Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4101 del 02/03/2016


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Civile Sent. Sez. L Num. 4101 Anno 2016
Presidente: MACIOCE LUIGI
Relatore: AMENDOLA FABRIZIO

SENTENZA

sul ricorso 1587-2011 proposto da:
COMAU S.P.A. C.F. 00952120012, in persona del legale
rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata
in ROMA, PIAZZA CAVOUR 19, presso lo STUDIO TOFFOLETTO
DE LUCA TAMAJO, rappresentata e difesa dagli
avvocati RAFFAELE DE LUCA TAMAJO, FRANCO BONAMICO,
2015

DIEGO DIRUTIGLIANO, giusta delega in atti;
– ricorrente –

5041

contro

TARANTINO GIOVANNI C.F. TRNGNN66M03L219S, domiciliato
in ROMA PIAZZA CAVOUR, presso LA CANCELLERIA DELLA

Data pubblicazione: 02/03/2016

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso
dagli

avvocati

BENEDETTO

PELLERITO,

GIUSEPPE

PELLERITO, SILVIO CHIODO, giusta delega in atti;
– controricorrente –

avverso la sentenza n. 364/2010 della CORTE D’APPELLO

udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 17/12/2015 dal Consigliere Dott. FABRIZIO
AMENDOLA;
udito l’Avvocato SALIMBENI MARIA TERESA per delega
Avvocato DE LUCA TAMAJO RAFFAELE;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. TOMMASO BASILE che ha concluso per il
rigetto del ricorso.

di TORINO, depositata il 07/06/2010 R.G.N. 1113/2009;

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Sezione Lavoro

Svolgimento del processo

1.— Il Tribunale di Torino, adito da Giovanni Tarantino, accolse il ricorso da
costui proposto nei confronti della datrice di lavoro COMAU spa volto alla
condanna al pagamento di una somma a titolo di risarcimento del danno in

percipiende se non fosse stato collocato illegittimamente in CIGS sulla base della
comunicazione aziendale del 31 ottobre 2002 in violazione dell’art. 1 della I. n.
223 del 1991.
A seguito di gravame della società, la Corte di Appello di Torino, con sentenza
del 7 giugno 2010, respingeva l’impugnazione.
In sintesi la Corte negava che i commi 7 ed 8 dell’art. 1 della I. n. 223 del
1991 in tema di procedura di concessione della CIGS e di consultazione sindacale
fossero stati abrogati – come sostenuto dalla società – per effetto dell’entrata in
vigore del DPR n. 218 del 10 giugno 2000; osservava dunque che l’azienda, con
la nota di avvio della procedura di cassa integrazione del 31 ottobre 2002, non
aveva ottemperato agli oneri previsti dalla L. n. 223 del 1991, in quanto
comunicazione di tenore generico ed indeterminato; argomentava, infine, che
tale inottemperanza non poteva essere sanata dall’accordo del 18 settembre
2003, atteso che la successiva conclusione non poteva vanificare la già
consumata illegittimità della procedura.

2.— La COMAU Spa Spa ha proposto ricorso per cassazione affidato a cinque
motivi. L’intimato ha resistito con controricorso,i~g~neriti.

Motivi della decisione

3.— I motivi di ricorso possono essere come di seguito sintetizzati:
violazione o falsa applicazione della L. 15 marzo 1997, n. 59, art. 20, in
relazione alla L. n. 223 del 1991, art. 1, ed al d.P.R. n. 218 del 2000, nonché
violazione o falsa applicazione dell’art. 15 preleggi in relazione al rapporto tra il
d.P.R. citato e l’art. 1 della I. n. 223 del 1991, chiedendo alla Corte se la
procedura oggetto di controversia sia da ritenere esclusivamente disciplinata dal

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misura pari al differenziale delle retribuzioni tra quelle percepite e quelle

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Sezione Lavoro

citato d.P.R. n. 218 del 2000, stante la dedotta abrogazione dell’art. 1, commi 7
ed 8, della L. n. 223 del 1991 (primo motivo);
violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c. e dell’art. 2, d.P.R. n.
218/2000, nonché omessa motivazione circa un fatto controverso e decisivo,
chiedendo alla Corte di affermare il principio di diritto per il quale il verbale di

provenendo da una pubblica amministrazione, determina una presunzione di
legittimità della procedura, con inversione dell’onere della prova a carico del
ricorrente (secondo motivo);
violazione e falsa applicazione dell’art. 1, co. 7, I. n. 223 del 1991, dell’art. 5,
co. 4, 5, 6, I. n. 164 del 1975, dell’art. 2, d.P.R. n. 218/2000, in relazione al
contenuto della lettera di apertura della procedura da ritenere esaustivo,
invitando la Corte ad affermare, quali principi di diritto, che le norme indicate
dispongono la comunicazione e l’esame congiunto dei criteri di scelta e delle
modalità di rotazione, senza imporre al datore di lavoro l’indicazione specifica e
dettagliata di informazioni circa le singole posizioni lavorative; che le stesse
norme impongono di valutare la completezza delle informazioni fornite alle
00.SS. sulla base sia della comunicazione che dell’esame congiunto; che i
caratteri della specificità e chiarezza debbono rinvenirsi nei criteri deputati alla
concreta scelta, eventualmente fissati in un accordo; che la valutazione di
legittimità deve essere effettuata in riferimento al concreto esercizio del potere di
scelta attribuito al datore di lavoro nel rispetto dei principi di correttezza, buona
fede, divieto di discriminazione nonché della coerenza con la causa integrabile
(terzo motivo);
violazione e falsa applicazione dell’art. 1, co. 7, I. n. 223 del 1991, dell’art. 5,
co. 4, 5, 6, I. n. 164 del 1975, dell’art. 2, d.P.R. n. 218/2000, nonché omessa
motivazione della sentenza impugnata lamentando che la Corte torinese si sia
limitata ad una astratta valutazione della legittimità della procedura senza
riguardo alla posizione soggettiva del lavoratore collocato in CIGS (quarto
motivo).
violazione e falsa applicazione della L. n. 223 del 1991, art. 1, e del d.P.R. n.
218 del 2000, art. 2, chiedendo alla Corte di affermare il principio di diritto
secondo il quale la stipulazione di un accordo sindacale successivo ai
provvedimenti di sospensione possa legittimamente disciplinare criteri di scelta e
di rotazione in fase di gestione della CIGS; violazione e falsa applicazione degli

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esame congiunto redatto dal Ministero del Lavoro in data 5 dicembre 2002,

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artt. 1362, 1363, 1366 e 1367 c.c. e dell’art. 1375 c.c. in relazione all’accordo
sindacale 18.9.2003 nonché violazione e falsa applicazione dell’art. 1 della I. n.
223 del 1991 per averne negato l’efficacia sanante di eventuali vizi della
procedura (quinto motivo).

questioni, così declinabili nel rispetto del loro gradato ordine logico-giuridico: a)
rapporto tra il d.P.R. 218/2000 e l’art. 1 I. 223/1991„nel senso dell’avvenuta
abrogazione o meno delle disposizioni della seconda legge ad opera di quelle della
prima, con la conseguenza della non necessaria indicazione dei criteri di scelta dei
lavoratori da sospendere e delle modalità della loro rotazione nella comunicazione
di avvio della procedura di CIGS, suscettibile di differimento all’esito dell’esame
congiunto tra imprenditore e oo.ss. della crisi aziendale e delle esigenze di
organizzazione della produzione; b) requisiti di specificità della comunicazione di
richiesta di apertura della procedura, in ordine ai suddetti criteri di scelta dei
lavoratori da sospendere e delle modalità della loro rotazione; c) eventuale
efficacia sanante, in caso di inidoneità dei suddetti requisiti, di accordi sindacali
raggiunti in corso di procedura e dell’attestazione, con verbale di esame
congiunto del Ministero del Lavoro, di regolarità della procedura stessa; d)
verifica concreta della posizione del singolo lavoratore.

5.— La questione sub a) è oggetto del primo motivo di ricorso in premessa
illustrato con il quale, con plurime argomentazioni, nella sostanza si sostiene la
tesi dell’abrogazione della precedente normativa ad opera del d.P.R. n. 218/2000.
L’assunto e le censure che lo sostengono non possono essere condivise.
L’insegnamento di questa Corte è ormai attestato nell’escludere alcuna
incompatibilità tra la normativa regolamentare introdotta con il d.p.r. 10 giugno
2000, n. 218 e le disposizioni della legge 23 luglio 1991 n. 223, limitandosi la
disciplina regolamentare ad imporre all’imprenditore, che intenda chiedere
l’intervento straordinario di integrazione salariale, l’obbligo di dare tempestiva
comunicazione alle organizzazioni sindacali ed attenendo unicamente alla fase
amministrativa di concessione dell’integrazione, senza nulla dire sul contenuto
concreto della comunicazione, né dettando alcuna disciplina in ordine ai criteri di
scelta: senza pertanto incidere sugli obblighi di rilevanza collettiva stabiliti
dall’art. 1, settimo e ottavo comma legge n. 223 citata. E così pure esso è fermo

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4.— I mezzi di impugnazione investono questa Corte dell’esame di quattro

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nel negare che la normativa regolamentare abbia spostato l’informazione sui
criteri di scelta e le modalità della rotazione dal momento iniziale della
comunicazione datoriale di avvio della procedura di integrazione salariale a quello
immediatamente successivo dell’esame congiunto: posto che, così opinando, il
contenuto dell’art. 2 del d.p.r. 218/2000 non soddisferebbe l’esigenza di

l’alleggerimento degli oneri della parte datoriale con la compressione dei diritti
d’informazione spettanti al sindacato, dando luogo ad un sistema di.consultazione
sindacale palesemente inadeguato.
Sicché, in proposito appare sufficiente, per la piena adesione ad esso
prestata, richiamare il seguente principio di diritto, assolutamente consolidato
(così anche da ultimo: Cass. 11 marzo 2015, n. 4886 e, con affermazione ai sensi
dell’art. 360 bis, primo comma c.p.c.: Cass. 9 giugno 2015, n. 11957), secondo
cui: “In tema di scelta dei lavoratori da porre in cassa integrazione guadagni, la
L. n. 223 del 1991, art. 1 prescrive al comma settimo da parte del datore di
lavoro, a seguito della sua ammissione alla cassa integrazione guadagni
straordinaria, la comunicazione alle organizzazioni sindacali dei criteri di scelta
dei lavoratori da sospendere, in base a quanto previsto dalla L. n. 164 del 1975.
Tale disposizione, che pone a carico del datore di lavoro un preciso onere, va
osservata come tutte le restanti disposizioni della suddetta L. n. 223 del 1991,
volte a tutelare, nella gestione della cassa integrazione, i diritti dei singoli
lavoratori e le prerogative delle organizzazioni sindacali, anche dopo l’entrata in
vigore del D.P.R. 10 giugno 2000, n. 218 (contenente norme per la
semplificazione del procedimento per la concessione del trattamento di cassa
integrazione guadagni straordinaria e di integrazione salariale a seguito della
stipula di contratti di solidarietà), atteso che tale disciplina non incide con effetto
abrogativo o modificativo sulle suddette disposizioni ma è volta unicamente a
diversamente regolamentare il procedimento amministrativo, di rilevanza
pubblica, di concessione di integrazione salariale” (Cass. n. 28464 del 2008;
adde: Cass. n. 13240 del 2009; successivamente conformi, Cass. nn. 2155,
2156, 2157, 4151, 4152 del 2011, oltre Cass. nn. 25949, 25229, 25047, 23492,
23491, 23454, 23399, 15879, 15741 del 2014; Cass. nn. 25100, 22540, 22247,
21814 del 2013)”.

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semplificazione del procedimento amministrativo, comportando solo

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Avendo la Corte territoriale deciso la controversia al suo esame applicando un
orientamento più volte espresso dai giudici di legittimità la sentenza d’appello
non è, per questo aspetto, meritevole di censura.

6.—

La seconda questione, relativa ai requisiti di specificità della

motivo, in riferimento al contenuto della lettera 31 ottobre 2002, censurando la
sentenza impugnata nella parte in cui ha ritenuto inadeguata la comunicazione di
avvio della procedura.
Anch’esso è infondato.
Premesso che la valutazione della rispondenza in concreto della
comunicazione di avvio della procedura di cassa integrazione oggetto dell’esame
giudiziale ai requisiti legali investe il merito in ordine al contenuto dell’atto, sicché
è nella competenza esclusiva del giudice di merito e come tale insindacabile nel
giudizio di legittimità, quando esso abbia motivato la sua decisione in modo
sufficiente e privo di contraddizioni (Cass. 11 marzo 2015, n. 4886; Cass. 6
maggio 2014, n. 9705; Cass. 2 ottobre 2013, n. 22540), nel caso di specie la
Corte territoriale ha esaurientemente e coerentemente argomentato il proprio
convincimento, in esatta applicazione delle norme di diritto denunciate.
Ed infatti, da esse sono stati enucleati i principi secondo cui: a) la specificità
dei criteri di scelta consiste nell’idoneità dei medesimi ad operare la selezione e
nel contempo a consentire la verifica della corrispondenza della scelta ai criteri;
b) la comunicazione di apertura della procedura di trattamento di integrazione
salariale, la cui genericità renda impossibile qualunque valutazione coerente tra il
criterio indicato e la selezione dei lavoratori da sospendere, viola l’obbligo di
comunicazione previsto dall’art. 1, settimo comma I. 223/1991; c) la mancata
specificazione dei criteri di scelta (o la mancata indicazione delle ragioni che
impediscono il ricorso alla rotazione) determina l’inefficacia dei provvedimenti
aziendali che può essere fatta valere giudizialmente dai lavoratori, in quanto la
regolamentazione della materia è finalizzata alla tutela, oltre che degli interessi
pubblici e collettivi, soprattutto di quelli dei singoli lavoratori (Cass. 11 marzo
2015, n. 4886; Cass. 8 settembre 2014, n. 18895; Cass. 14 maggio 2012, n.
7459). E con particolare riferimento al requisito di specificità, si è precisato
(Cass. 2 ottobre 2013, n. 22540; Cass. 7 novembre 2013, n. 25100) che
l’aggettivazione “non individua una specie nell’ambito del genere criterio di scelta

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comunicazione di richiesta di apertura della procedura, è oggetto del terzo

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ma esprime la necessità che esso sia effettivamente tale, e cioè in grado di
operare da solo la selezione dei soggetti da porre in cassa integrazione”, atteso
che “un criterio di scelta generico non è effettivamente tale, ma esprime soltanto,
non un criterio, ma un generico indirizzo nella scelta” (Cass. 1 luglio 2009 n.
15393, richiamante Cass. 23 aprile 2004 n. 7720 e in chiaro riferimento a Cass.

7.— La terza questione, riguardante l’efficacia sanante dell’accordo sindacale

raggiunto in corso di procedura e dell’attestazione di regolarità della procedura,
con verbale di esame congiunto del Ministero del Lavoro, è oggetto del secondo
e del quinto motivo, per tale ragione congiuntamente esaminabili.
Essi sono infondati.
Anche qui occorre premettere che la valutazione di adeguatezza, nell’accordo
sindacale, della specificazione dei criteri di individuazione dei lavoratori da porre
in cassa integrazione e delle modalità di rotazione si risolve nella formulazione di
un giudizio di merito, al pari di quella concernente la comunicazione di avvio della
procedura, spettante in via esclusiva al giudice di merito e censurabile in
cassazione solo negli stretti limiti del giudizio di legittimità (Cass. 29 maggio
2014, n. 12096; Cass. 6 maggio 2014, n. 9705): nel caso in esame travalicati, in
riferimento ad una decisione immune da incoerenze o contraddizioni logiche.
In ogni caso, questa Corte intende ribadire la recente affermazione secondo
cui, in riferimento “alla possibilità di una efficacia sanante di un accordo sindacale
sui criteri di scelta, occorre pure rammentare che essa è stata ammessa solo in
casi particolari e circoscritti, ma non nell’ipotesi in cui la comunicazione è
strettamente funzionale a mettere in grado le organizzazioni sindacali di
partecipare al confronto con la controparte adeguatamente informate e ai
lavoratori di avere contezza delle prospettazioni aziendali. Né può essere
ammessa, con effetto retroattivo, rispetto a scelte in concreto già operate.”
(Cass. 11 marzo 2015, n. 4886, anche per richiamo di: Cass. 12 dicembre 2011,
n. 26587; Cass. 9 giugno 2009, n. 13240; Cass. 1 luglio 2009, n. 15393).
Quanto alle attestazioni ministeriali di corretto svolgimento della procedura ed
in particolare del verbale di esame congiunto del Ministero del Lavoro 5 dicembre
2002, esse difettano di rilevanza, posto che, ove si ritenga che criteri di
individuazione e modalità di rotazione debbano essere indicati

ab initio nella

comunicazione di avvio, è superfluo esaminare la tesi che assegna valore

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SS.UU. 11 maggio 2000, n. 302).

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asseverativo ad un documento che attesta che quell’indicazione è avvenuta solo
in un momento successivo, e cioè in sede di esame congiunto (Cass. 8 giugno
2015, n. 11754; Cass. 2 ottobre 2013, n. 22540; Cass. 12 dicembre 2011, n.
26587).

singolo lavoratore, è oggetto del quarto motivo in premessa descritto, parimenti
infondato.
Ed infatti la ritenuta genericità, per inidoneità dei criteri previsti dall’art. 1,
settimo comma I. 223/1991, della comunicazione datoriale 31 ottobre 2002, di
avvio della procedura di autorizzazione della CIGS, ravvisata da questa Corte in
esito all’esame del mezzo di impugnazione sul punto respinto, confermando il
vizio genetico della procedura, esclude la possibilità di verificare la
corrispondenza della scelta ai criteri (Cass. 10 dicembre 2014, n. 25949).

9.— Conclusivamente il ricorso deve essere respinto.
Le spese seguono la soccombenza liquidate come da dispositivo, con
attribuzione ai procuratori dichiaratisi antistatari.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente al pagamento delle
spese liquidate in euro 2.600,00, di cui euro 100,00 per esborsi, oltre accessori
secondo legge e spese generali al 15%, con distrazione.

Roma, così deciso nella camera di consiglio del 17 dicembre 2015.

8.— L’ultima questione, riguardante la verifica concreta della posizione del

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