Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4123 del 16/02/2017


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Cassazione civile, sez. lav., 16/02/2017, (ud. 24/11/2016, dep.16/02/2017),  n. 4123

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NOBILE Vittorio – Presidente –

Dott. LORITO Matilde – Consigliere –

Dott. CINQUE Guglielmo – rel. Consigliere –

Dott. SPENA Francesca – Consigliere –

Dott. BOGHETICH Elena – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 9569-2014 proposto da:

POSTE ITALIANE S.P.A. C.F. (OMISSIS), in persona del Presidente e

legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in

ROMA, PIAZZA MAZZINI 27, presso lo studio dell’avvocato SALVATORE

TRIFIRO’, che la rappresenta e difende, giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

C.A. C.F. (OMISSIS), domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR,

presso la cancelleria della Corte di Cassazione, rappresentata e

difesa dall’Avvocato DANIELA MANASSERO, giusta delega in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 731/2013 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 04/10/2013 R.G.N. 2310/2011;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

24/11/2016 dal Consigliere Dott. CINQUE GUGLIELMO;

udito l’Avvocato SOTTILE GIUSEPPE per delega orale Avvocato TRIFIRO’

SALVATORE;

udito l’Avvocato CIVITELLI VALENTINA per delega Avvocato MANASSERO

DANIELA;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SANLORENZO RITA che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. Con la sentenza n. 731/2013 la Corte di appello di Milano, in parziale riforma della pronuncia n. 1922/2011 del Tribunale di Milano, ha rideterminato il risarcimento del danno, dovuto a C.A. quale conseguenza dell’annullamento del licenziamento intimatole in data (OMISSIS) da Poste Italiane spa, in cinque mensilità della retribuzione globale di fatto confermando, invece, le altre statuizioni di prime cure.

2. La Corte territoriale, per quello che interessa in questa sede, ha condiviso l’assunto del primo giudice circa la fondatezza dell’eccezione di tardività della contestazione disciplinare (licenziamento del 13.11.09 mentre la conoscenza dei fatti risaliva sin dal settembre/ottobre 2007), specificando che non vi erano state nè lesione del diritto di difesa dell’incolpata nè violazione del giusto affidamento del lavoratore in relazione all’esercizio del potere disciplinare da parte del datore di lavoro.

3. Per la cassazione propone ricorso Poste Italiane spa, affidato a due motivi.

4. Resiste con controricorso C.A..

5. Sono state depositate memorie ex art. 378 c.p.c..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

6. Con il primo motivo Poste Italiane spa deduce la violazione o falsa applicazione di norme di diritto e dei contratti e accordi collettivi nazionale di lavoro – art. 58 CCNL – art. 360 c.p.c., n. 3. La società rappresenta che era lo stesso CCNL all’art. 58 che consentiva all’azienda di non avviare la procedura disciplinare fino all’esito della sentenza penale di 1 grado, lasciando alla sua discrezionalità la facoltà di assegnare provvisoriamente ad altro ufficio o di sospendere cautelativamente la dipendente: e ciò era stato fatto in un’ottica di tutela anche economica della C.. Secondo l’assunto della ricorrente, pertanto, la Corte territoriale non aveva preso in considerazione assolutamente tale aspetto.

7. Con il secondo motivo si censura, per violazione o falsa applicazione di norme di diritto e dei contratti e accordi collettivi nazionali del lavoro, L. n. 300 del 1970, art. 7, e art. 360 c.p.c., n. 3, la sentenza impugnata nella parte in cui si è ritenuto che la tempestività della contestazione vada valutata in relazione non al momento in cui è stato commesso il fatto contestato ma al momento in cui il datore di lavoro lo ha scoperto e ne ha avuto certezza e che il concetto di tempestività debba essere rapportato alla complessità delle indagini e alle dimensioni del datore di lavoro. Nel caso in esame, la società precisa di avere avuto certezza dei fatti contestati alla C. solo dopo avere letto il dispositivo della sentenza penale (primi di ottobre 2009), in un contesto in cui comunque si era riservata il diritto di agire in via disciplinare.

8. Il primo motivo è inammissibile.

9. Dall’esame del ricorso per cassazione non risulta che Poste Italiane spa abbia mai allegato, nei precedenti gradi di giudizio, la circostanza che si sia avvalsa della facoltà di cui all’art. 58 CCNL Poste, nè che abbia indicato gli elementi di fatto e di diritto per addivenire alla conclusione circa la applicabilità in concreto, alla fattispecie in esame, di tale istituto previsto dalla norma citata. Si è solo limitata ad indicare tale norma quale elemento in astratto per valutare il suo comportamento, ma non quale parametro normativo di riferimento della sua condotta reale, tanto è che non è stato oggetto neanche di petitum, istruttorio o di merito, in primo e secondo grado.

10. La problematica di cui al motivo investe, pertanto, una questione nuova e, nel giudizio di cassazione, che ha per oggetto solo la revisione della sentenza in rapporto alla regolarità formale del processo e alle questioni di diritto proposte, non sono proponibili nuove questioni di diritto o temi di contestazione diversi da quelli dedotti nel giudizio di merito, a meno che si tratti di questioni rilevabili di ufficio o nell’ambito delle questioni trattate, di nuovi profili di diritto compresi nel dibattito e fondati sugli stessi elementi di fatto dedotti (Cass. n. 4787/2012; n. 3881/1998; n. 1496/1998; n. 6356/1996): circostanze queste ultime non ravvisabili nel caso in esame.

11. Anche il secondo motivo è infondato.

12. La Sezione Lavoro di questa Corte ha affermato più volte (Cass. n. 281/2016; n. 20719/2013; n. 13955/2014) che, in materia di licenziamento disciplinare, l’immediatezza della contestazione va intesa in senso relativo, dovendosi dare conto delle ragioni che possono cagionare il ritardo, quali il tempo necessario per l’accertamento dei fatti o la complessità della struttura organizzativa dell’impresa, fermo restando che la valutazione delle suddette circostanze è riservata al giudice di merito.

13. Nel caso in esame, quindi, deve rilevarsi, da un lato, che la Corte territoriale non è incorsa in nessun vizio di violazione o falsa applicazione della L. n. 300 del 1970, art. 7, in quanto ha avuto riguardo al momento in cui il datore di lavoro ha scoperto il fatto, avendone certezza, e non al momento della sua commissione aderendo, quindi, ad una esegesi della norma in termini relativi conformemente al principio sopra enunciato. Infatti, il giudice di secondo grado ha dato atto che la società già dall’ottobre 2007, data dell’invio alla C. di un questionario, aveva compiuto una approfondita indagine interna e che nell’ottobre 2008 erano stati inviati anche elementi a discolpa dalla dipendente. Ne consegue che Poste Italiane spa aveva avuto già tutti gli elementi sufficienti per avviare formalmente il procedimento disciplinare, con la conseguenza che la contestazione disciplinare del 26/29 ottobre 2009 appare palesemente tardiva.

14. Dall’altro deve osservarsi che, nel giudizio di cassazione, è precluso l’accertamento dei fatti ovvero la loro valutazione ai fini istruttori, tanto più a seguito della modifica dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, (applicabile alla presente pronuncia emessa il 5.6.2013) che consente il sindacato sulla motivazione limitatamente alla rilevazione dell’omesso esame di un fatto decisivo e discusso dalle parti per cui, anche riguardo a tale profilo, le censure della società relative ad una sua eventuale riserva di agire in via disciplinare ovvero alla circostanza che sarebbe stata la lavoratrice a chiedere di attendere l’esito del giudizio penale per avviare il procedimento disciplinare, non possono trovare ingresso in questa sede riguardando una diversa valutazione probatoria rispetto a quanto già accertato nelle fasi di merito.

15. Al rigetto del ricorso segue la condanna di Poste Italiane spa al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità.

16. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, nel testo risultante dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, deve provvedersi, ricorrendone i presupposti, come da dispositivo.

PQM

La Corte, rigetta il ricorso. Condanna Poste Italiane spa, in persona del legale rapp.te pt, al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità che liquida in complessivi Euro 4.100,00 di cui Euro 100,00 per esborsi, Euro 4.000,00 per compensi professionali, oltre spese generali nella misura del 15%, iva e cpa. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, nel testo risultante dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, la Corte dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 24 novembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 16 febbraio 2017

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