Con il secondo motivo di ricorso, parte ricorrente lamenta la “Omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia, in relazione alla mancanza dei documenti che attestano l’acquisto dei materiali da parte della Ditta Individuale D.R.”.

Il giudice del merito avrebbe errato per aver omesso circostanze di rilievo decisivo, in particolare in relazione ad alcune testimonianze che avrebbero confermato la fornitura di materiale e di esecuzione di lavori presso l’abitazione del Cavalletti.

7. Il ricorso è inammissibile.

Lo è in primo luogo per difetto di specificità e autosufficienza ai sensi dell’art. 366 c.p.c., comma 1, nn. 4 e 6.

In virtù del principio di autosufficienza, il ricorso per cassazione deve contenere in sè tutti gli elementi necessari a costituire le ragioni per cui si chiede la cassazione della sentenza di merito e a permettere la valutazione della fondatezza di tali ragioni, sicchè il ricorrente ha l’onere di indicare specificamente, a pena di inammissibilità, oltre al luogo in cui ne è avvenuta la produzione, gli atti processuali ed i documenti su cui il ricorso è fondato mediante un sintetico, ma completo, resoconto del loro contenuto.

Nel caso di specie, la parte ha esposto in modo confuso e generico le proprie doglianze senza richiamare in modo puntale le parti della sentenza che si intendono contestare, pertanto formulati in violazione dei principi sanciti da questa Corte a Sezioni Unite con sentenza 8053 e 8054 del 2014, e, peraltro dirette ad ottenere una rivalutazione dei fatti, attività che oltrepassa i limiti del sindacato di legittimità. Nè la sentenza impugnata appare censurabile sotto il profilo motivazionale, visti i ristretti limiti in cui tale vizio può ancora essere fatto valere – la “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, la “motivazione apparente”, il “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e la “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile” (cfr. Cass. Sez. U., n. 8053 del 2014; cfr. Cass. n. 7472 del 2017) – ovvero, sub art. 360 c.p.c., comma 5, avendo la Corte d’appello compiutamente esaminato tutte le prove compreso quelle testimoniali.

Lo è, in secondo luogo, perchè richiede una rivalutazione di merito.

Codesta Corte ha più volte affermato che il vizio di motivazione deducibile con il ricorso ex art. 360 c.p.c., n. 5, non può consistere nella difformità dell’apprezzamento dei fatti e delle prove dato al giudice di merito rispetto a quello preteso dalla parte, essendo riservati esclusivamente al Giudicante l’individuazione delle fonti del proprio convincimento, la valutazione delle prove, il controllo della loro attendibilità e la scelta fra le risultanze istruttorie ritenute idonee ad acclarare i fatti oggetto della controversia, con l’unico limite di indicare le ragioni del proprio convincimento, senza essere tenuto a discutere ogni singolo elemento od a confutare ogni deduzione difensiva (Cass. 1554/2004; 129/2004; 16034/2002).

8. Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza.

PQM

la Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento in favore del controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità che liquida in Euro 2.500,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200, ed agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del dell’art. 13 cit., comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 7 novembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 18 febbraio 2020

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