Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4126 del 09/02/2022

Cassazione civile sez. III, 09/02/2022, (ud. 16/12/2021, dep. 09/02/2022), n.4126

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Presidente –

Dott. DI FLORIO Antonella – rel. Consigliere –

Dott. RUBINO Lina – Consigliere –

Dott. VINCENTI Enzo – Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 34809/2019 proposto da:

N.K., rappresentato e difeso dall’avv.to Maurizio Sottile, ed

elettivamente domiciliato in Roma, Piazza Cavour, presso la

Cancelleria civile della Corte di Cassazione;

– ricorrente –

contro

Ministero Dell’Interno, in persona del Ministro pro tempore,

rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato ed

elettivamente domiciliata in Roma, via dei Portoghesi 12;

– resistente –

avverso il decreto del TRIBUNALE di ANCONA n. 12017/2019, depositata

il 10/10/2019;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

16/12/2021 dal Cons. Dott. ANTONELLA DI FLORIO.

 

Fatto

RILEVATO

che:

1. N.K., proveniente dal Senegal, ricorre affidandosi a tre motivi per la cassazione del decreto del Tribunale di Ancona che aveva rigettato la domanda di protezione internazionale declinata in tutte le forme gradate, proposta in ragione del diniego a lui opposto in sede amministrativa dalla competente Commissione territoriale.

1.1. Per ciò che qui interessa, il ricorrente aveva narrato di essere stato costretto a lasciare il proprio paese in quanto aveva deciso di convertirsi alla religione cristiana ed, in ragione di ciò, aveva subito intimidazioni e minacce di morte dai familiari, in primis da parte della madre.

2. Il Ministero dell’Interno ha depositato “atto di costituzione” non notificato al ricorrente, chiedendo di poter partecipare alla eventuale udienza di discussione della causa ex art. 370 c.p.c., comma 1.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

1. Con il primo motivo, il ricorrente, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, deduce la violazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, artt. 2, 3, 4, 5, 6 e 14 e degli artt. 8, 27, 2 e 3 CEDU; lamenta, altresì, il difetto di motivazione, il travisamento dei fatti e l’omesso esame di fatti decisivi per il giudizio.

1.1. Deduce, al riguardo, che la valutazione del racconto narrato non aveva rispettato il paradigma interpretativo predicato dal D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5, in quanto non era stata considerata la prevalenza della religione musulmana nel paese di origine, l’instabilità complessiva che ciò determinava e le forme di persecuzione esistenti verso le persone osservanti un culto diverso.

1.2. Lamenta, altresì, che percorso argomentativo del provvedimento impugnato non conteneva alcun riferimento a fonti attendibili ed aggiornate dalle quali potesse desumersi la situazione del paese di origine in relazione alla questione prospettata.

1.3. La censura è fondata.

1.4. La motivazione resa dal Tribunale in punto di credibilità è apodittica, prospettando genericamente l’incoerenza delle dichiarazioni del ricorrente (cfr. pag. 2 del decreto che prospetta argomentazioni meramente assertive), senza alcuno specifico riferimento al contenuto di esse.

1.5. Risulta, pertanto, violato il D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5: al riguardo, questa Corte ha affermato che “in tema di protezione internazionale e umanitaria, la valutazione di credibilità delle dichiarazioni del richiedente non è affidata alla mera opinione del giudice ma è il risultato di una procedimentalizzazione legale della decisione, da compiersi non sulla base della mera mancanza di riscontri oggettivi, ma alla stregua dei criteri indicati nel D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5 ed, inoltre, tenendo conto “della situazione individuale e della circostanze personali del richiedente” (di cui all’art. 5, comma 3, lett. c), del D.Lgs. cit.), con riguardo alla sua condizione sociale e all’età, non potendo darsi rilievo a mere discordanze o contraddizioni su aspetti secondari o isolati quando si ritiene sussistente l’accadimento, sicché è compito dell’autorità amministrativa e del giudice dell’impugnazione di decisioni negative della Commissione territoriale, svolgere un ruolo attivo nell’istruzione della domanda, disancorandosi dal principio dispositivo proprio del giudizio civile ordinario, mediante l’esercizio di poteri-doveri d’indagine officiosi e l’acquisizione di informazioni aggiornate sul paese di origine del richiedente, al fine di accertarne la situazione reale” (cfr. ex multis Cass. 10/2021; Cass. 26921/2017).

1.6. Il Tribunale si è discostato da tali principi in quanto, in definitiva, ha affermato che la narrazione doveva ritenersi poco plausibile “rispetto alla situazione individuale (età, salute, condizione sociale) e rispetto alle informazioni acquisite in merito al paese di origine”, rinviando alle trascrizioni successive delle COI acquisite che non sono state affatto correlate con gli aspetti incoerenti della narrazione, solo genericamente enunciati.

2. Con il secondo motivo, il ricorrente deduce la violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 2 e 14 e l’omessa valutazione di fatti decisivi per il giudizio.

2.1. Assume che il provvedimento era viziato per il mancato riconoscimento della protezione sussidiaria.

2.3. Il motivo è assorbito dalla decisione sul primo motivo, visto che la credibilità del racconto, in relazione alla quale la censura è stata accolta, costituisce un presupposto imprescindibile della fattispecie.

3. Con il terzo motivo, il ricorrente lamenta la violazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6 e art. 19, nonché l’errato ed omesso esame di fatti decisivi per il giudizio anche in riferimento alla integrazione in Italia che era stata, in thesi, specificamente allegata e documentata.

3.1. Il motivo è fondato.

3.2. La decisione resa in punto di protezione umanitaria omette del tutto di svolgere un compiuto giudizio di comparazione sia con riferimento all’integrazione raggiunta in Italia che il Tribunale ha solo sommariamente esaminato, limitandosi a svalutarla attraverso il mero riferimento ai cedolini paga prodotti, ma omettendo di esaminare tutta la documentazione prodotta e richiamata nel ricorso (cfr. pag. 10 secondo cpv. nel quale viene richiamata la produzione dei doc. 6 e 10 fasc. di primo grado), sia con riferimento alla vulnerabilità da lui dedotta ed assertivamente negata oltre che in relazione alle sue condizioni di salute (cfr. pag. 18 terzo cpv.), anche rispetto al livello di tutela dei diritti fondamentali nel paese di origine: infatti esse risultano accertate non attraverso il riferimento a C.O.I. attendibili ed aggiornate, ma mediante l’assemblaggio di precedenti arresti della giurisprudenza di merito, non rilevanti rispetto al caso in esame. (cfr. pag. 20 del decreto impugnato).

3.3. Al riguardo, questa Corte ha avuto modo di affermare che “secondo l’interpretazione fatta propria dalla giurisprudenza di questa Corte, in tema di protezione umanitaria, l’orizzontalità dei diritti umani fondamentali comporta che, ai fini del riconoscimento della protezione, occorre operare la valutazione comparativa della situazione soggettiva e oggettiva del richiedente con riferimento al Paese di origine, in raffronto alla situazione d’integrazione raggiunta nel paese di accoglienza che, tuttavia, non deve essere isolatamente ed astrattamente considerato; peraltro, a fronte del dovere del richiedente di allegare, produrre o dedurre tutti gli elementi e la documentazione necessari a motivare la domanda, la valutazione delle condizioni socio-politiche del Paese d’origine del richiedente deve avvenire, mediante integrazione istruttoria officiosa, tramite l’apprezzamento di tutte le informazioni, generali e specifiche pertinenti al caso, aggiornate al momento dell’adozione della decisione che il giudice di merito deve acquisire” (cfr. Cass. 8819/2020; Cass. 22528/2020; Cass. 22459/2019).

4. Il Tribunale si è del tutto discostato dai principi richiamati.

5. In conclusione, il ricorso deve essere accolto ed il decreto va cassato il relazione al primo ed al terzo motivo, assorbito il secondo, con rinvio al Tribunale di Ancona in diversa composizione per il riesame della controversia alla luce dei principi di diritto sopra evidenziati e per la decisione sulle spese del giudizio di legittimità.

PQM

La Corte;

accoglie il primo ed il terzo motivo di ricorso e dichiara assorbito il secondo. Cassa il decreto impugnato e rinvia al Tribunale di Ancona in diversa composizione per il riesame della controversia ed anche per la decisione in ordine al giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte di Cassazione, il 16 dicembre 2021.

Depositato in Cancelleria il 9 febbraio 2022

 

 

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