Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4102 del 16/02/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 16/02/2017, (ud. 09/12/2016, dep.16/02/2017),  n. 4102

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. RAGONESI Vittorio – Presidente –

Dott. GENOVESE Francesco Antonio – rel. Consigliere –

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Consigliere –

Dott. BISOGNI Giacinto – Consigliere –

Dott. ACIERNO Maria – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 26215-2015 proposto da:

EDILCOMPANY 92 SRL, in persona dell’amministratore unico,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA V. VENETO 7, presso lo studio

dell’avvocato BRUNO, rappresentata e difesa dall’avvocato ALFIO

D’URSO giusta procura speciale in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

ELLE HOTELS SRL, in liquidazione in persona del legale rappresentante

pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA COLA DI RIENZO

217, presso lo studio dell’avvocato MARIA CHIARAMONTE, rappresentata

e difesa dagli avvocati IVAN ANTONIO ANDREA CHIARAMONTE, DOMENICO

GIOVANNI FABIANO giusta procura speciale a margine del

controricorso;

– controricorrente –

e contro

FALLIMENTO della (OMISSIS) ((OMISSIS)) SRL, in persona del Curatore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA ORAZIO 31, presso lo studio

dell’avvocato MARCO MATTEI, rappresentato e difeso dall’avvocato

GIUSEPPE AUGELLO giusta procura a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1312/2015 della CORTE D’APPELLO di CATANIA del

6/07/2015, depositata il 28/07/2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

09/12/2016 dal Consigliere Relatore Dott. FRANCESCO ANTONIO

GENOVESE.

Fatto

FATTO E DIRITTO

Ritenuto che il consigliere designato ha depositato, in data 20 luglio 2015, la seguente proposta di definizione, ai sensi dell’art. 380-bis cod. proc. civ.:

“Con sentenza in data 28 luglio 2015, la Corte d’Appello di Catania, ha parzialmente accolto l’impugnazione proposta dal Fallimento della (OMISSIS) srl (ovvero, il Fallimento) avverso la sentenza di prime cure con la quale il Tribunale di quella stessa città aveva accolto solo l’azione revocatoria fallimentare (proposta, ai sensi dell’art. 67 L.Fall., dalla Curatela del Fallimento nei confronti della società Elle Hotels srl), ma non anche l’azione revocatoria ordinaria nei confronti della sub acquirente di Elle H. srl, la Edilcompany 92 srl, condannando – in sede di gravame quest’ultima, previa declaratoria di inefficacia dell’acquisto degli immobili da parte della società Elle H. srl, nei confronti della massa dei debitori della società, alla loro restituzione, oltre alle spese processuali.

Secondo la Corte territoriale vi erano plurimi elementi, agevolmente conoscibili con ordinaria diligenza, a testimoniare della mala fede della sub acquirente (il fallimento della originaria dante causa in epoca anteriore alla seconda compravendita; il ristrettissimo arco di tempo tra le due vendite; le modalità di pagamento del corrispettivo, eseguito solo in piccolissima misura in contanti; i gravami esistenti sui beni; la viltà del prezzo pagato; ecc.), divenuta prova conclamata, sulla base delle risultanze del giudizio penale a carico degli amministratori di diritto e di fatto delle due società, condannati dal tribunale penale per bancarotta fraudolenta anche in rapporto alla preordinata sottrazione degli immobili alla garanzia patrimoniale dei creditori sociali della fallita.

Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione la sub acquirente Edilcompany 92 srl, con atto notificato il 26 ottobre 2015, sulla base di un unico articolato motivo, con il quale lamenta insufficiente motivazione e violazione e falsa applicazione dell’art. 2901 c.c. nonchè artt. 66 e 67 L. Fall..

La Curatela e la società acquirente Elle hanno resistito con controricorso.

Il ricorso appare manifestamente inammissibile, in quanto il ragionamento svolto dal ricorrente, con i due profili dell’unico mezzo, mira alla sostanziale ripetizione del giudizio di merito, attraverso il riesame di elementi, atti e documenti oggetto di apprezzamento nella fase anteriore alla presente che, con riferimento alle sentenze (come quella oggetto del presente giudizio) pubblicate oltre il termine di trenta giorni successivo all’entrata in vigore della legge n. 134 del 2012 (che ha convertito il D.L. n. 83 del 2012), s’infrangono sul diverso tenore della previsione processuale (al di là delle formulazioni recate dal ricorso) sostanzialmente invocata (ossia, l’art. 360 c.p.c., n. 5), ormai così chiarita dalle SU civili (nella Sentenza n. 8053 del 2014): la riformulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, disposta dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, conv. in L. 7 agosto 2012, n. 134, deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 delle preleggi, come riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato di legittimità sulla motivazione. Pertanto, è denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sè, purchè il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione (anomalie, le uniche ammissibili nel vigente giudizio di cassazione, dove non trova più spazio una presunta “insufficienza della motivazione”, peraltro neppure riscontrabile in concreto).

Il ricorso appare inammissibile anche in ordine alla seconda parte, là dove si duole della cattiva interpretazione delle invocate disposizioni, dal giudice distrettuale, il quale invece ne ha fatto buon uso ritenendo la prova della mala fede, a carico del curatore fallimentare (seguendo il principio di diritto posto da questa Corte (Sez. 3, Sentenza n. 18370 del 2010) secondo cui il curatore fallimentare che abbia convenuto in giudizio i1 creditore ipotecario dell’acquirente del bene alienato dal fallito, non può giovarsi dell’inversione dell’onere della prova ai sensi dell’art. 67 L. Fall. ma è tenuto a dimostrare la malafede dl predetto creditore, in qualità di terzo subacquirente, secondo le regole dell’onere della prova dell’azione revocatoria ordinaria), pienamente raggiunta sulla base del ragionamento fattuale sinteticamente sopra riportato.

In conclusione, si deve disporre il giudizio camerale ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c. e art. 375 c.p.c., n. 1″.

Considerato che il Collegio condivide la proposta di definizione della controversia contenuta nella relazione (sopra riportata), alla quale sono state mosse, nel silenzio della ricorrente, solo osservazioni sostanzialmente adesive, da parte della Curatela resistente;

che, perciò, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, in applicazione dei richiamati ed enunciati principi di diritto;

che, alla inammissibilità del ricorso, consegue la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali di questa fase, in favore di ciascuna delle due parti resistenti, liquidate come da dispositivo, oltre che il raddoppio del contributo unificato.

PQM

La Corte,

Respinge il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese di questa fase del giudizio, che liquida – in favore di ciascuna parte resistente – in complessivi Euro 3.100,00, di cui Euro 100,00 per esborsi, oltre alle spese generali ed agli accessori di legge. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dichiara che sussistono i presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della 6-1 sezione civile della Corte di cassazione, il 9 dicembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 16 febbraio 2017

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