Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4115 del 20/02/2014


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 4115 Anno 2014
Presidente: CICALA MARIO
Relatore: DI BLASI ANTONINO

Criterio
accertamento.

ORDINANZA

(5/

sul ricorso proposto da:
AGENZIA DELLE

ENTRATE,

in persona del

legale

rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa
dall’Avvocatura Generale dello Stato, nei cui uffici è
domiciliata, in Roma Via dei Portoghesi, 12 RICORRENTE
CONTRO
RDB SPA con sede a Pontenure, in persona del legale
rappresentante pro tempore,

INTIMATA

AVVERSO
la sentenza n.1176/01/2010 della Commissione Tributaria
Centrale di Bologna – Collegio n. 01, in data
22.09.2010, depositata il 24 settembre 2010;
Udita la relazione della causa svolta nella Camera di
Consiglio del 23 gennaio 2014, dal Relatore Dott.
Antonino Di Blasi;

Data pubblicazione: 20/02/2014

Non è presente il P.M.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO e MOTIVI DELLA DECISIONE
Nel ricorso iscritto a R.G. n.27455/2011 è stata
depositata in cancelleria la seguente relazione:
chiesta la cassazione della

– E’

sentenza

n.1176/01/2010, pronunziata dalla C.T.C. di Bologna
Collegio

n.01,

il

22.09.2010

DEPOSITATA

e

il

24.09.2010.
Con tale decisione, la C.T.C. ha respinto il ricorso
dell’Amministrazione Finanziaria e confermato quella di
appello, che aveva annullato in toto l’accertamento,
relativo al maggior reddito, ai fini IRPEG ed ILOR per
l’anno 1978, ritenendo insussistenti i presupposti
impositivi.
L’Agenzia Entrate, censura l’impugnata decisione, sulla
base di cinque mezzi.
2) L’intimata contribuente, non ha svolto difese in
questa sede.
3) Le questioni poste dal ricorso, sembra, si possano
esaminare e definire sulla base di principi, espressi
da consolidato orientamento giurisprudenziale.
principi

3 bis)E’ stato, in vero, affermato che “I
relativi
che viene

alla determinazione del valore di un bene
trasferito

sono

diversi

dell’imposta che si deve applicare,
2

a

sicche’

seconda
quando

l

si discute di imposta di registro si ha riguardo al
valore di mercato del bene, mentre quando si discute di
una plusvalenza realizzata nell’ambito di un
impresa occorre verificare la differenza realizzata

Cio’ premesso (anche considerando che, in tema di
accertamento, ai fini irpef, delle plusvalenze
realizzate a seguito di trasferimento di azienda,
il valore dell’avviamento resosi definitivo ai fini
dell’imposta di registro, assume carattere vincolante
per l’amministrazione finanziaria), l’indicazione,
nel bilancio

di

societa’, di un’entrata

una

bene,

derivante dalla vendita di un

inferiore

rispetto a quella accertata ai fini dell’imposta di
legittima

registro,

di per se’ l’amministrazione a

procedere ad accertamento
integrazione

o

imposizione,

mentre

induttivo

della relativa

correzione
spetta

mediante

al

contribuente

che

deduca l’inesattezza di una tale correzione di
superare la presunzione di corrispondenza del prezzo
incassato rispetto al valore di mercato, dimostrando
(anche con il ricorso ad elementi indiziari) di avere
in concreto venduto proprio al prezzo (inferiore)
indicato
abilitato

in bilancio;
dalla

Peraltro
legge
3

ad

l’Ufficio,
avvalersi

di

tra il prezzo di acquisto e il prezzo di cessione;

presunzioni,

puo’

anche

utilizzare

una

seconda

volta gli stessi elementi probatori gia’ utilizzati
in precedenza e idonei secondo l’ordinamento a provare
il fatto posto a base dell’accertamento”

(Cass.

3 ter) E’ stato, altresì, deciso (Cass. n.7690/2003,
n.24443/2005,

n.24973/2006)

che

“In

tema

di

accertamento dei redditi, l’indennita’ suppletiva di
clientela,

prevista

dagli

accordi economici

collettivi che disciplinano i rapporti di agenzia e
di rappresentanza commerciale – in quanto connotata
dall’incertezza dell’obbligo del preponente alla sua
corresponsione – costituisce, in pendenza del
rapporto

di agenzia,

un

costo

meramente

eventuale sia nell'”an” che nel “quantum”. Ne
consegue che tale indennita’ non e’ accantonabile
fiscalmente e, quindi, non e’ deducibile dal
reddito d’impresa ai sensi dell’art. 70 del d.P.R.
22 dicembre 1986, n. 917, manifestando invece la
qualita’

di componente negativo deducibile solo

nell’esercizio

in

cui

corrisposta, secondo il generale
dall’art.

75,

primo

comma,

venga

concretamente

principio sancito
secondo periodo, del

citato d.P.R. n. 917 del 1986″.
3 quater) E’ stato, ancora, deciso (Cass. n.1650/1998)
4

n.19548/2005, n.16700/2005, n.4057/2007, n.1333/2010).

che “In

tema

di imposte sui redditi, ai sensi

dell’art. 58 del d.P.R. 29 settembre

1973

n.

597,

gli interessi passivi sono deducibili se sostenuti
nell’esercizio di impresa e se si riferiscono ad

concorrono a formare il reddito d’impresa, non
essendo sufficiente che tali interessi si riferiscano
ad acquisizione di capitali da parte dell’impresa
e siano stati da questa corrisposti, occorrendo
dimostrare le ragioni giustificative delle relative
operazioni di finanziamento e il concreto impiego
delle somme conseguite in attivita’ produttive di quel
reddito. Ne’ puo’ ritenersi alternativamente
applicabile la disposizione dell’art.
del

d.P.R.

deducibilita’
passivi

10

lett.

n. 597 del 1973, relativa

c)
alla

dal reddito complessivo di interessi
poiche’

documentati,

la deducibilita’

afferente gli interessi relativi al reddito di
impresa e’ espressamente regolata dall’art. 58, ultimo
comma, del citato d.P.R.”.
Va, infine, evidenziato che per generale principio, nel
sistema tributario, ogni anno fiscale mantiene la
propria autonomia rispetto agli altri e comporta la
costituzione, tra contribuente e fisco, di un rapporto
giuridico distinto rispetto a quelli relativi agli anni
5

attivita’ o operazioni da cui derivano ricavi che

precedenti e successivi, con la conseguenza che gli
importi certi e/o agevolmente determinabili,
afferiscono, normalmente, all’esercizio in cui le
relative operazioni sono state compiute.

richiamati principi e giustifica le formulate
doglianze, per cui si propone, ai sensi degli artt. 375
e 380 bis cpc, la trattazione in camera di consiglio e
la definizione del ricorso, con il relativo
accoglimento, per manifesta fondatezza.
Il Consigliere relatore Antonino Di Blasi.
La Corte,
Vista la relazione, il ricorso e gli altri atti di
causa;
Considerato che alla stregua delle considerazioni
svolte in relazione e dei richiamati principi, che il
Collegio condivide, il ricorso va accolto;
Considerato che il Giudice del rinvio, che si designa
in altra sezione della CTR dell’Emilia Romagna,
procederà al riesame e, quindi, adeguandosi ai
richiamati principi, deciderà nel merito, ed anche
sulle spese del presente giudizio, offrendo congrua
motivazione;
Visti gli artt.375 e 380 bis cpc;
P.Q.M.
6

4) – La decisione impugnata fa malgoverno dei

accoglie il ricorso, cassa l’impugnata decisione e
rinvia ad altra sezione della CTR dell’Emilia Romagna.
Così deciso in Roma il 23 gennaio 2014

Il P esidente

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