Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 41137 del 22/12/2021

Cassazione civile sez. trib., 22/12/2021, (ud. 15/09/2021, dep. 22/12/2021), n.41137

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIRGILIO Biagio – Presidente –

Dott. FUOCHI TINARELLI Giuseppe – Consigliere –

Dott. PERRINO Angel – Maria –

Dott. CATALLOZZI Paolo – Consigliere –

Dott. LEUZZI Salvatore – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 6970/2014 proposto da:

Agenzia Delle Entrate, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliata in Roma Via Dei Portoghesi 12, Avvocatura

Generale Dello Stato che la rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

Equitalia Centro Spa, in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in Roma Via delle Quattro Fontane

161, presso lo studio dell’avvocato Ricci Sante, rappresentata e

difesa dagli avvocati Cimetti Maurizo e Parente Giuseppe, giusta

procura a margine;

– resistente –

e contro

T.A., elettivamente domiciliato in Roma Viale G. Mazzini

9-11 presso lo studio dell’avvocato Salvini Livia che lo rappresenta

e difende unitamente all’avvocato Castaldi Laura e De Renzis Sonnino

Nicola Leone, giusta procura a margine;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 2/2013 della COMM.TRIB.REG.SARDEGNA SEZ.DIST.

di SASSARI, depositata il 25/01/2013;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

15/09/2021 dal consigliere Dott. LEUZZI SALVATORE;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

Basile Tommaso, che ha concluso per il rigetto;

udito per il ricorrente l’avvocato Peluso Alfonso che ha chiesto

l’accoglimento;

udito per il controricorrente l’avvocato Salvini Livia che ha chiesto

il rigetto, in subordine remissione alla Corte Costituzionale.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

T.A., dottore commercialista, impugnava la cartella di pagamento basata un su avviso di accertamento per recupero importi IVA e IIDD, emesso nei suoi confronti e non impugnato.

E’ stata dedotta essenzialmente l’omessa notifica dell’avviso in parola, asseritamente mai ricevuta.

In effetti, il commercialista ha documentato d’aver comunicato all’anagrafe il trasferimento in data 17.11.2008; la notifica è avvenuta il 19.12.2008 presso la vecchia residenza, oramai riconducibile alla sola moglie separata. Il perfezionamento formale della variazione anagrafica a cura del funzionario comunale si è concretizzata in data 22.12.2008.

La CTP di Sassari respingeva il ricorso del contribuente. La CTR della Sardegna ne accoglieva, invece, il successivo gravame.

L’Agenzia affida il proprio ricorso per cassazione a due motivi. Il contribuente resiste con controricorso, illustrato con memoria.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo di ricorso l’Agenzia assume la violazione, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 60, comma 1, lett. b-bis e comma 3, per avere la CTR trascurato che il perfezionamento della variazione anagrafica riguardante la residenza del contribuente reca una data, il 22.12.2008, posteriore alla notifica contestata dell’avviso di accertamento.

Con il secondo motivo di ricorso si censura la violazione dell’art. 2730 e ss. c.c. e l’omessa considerazione di un fatto decisivo e controverso per il giudizio, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, per avere la CTR trascurato la circostanza della valorizzazione, proprio ad opera del contribuente, nelle dichiarazioni dei redditi successive dell’indirizzo presso il quale risulta eseguita la contestata notifica.

Il primo motivo è infondato, con assorbimento del secondo.

La notifica è stata sanzionata di nullità in quanto intempestivamente avvenuta al vecchio indirizzo del contribuente una volta decorso il termine di trenta giorni dalla variazione anagrafica.

Il D.P.R. n. 600 del 1973, art. 60, comma 1, lett. c), nella versione ratione temporis applicabile, prevede che la notificazione debba effettuarsi nel domicilio fiscale del destinatario, mentre il successivo comma 3 della norma soggiunge che le variazioni e le modificazioni dell’indirizzo abbiano efficacia dal trentesimo giorno successivo a quello della “avvenuta variazione anagrafica”.

Il riferimento all’avvenuta variazione va inteso come coincidente con il giorno della comunicazione della variazione d’indirizzo a cura del contribuente. E’ tale comunicazione a scandire l’avvio del decorso del termine mensile, non rilevando il successivo perfezionamento formale dell’iscrizione anagrafica.

Depongono in tal senso convergenti ragioni d’ordine sistematico. E’ innanzitutto implausibile che la norma dell’art. 60 colleghi il decorso di un termine dilatorio ad un atto (e a un momento) intrinsecamente volubile e pressoché inconoscibile, sia da parte del contribuente che dell’amministrazione, qual è l’adempimento burocratico dell’annotazione della variazione anagrafica ad opera del funzionario comunale deputato a provvedervi.

Inoltre, nell’economia del sistema, i trenta giorni indicati dalla norma conservano una funzione apprezzabile nella misura in cui valgono a consentire all’Amministrazione di beneficiare di un perimetro temporale adeguato ai fini dell’effettuazione della notifica di un atto al vecchio indirizzo del soggetto che ne è il destinatario e che pure ha comunicato d’essersi trasferito.

I trenta giorni “utili” smarriscono, viceversa, ogni ragionevole giustificazione se agganciati al perfezionamento della formale iscrizione, posto che da quel momento in avanti la notificazione non v’e’ motivo non avvenga, fino a una nuova – e a quel punto solo ipotetica – variazione, all’indirizzo corrispondente alla residenza della persona fisica, non solo comunicata (quindi conosciuta o conoscibile), ma addirittura formalizzata (quindi messa a registro).

Un ulteriore tempo “supplementare” atto a permettere all’Amministrazione di recuperare a fini notificatori il vecchio indirizzo non troverebbe alcun equilibrato fondamento razionale, non rispondendo a nessuna necessità funzionale. In effetti, l’onere del contribuente è quello di dare comunicazione della variazione o modificazione dell’indirizzo, secondo lo specifico ordinamento che la disciplina, e nella specie detto onere risulta pacificamente assolto. Il fatto, dunque, che la norma preveda che la variazione spieghi effetto nei confronti dell’Ufficio finanziario solo una volta decorsi i successivi trenta giorni si giustifica unicamente in un’ottica di tutela, in un orizzonte di equo contemperamento delle esigenze di certezza dei rapporti giuridici, tanto dell’Ufficio notificante, quanto del contribuente destinatario della notifica.

Se il termine di trenta giorni per procedere alla notifica al vecchio indirizzo fosse fatto decorrere dall’annotazione risulterebbe assolutamente incerto e malfermo il dies a quo di efficacia della nuova residenza dal quale computare il termine di trenta giorni dell’art. 60, termine che si legherebbe ad una data variabile, oltre che difficilmente conoscibile, tanto per il contribuente che per l’amministrazione, non essendo prevista, del resto, alcuna rituale comunicazione ai soggetti interessati dell’adempimento conclusivo rappresentato dall’iscrizione. In questo quadro, la comunicazione della variazione ha senz’altro un’efficacia immediata, ma è solo una volta spirato il termine “mensile” che il nuovo indirizzo spiega a tutti gli effetti la propria efficacia ai fini notificatori anche nei confronti dell’Amministrazione finanziaria. In altri termini, una volta adempiuta la comunicazione, il contribuente è consapevole che nei successivi trenta giorni è esposto ancora a ricevere la notifica anche al precedente indirizzo, ma è altresì edotto che una volta trascorsi quei trenta giorni il nuovo indirizzo produrrà i propri effetti anche nei confronti degli Uffici finanziari e che ai fini notificatori il pregresso indirizzo diventerà inservibile, presupponendosi che entro quel lasso cospicuo di tempo gli uffici dell’anagrafe abbiano adempiuto agli oneri di annotazione nei propri registri e di pubblicità verso terzi della nuova residenza del contribuente.

E’ infondato anche il secondo motivo di ricorso.

L’indicazione di un indirizzo in una dichiarazione fiscale, successiva all’effettivo trasferimento, non può incidere sul perfezionamento di una notifica effettuata in precedenza.

Come questa Corte (Cass. n. 17109 del 2014, Cass. n. 4997 del 2001) ha avuto occasione di affermare, dal combinato disposto del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 58, comma 2, primo periodo (“le persone fisiche residenti nel territorio dello Stato hanno il domicilio fiscale nel comune nella cui anagrafe sono iscritte”), e art. 60, comma 3, primo periodo, (“le variazioni e le modificazioni dell’indirizzo non risultanti dalla dichiarazione annuale hanno effetto, ai fini delle notificazioni, dal sessantesimo giorno successivo a quello dell’intervenuta variazione anagrafica”), discende che, agli effetti dell’applicazione delle imposte sui redditi, il contribuente-persona fisica, in ipotesi di mera variazione o modificazione dell’indirizzo del suo domicilio fiscale non è assoggettato – a differenza delle persone giuridiche, società od enti privi di personalità giuridica (art. 60, comma 3, secondo e terzo periodo) – ad alcuno specifico onere della relativa comunicazione all’ufficio tributario competente, in quanto è la stessa legge ad attribuire efficacia, ai fini delle notificazioni di cui all’art. 60, comma 1, alla intervenuta variazione anagrafica dopo il decorso di un termine dilatorio, stabilito, con ogni evidenza, a favore degli uffici tributari che debbano eseguire una delle notificazioni stesse (v. anche Cass. n. 12310 del 2006).

Le spese del giudizio vanno compensate in ragione della novità della questione.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso; compensa tra le parti le spese del giudizio.

Così deciso in Roma, il 15 settembre 2021.

Depositato in Cancelleria il 22 dicembre 2021

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