Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4126 del 18/02/2011

Cassazione civile sez. VI, 18/02/2011, (ud. 27/01/2011, dep. 18/02/2011), n.4126

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VITRONE Ugo – Presidente –

Dott. SALVAGO Salvatore – Consigliere –

Dott. FORTE Fabrizio – Consigliere –

Dott. MACIOCE Luigi – rel. Consigliere –

Dott. DIDONE Antonio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso iscritto al n. RG 10005 dell’anno 2010 proposto da:

D.S. elettivamente domiciliato in ROMA presso la cancelleria

della Cassazione con l’avv. Levato Rosario di Taranto che lo

rappresenta e difende per delega a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Interno P.G. presso la CdA di Bari;

– intimati –

avverso il provvedimento in data 8.3.2010 della Corte di Appello di

Bari;

udito il relatore cons. Luigi Macioce nella c.d.c. del 27/1/2011,

presente il Sost. Proc. Gen. Dr. Carmelo SGROI.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

D.S. – cittadino della (OMISSIS) pervenuto in Italia dalla (OMISSIS), dopo essere sbarcato nell’isola di (OMISSIS) – ha chiesto alla Commissione Territoriale di Bari la protezione internazionale, beneficio che la Commissione ha negato in data 22.9.2008. Il Tribunale di Bari con sentenza 6.5.2009 ha rigettato il ricorso dello straniero e la Corte di Appello di Bari, con sentenza dell’8.3.2010, ha respinto il reclamo. Ad avviso della Corte di Bari il richiedente non meritava lo status di rifugiato nè la protezione sussidiaria nè il chiesto permesso umanitario perchè: 1) il diritto allo status non era da riconoscersi a qualunque componente di una minoranza etnica in conflitto con le autorità ma solo a quegli che fosse fatto segno a concreta persecuzione in base a riscontri individualizzanti: nel caso del D.S. le situazioni persecutorie addotte erano oggettivamente incerte, non collegabili alla sua persona ed attualmente non più sussistenti (come documentato); 2) nessun rischio concreto di pericolo per la sua persona era quindi configurabile a sostegno della richiesta di protezione sussidiaria; 3) non sussistevano margini autonomi e la concessione di un permesso umanitario e non residuava più alcuna situazione di mantenimento del permesso temporaneo, strumentale alla definizione della procedura. Per la cassazione di tale sentenza, comunicata il 22.3.2010, D.S. ha proposto ricorso il 21.4.2010 con tre motivi, ai quali non hanno opposto difese gli intimati ai quali il ricorso è stato notificato unitamente al decreto di fissazione D.Lgs. n. 25 del 2008, ex art. 35, comma 14.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Il ricorso è tempestivo ai sensi del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35, comma 14 posto che la sentenza della Corte di merito non è stata notificata alla parte ma solo comunicata sì che il termine di decadenza di cui alla cennata norma non ha iniziato il suo corso e l’impugnazione della pronunzia 8.3.2010 è stata utilmente depositata il 21.4.2010.

Ritiene il Collegio che il ricorso, affidato a censure prive di fondamento, debba essere rigettato Con il primo motivo ci si duole della violazione (perpetrata da Tribunale e Corte di appello) delle regole sulla competenza territoriale, competenza che sarebbe risultata spettare alla Corte di Lecce. La censura è inammissibile perchè, non proposta nei termini di cui all’art. 38 c.p.c. innanzi al primo giudice nè tampoco fatta valere in sede di appello, non è certo riproducibile innanzi a questa Corte.

Con il secondo motivo si censura per violazione di legge la sentenza che avrebbe imposto un requisito di concretezza e specificità del fumus persecutionis non previsto dalle norme; si censura anche l’indebita imposizione di un onere probatorio al richiedente protezione. Le censure appaiono infondate in diritto, avendo la Corte di merito, se pur con sintetica motivazione, argomentato nel senso della mancanza attuale nel paese di provenienza di D.S. di una condizione di grave rischio personale di persecuzione, da un canto notando che la situazione di conflitto verso il gruppo “mandingo” di appartenenza era risalente negli anni e sostanzialmente cessata, alla luce di informazioni acquisite e risalenti a pochi mesi innanzi, dall’altro canto valutando come mere espressioni verbali le deduzioni sulle personali persecuzioni ricevute negli anni 2000 e 2001. Il motivo, lungi dall’addebitare alla Corte di merito un difetto di doverosa iniziativa istruttoria (Cass. 17657.10) imputa alla sentenza un inesistente accollo all’istante dell’onere probatorio in materia di esposizione a rischio di persecuzione e manca del tutto di addurre in questa sede, ed a sostegno della denunzia di disapplicazione delle norme, un consistente quadro fattuale sul quale, erroneamente, non si sarebbe fondato il giudizio di insussistenza del fumus persecutionis.

Con il terzo motivo si reitera come sintomo di una motivazione lacunosa quella stessa censura alla base, nel precedente motivo, della denunzia di violazione di legge. Si perviene anche a lamentare l’inerzia nel non aver disposto la richiesta alla C.N. delle informative doverose nei confronti della situazione della (OMISSIS) ma la denunzia di indebito ricorso a tal primaria fonte di cognizione rimane a livello di generica e non autosufficiente affermazione, di contro necessitando che si rappresenti, onde evidenziare la rilevanza della commessa omissione, il quadro socio politico per far ritenere attuale la condizione che in passato determinò la partenza del D.S. e in particolare la riferibilità di detto quadro alla posizione personale del richiedente. Con motivi aggiunti, mera appendice al terzo motivo, si adduce una informazione sopravvenuta, e colta dalla stampa, sul ritorno di turbamenti gravi della situazione politica della Guinea nella primavera del 2010: una sorta di golpe militare contro il primo ministro in carica. La prospettazione appare irricevibile in questa sede, alla quale non è certo dato di valutare se dati attuali di instabilità politica della Guinea abbiano un qualche significato nei confronti di chi avrebbe prestato un ruolo di guardia del corpo per un presidente deposto nel 2003 (e che neanche si dice qual collegamento avrebbe avuto con quel primo ministro minacciato nel 2010).

Nulla è a provvedere sulle spese.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 27 gennaio 2011.

Depositato in Cancelleria il 18 febbraio 2011

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