Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4114 del 18/02/2011

Cassazione civile sez. lav., 18/02/2011, (ud. 30/11/2010, dep. 18/02/2011), n.4114

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BATTIMIELLO Bruno – Presidente –

Dott. LA TERZA Maura – Consigliere –

Dott. TOFFOLI Saverio – Consigliere –

Dott. MAMMONE Giovanni – rel. Consigliere –

Dott. ZAPPIA Pietro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 27132-2009 proposto da:

C.R., elettivamente domiciliato in Roma presso la

Cancelleria della Corte di cassazione, rappresentato e difeso

dall’avv. Randazzo Giovanni, per procura a margine del ricorso per

cassazione;

– ricorrente –

contro

F.S.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 1134/2008 della Corte d’appello di Catanzaro,

depositata in data 26/11/2008;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

30.11.2010 dal Consigliere dott. Giovanni Mammone;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale dott.

Fedeli Massimo.

Fatto

RITENUTO IN FATTO E DIRITTO

Con ricorso al giudice del lavoro di Siracusa, F.S., premesso di essere stato dipendente dell’agenzia immobiliare Mondialcasa di C.R. dal 21.10.97 al 20.4.02, chiedeva la condanna di costui al pagamento di Euro 87.602,00 per differenze retributive maturate in proprio favore in base al CCNL Commercio e Terziario, nella specie applicabile.

Contestata dal C. l’esistenza di un rapporto di lavoro subordinato ed accertata l’esistenza del rapporto, il giudice condannava il convenuto al pagamento delle differenze retributive dovute, pari ad Euro 57.217,63 oltre accessori.

Proposto appello dal C., la Corte d’appello di Catania rigettava l’impugnazione, ritenendo corretto l’accertamento del primo giudice, basato sulle dichiarazioni dei testimoni escussi in istruttoria.

Ricorreva per cassazione il soccombente C. deducendo vizio di motivazione circa gli elementi istruttori dimostranti la sussistenza del requisito della subordinazione. In particolare contestava la correttezza giuridica e la coerenza logico-formale della decisione in relazione alle risultanze probatorie delle dichiarazioni rese dai testimoni, sottolineando, tra l’altro, l’inesistenza di uno dei testi escussi (tale Ca.), del quale pure erano state considerate in motivazione le dichiarazioni.

Non svolgeva attività difensiva il F..

Il Consigliere relatore ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c. ha depositato relazione, che è stata comunicata al Procuratore generale e notificata ai difensori costituiti.

C. ha depositato memoria.

Il ricorrente contesta la motivazione in punto di affermazione del carattere subordinato della prestazione del F., sottolineando la contraddittorietà della valutazione delle testimonianze assunte agli atti, altresì evidenziando la mancata escussione di un teste a nome Ca., da cui la Corte di merito avrebbe tratto elementi di convincimento.

Quanto all’inesistenza del teste Ca., deve rilevarsi che il giudice fa in più parti riferimento ai “testi” ed alle loro “concordi” dichiarazioni, il che fa supporre che l’identificazione di uno di essi con il nome Ca. sia frutto di mero errore materiale, come ora riconosciuto del resto nella memoria dalla stessa parte.

In ogni caso, in relazione alla formulazione del ricorso, il Collegio condivide il rilievo formulato nella relazione ex art. 380 bis, che comunque sarebbe stato onere del ricorrente ricostruire, in ossequio al requisito dell’autosufficienza, l’intero contenuto delle dichiarazioni rese dai testi al fine di consentire al Collegio di legittimità di prendere in considerazione l’esistenza e la eventuale rilevanza dell’errore compiuto dal giudice di merito.

Quanto al contenuto del ricorso in generale, deve rilevarsi che parte ricorrente contesta l’accertamento del rapporto e la sua qualificazione come subordinato non per vizio di legittimità, in quanto non solleva alcuna specifica questione di diritto al riguardo, ma solo per pretesi vizi motivazionali.

La valutazione di merito del giudice di appello è, tuttavia, congruamente argomentata e logicamente articolata sulla base delle risultanze probatorie basate sulle dichiarazioni di più testi – a prescindere dalle valutazioni a proposito del teste Ca. – il che rende inammissibili le censure del ricorrente, che attengono al merito del procedimento che non può, invece, essere oggetto di riesame da parte di questa Corte.

Il ricorso è, dunque, infondato e deve essere rigettato.

Nulla deve statuirsi per le spese, non avendo l’intimato svolto attività difensiva.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Nulla per le spese.

Così deciso in Roma, il 30 novembre 2010.

Depositato in Cancelleria il 18 febbraio 2011

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