Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4103 del 09/02/2022

Cassazione civile sez. VI, 09/02/2022, (ud. 11/01/2022, dep. 09/02/2022), n.4103

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DORONZO Adriana – rel. Presidente –

Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – Consigliere –

Dott. CINQUE Guglielmo – Consigliere –

Dott. BOGHETICH Elena – Consigliere –

Dott. FEDELE Ileana – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 3291-2021 proposto da:

INPS, – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona del

Direttore pro tempore, in proprio e quale procuratore speciale della

Società di Cartolarizzazione dei Crediti INPS (SCCI) SPA,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso

l’AVVOCATURA CENTRALE DELL’ISTITUTO, rappresentato e difeso dagli

avvocati ANTONIETTA CORETTI, CARLA D’ALOISIO, ANTONINO SGROI, LELIO

MARITATO, EMANUELE DE ROSE;

– ricorrente –

contro

M.A., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CASSIODORO

1/A, presso lo studio dell’avvocato MARCO ANNECCHINO, rappresentato

e difeso dall’avvocato CARLO MORACE;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 291/2020 della CORTE D’APPELLO di SALERNO,

depositata il 21/07/2020;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata dell’11/01/2022 dal Presidente Relatore Dott. ADRIANA

DORONZO.

 

Fatto

RILEVATO

che:

la Corte d’appello di Salerno, con sentenza depositata in data 21 luglio 2020, ha rigettato l’appello proposto dall’Inps contro la sentenza del tribunale che, in accoglimento del ricorso di M.A., aveva annullato l’avviso di addebito per il pagamento dei contributi dovuti da quest’ultimo alla gestione separata per i liberi professionisti relativi all’anno indicato in ricorso.

A fondamento del decisum, la Corte d’appello ha ritenuto che il credito previdenziale fosse prescritto perché, rispetto al termine fissato per il pagamento dei contributi relativi all’anno 2011 al 9 luglio 2012 (giusta D.P.C.M. 6 giugno 2012 che aveva prorogato il termine iniziale), la richiesta dell’Inps pervenuta a conoscenza del ricorrente il 30/8/17 si collocava dopo il decorso del quinquennio.

Ha poi escluso che la mancata compilazione della dichiarazione dei redditi nella parte relativa ai proventi della attività (quadro RR del modello) potesse dar luogo ad un’ipotesi di sospensione della prescrizione per occultamento doloso del debito (art. 2941 c.c., n. 8).

Contro la sentenza l’INPS propone ricorso per cassazione sulla base di un unico motivo; resiste con controricorso il M..

La proposta del relatore è stata depositata ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c. ed è stata ritualmente comunicata alle parti unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio.

Diritto

CONSIDERATO

che:

con l’unico motivo, formulato ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, si censura la sentenza per violazione dell’art. 2935 c.c. e art. 2941 c.c., n. 8, in relazione alla L. n. 335 del 1995, art. 2, comma 26 ss., al D.L. n. 98 del 2011, art. 18, comma 12, convertito con modificazioni nella L. n. 111 del 2011, al D.Lgs. n. 462 del 1997, art. 1 e al D.Lgs. n. 241 del 1997, art. 10, comma 1.

L’Inps assume che la Corte di appello sarebbe incorsa in errore di diritto, per non aver ritenuto sussistente una ipotesi di sospensione del termine di prescrizione a causa della mancata esposizione, all’interno della dichiarazione dei redditi, degli obblighi contributivi relativi alla gestione separata e connessi al lavoro autonomo, richiamando alcuni precedenti di questa Corte (Cass., n. 6677 del 2019; Cass., n. 16986 del 2019).

Il motivo è infondato.

Con riguardo alla violazione dell’art. 2941 c.c., n. 8, la Corte territoriale non è incorsa in alcuna violazione di legge ma, richiamando un consolidato orientamento giurisprudenziale (Cass. n. 16.038/2019), e, quindi, esattamente interpretando e applicando le norme di legge, ha ritenuto che l’impossibilità di far valere il diritto, alla quale l’art. 2935 c.c. attribuisce rilevanza di fatto impeditivo della decorrenza della prescrizione, è solo quella che deriva da cause giuridiche che ne ostacolino l’esercizio e non comprende anche gli impedimenti soggettivi o gli ostacoli di mero fatto, per i quali il successivo art. 2941 c.c. prevede solo specifiche e tassative ipotesi di sospensione, tra le quali, salva l’ipotesi di dolo prevista dal n. 8 del citato articolo, non rientra l’ignoranza, da parte del titolare, del fatto generatore del suo diritto, il dubbio soggettivo sull’esistenza di tale diritto, né il ritardo indotto dalla necessità del suo accertamento.

Ha poi proceduto ad un accertamento tipicamente fattuale, escludendo che la mancata compilazione del riquadro RR del modello della dichiarazione dei redditi costituisca, nella specie, una condotta intenzionalmente orientata ad occultare il preteso debito contributivo: al riguardo ha rilevato che lo stesso Inps aveva affermato di aver avuto notizia dei redditi in questione proprio dalla dichiarazione dei redditi presentati dalla stessa parte (pag. 4 della sentenza), e che tale condotta era evidentemente incompatibile con una preordinata volontà evasiva o elusiva degli obblighi di legge.

Si è dunque di fronte ad un apprezzamento fattuale non adeguatamente censurato sotto il profilo del vizio motivazionale ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 nei ristretti limiti in cui esso può oggi essere dedotto (v. Cass., S.U. n. 5083 del 2014).

In realtà, l’Inps pretende di stabilire un automatismo tra la mancata compilazione del quadro RR nella dichiarazione dei redditi e l’occultamento doloso del debito contributivo, espressamente escluso invece dalla giurisprudenza dallo stesso istituto richiamata (Cass. n. 6677 del 2019; Cass. n. 7254 del 2021; Cass. 35468/2021).

Il ricorso deve pertanto essere rigettato e l’Inps deve essere condannato al pagamento delle spese del presente giudizio. Sussistono i presupposti processuali per il versamento di un importo pari a quello già dovuto a titolo di contributo unificato.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento, in favore del controricorrente di Euro 1500 a titolo di compensi professionali e Euro 200 a titolo di spese, oltre al rimborso forfettario nella misura del 15% per spese generali e altri accessori di legge.

Ai sensi del D.Lgs. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 11 gennaio 2022.

Depositato in Cancelleria il 9 febbraio 2022

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