Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4102 del 09/02/2022

Cassazione civile sez. VI, 09/02/2022, (ud. 14/12/2021, dep. 09/02/2022), n.4102

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DORONZO Adriana – Presidente –

Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – Consigliere –

Dott. CINQUE Guglielmo – Consigliere –

Dott. LEO Giuseppina – Consigliere –

Dott. PICCONE Valeria – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 632-2021 proposto da:

CASA DI CURA PRIVATA SANTA CAMILLA SPA, in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE

GORIZIA 14, presso lo studio dell’avvocato CHIARA SABATINI, che la

rappresenta e difende unitamente all’avvocato FRANCO SABATINI;

– ricorrente –

contro

D.P.E., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA

CAVOUR, presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso

dall’avvocato VINCENZO DI LORENZO;

– Controricorrente –

avverso la sentenza n. 256/2020 della CORTE D’APPELLO di L’AQUILA,

depositata il 18/06/2020;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 14/12/2021 dal Consigliere Relatore Doti. VALERIA

PICCONE.

 

Fatto

RILEVATO

Che:

Con sentenza del 18 giugno 2020, la Corte d’Appello di L’Aquila ha confermato la decisione emessa dal Tribunale di Chieti che aveva accolto la domanda proposta da D.P.E. volta ad ottenere l’inquadramento nel livello A3 con condanna della società Casa di cura privata “Santa Camilla” S.p.A., al pagamento, in favore del ricorrente, della somma di Euro 1.562,39 a titolo di differenze retributive, oltre accessori di legge;

in particolare, l’impugnazione della società aveva riguardato l’erronea interpretazione dell’Accordo sindacale del 7 settembre 2013 con la curatela fallimentare con cui la Casa di cura, aggiudicataria del complesso aziendale Villa Pini d’Abruzzo S.r.l. a seguito di asta pubblica esperita nell’ambito della procedura fallimentare, si era assunta l’obbligo di riassumere, entro il 31 dicembre 2014, n. 466 unità lavorative nei profili professionali indicati nell’Allegato 2 dell’accordo stesso;

la Corte ha ritenuto che essendo il D.P. inquadrato (al n. 238) nella posizione A3 con la qualifica di Ausiliario, rientrasse pacificamente nel novero dei dipendenti riassunti dall’appellante con diritto alla conservazione del suddetto inquadramento;

per la cassazione della sentenza propone ricorso Casa di cura Villa Pini S.p.A., affidandolo a due motivi;

resiste, con controricorso, D.P.E.;

e’ stata comunicata alle parti la proposta del giudice relatore unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

Con il primo motivo di ricorso si deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 1362 e ss. c.c.;

in particolare, parte ricorrente allega che il giudice di appello non avrebbe in alcun modo applicato i canoni legali di ermeneutica nell’interpretare l’Accordo sindacale del 7/9/2013, non avendo provveduto ad indagare quale fosse stata la comune intenzione delle parti limitandosi al senso letterale delle parole;

con il secondo motivo si censura ancora la sentenza per violazione e falsa applicazione della disciplina ermeneutica di cui agli artt. 1362 e ss. c.p.c., in combinato disposto con la L. n. 429 del 1990, art. 47, comma 5;

deduce parte ricorrente come la Corte territoriale abbia proceduto ad una erronea ricostruzione della volontà delle parti rispetto anche alla circostanza dell’essere l’accordo medesimo frutto di una trattativa condotta nell’ambito della L. n. 428 del 1990, art. 47 con conseguente esclusione dell’applicazione dell’art. 2112 c.c.;

entrambi i motivi, da esaminarsi congiuntamente per l’intima connessione, non possono trovare accoglimento;

giova evidenziare, al riguardo, che l’interpretazione del regolamento contrattuale è attività riservata al giudice di merito, pertanto sottratta al sindacato di legittimità salvo che per il caso della violazione delle regole legali di ermeneutica contrattuale, la quale, tuttavia, non può dirsi esistente sul semplice rilievo che il giudice di merito abbia scelto una piuttosto) che un’altra tra le molteplici interpretazioni del testo negoziale, sicché, quando di una clausola siano possibili due o più interpretazioni, non è consentito alla parte, che aveva proposto l’interpretazione disattesa dal giudice, dolersi in sede di legittimità del fatto che ne sia stata privilegiata un’altra (sul punto, ex plurimis, Cass. n. 11254 del 10/05/2018);

deve, inoltre sottolinearsi che il richiamo alla comune intenzione delle parti impone di estendere l’indagine ai criteri logici, teleologici sistematici quando il senso letterale è oscuro o incerto ovvero là dove risulti incoerente con indici esterni che rivelano una diversa volontà dei contraenti (Cass. 12568 del 2021) e tale ipotesi non ricorre nel caso di specie;

nella circostanza de qua, invero, la Corte sottolinea come non sia in contestazione il fatto che, ai sensi della L. n. 428 del 1990, art. 47 qualora il trasferimento riguardi grandi imprese nei confronti delle quali vi sia stata dichiarazione di fallimento, ove sia raggiunto l’accordo circa il mantenimento anche parziale dell’occupazione, ai lavoratori il cui rapporto continua con l’acquirente non trova applicazione l’art. 2112 c.c., salvo che dall’accordo risultino condizioni di miglior favore;

non condivisibile ha ritenuto la Corte, tuttavia, la tesi della società secondo cui, tenuto conto del fatto che l’accordo prevedeva la costituzione ex novo di autonomi rapporti di lavoro, del tutto svincolati da quelli precedentemente intrattenuti con Villa Pini D’Abruzzo s.r.l., sarebbero state consentite modificazioni peggiorative del trattamento economico e normativo dei lavoratori riassunti, con conseguente legittimità dell’operato della società appellante;

in particolare, ha sottolineato il giudice territoriale che, come risulta per tabulas, l’accordo del 7/9/2013 prevede che i rapporti di lavoro del personale avente diritto all’assunzione sarebbero stati instaurati “con l’aggiudicatario ex novo, senza alcuna continuità con il rapporto intercorso con la fallita società o con la Curatela fallimentare o con l’affittuario/gestore precario del complesso aziendale. E’ altresì esclusa ogni responsabilità solidale per i crediti, a qualunque titolo maturati al momento del passaggio dei rapporti alla cessionaria medesima o maturandi, trattandosi ad ogni effetto di nuove assunzioni”;

nondimeno, ha correttamente osservato la Corte che al successivo punto 5 è previsto che i lavoratori assunti, ad esclusione dei medici, saranno inquadrati secondo le rispettive qualifiche, così come risultanti dall’Allegato 1;

ciò posto, la Corte ha ritenuto non revocabile in dubbio che la volontà delle parti fosse nel senso che i lavoratori sarebbero stati assunti come individuati e specificati nell’Allegato 1 e fra di essi era indicato il D.P. (n. 238) come inquadrato nella posizione A3 con qualifica di Ausiliario, con diritto, quindi, ad essere mantenuto nel suddetto inquadramento lavorativo senza che venisse in alcun modo in rilievo l’applicabilità dell’art. 2112 c.c., discendendo la conservazione del livello contrattuale da uno specifico impegno assunto con l’acquirente con la clausola 5 dell’Accordo 7/9/2013;

tale valutazione, immune da vizi logici, è incensurabile in sede di legittimità;

alla luce delle suesposte argomentazioni, il ricorso deve essere respinto; le spese seguono la soccombenza e vanno liquidate come in dispositivo;

sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 1-bis, art. 13, comma 1 quater se dovuto.

P.Q.M.

La Corte respinge il ricorso. Condanna la parte ricorrente alla rifusione, in favore della parte controricorrente, delle spese di lite, che liquida in complessivi Euro 2000,00 per compensi e 200,00 per esborsi, oltre spese generali al 15% e accessori di legge. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a eluditi previsto per il ricorso, a norma dell’art. 1-bis, stesso art. 13, se dovuto.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 14 dicembre 2021.

Depositato in Cancelleria il 9 febbraio 2022

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