Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4098 del 16/02/2017
Cassazione civile, sez. un., 16/02/2017, n. 4098
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONI UNITE CIVILI
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. RORDORF Renato – Primo Presidente aggiunto –
Dott. DI AMATO Sergio – Presidente di sez. –
Dott. AMOROSO Giovanni – Presidente di sez. –
Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Consigliere –
Dott. BIELLI Stefano – rel. Consigliere –
Dott. CAMPANILE Pietro – Consigliere –
Dott. MANNA Felice – Consigliere –
Dott. TRIA Lucia – Consigliere –
Dott. BARRECA Giuseppina Luciana – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
Sul ricorso per ricusazione presentato da:
F.S.M., rappresentata e difesa dall’Avv. Carmelo
Barreca, con domicilio eletto in Roma, via Antonio Stoppani n. 1,
presso lo studio dell’Avv. Carmelo Barreca nel giudizio di cui al
ricorso iscritto al n. 20065/2016 R.G. proposto dalla medesima
F.S.M., rappresentata e difesa dall’Avv. Carmelo Barreca,
con domicilio eletto in Roma, via Antonio Stoppani n. 1, presso lo
studio dell’Avv. Carmelo Barreca;
– ricorrente –
contro
MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, in persona del Ministro pro tempore,
domiciliato ope legis in Roma, via dei Portoghesi n. 12, presso
l’Avvocatura generale dello Stato, che lo rappresenta e difende per
legge;
– intimato –
e
CONSIGLIO SUPERIORE DELLA MAGISTRATURA, in persona del legale
rappresentante;
– intimato –
e
PROCURATORE GENERALE PRESSO LA CORTE DI CASSAZIONE;
– intimato –
avverso la sentenza n. 106 della sezione disciplinare del CSM, il 5
luglio 2016 e notificata il 15 luglio 2016;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 7 febbraio
2017 dal Consigliere Stefano Bielli;
udito l’Avv. Carmelo Barreca;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Procuratore generale
IACOVIELLO Francesco Mauro, che ha chiesto il rigetto dell’istanza.
Fatto
RILEVATO IN FATTO
CHE:
l’avvocato Carmelo Barreca, tramite il delegato Giulio Vitellozzi, ha presentato in data 30 gennaio 2017, in relazione al giudizio di cui al R.G.N. 20065/2016 (per il quale era stata fissata l’udienza di discussione del 7 febbraio 2017) e nell’interesse di F.S.M., ricorrente in quel giudizio, istanza di ricusazione, ai sensi dell’art. 52 c.p.c. e art. 51 c.p.c., comma 1, n. 4), del giudice D.S.F., relatore della causa e componente il Collegio fissato per la trattazione di detto giudizio ed ha segnalato altresì la sussistenza di gravi ragioni di convenienza per una eventuale astensione facoltativa del medesimo giudice, ai sensi dell’art. 51 c.p.c., comma 2;
con il ricorso di cui al giudizio R.G.N. 20065/2016, la F.S. aveva impugnato la sentenza n. 106 della sezione disciplinare del Consiglio Superiore della Magistratura, depositata il 5 luglio 2016 e notificata il 15 luglio successivo, con la quale l’attuale ricorrente, giudice delle esecuzioni immobiliari presso il Tribunale ordinario di Catania, oltre ad essere stata assolta da alcuni illeciti disciplinari, era stata condannata, in relazione ad altri illeciti, alla sanzione disciplinare della censura (con esclusione della sanzione accessoria del trasferimento d’ufficio, originariamente disposta);
nel ricorso contenente la richiesta di ricusazione si espone che: a) i menzionati illeciti disciplinari si inserivano in una vicenda di contrasti intercorsi tra la dottoressa F.S. (giudice delle esecuzioni immobiliari) e la dottoressa A.M. (allora Presidente della Sezione esecuzioni civili del Tribunale ordinario di Catania) ed erano stati imputati alla ricorrente in conseguenza di un esposto presentato dall’ A.; b) a sèguito di un esposto presentato a sua volta dalla F.S., anche l’ A. era stata sottoposta a procedimento disciplinare dal CSM; c) in tale procedimento disciplinare l’ A. (“controparte sostanziale della dott.ssa F.”) era stata difesa per lungo tempo (sino all’8 giugno 2016) dal dottor D.S.F., il quale pertanto aveva conosciuto in tale qualità difensore anche gli atti del procedimento riguardante la F.S.; d) pareva sussistere dunque, con riferimento al De Stefano ed al giudizio R.G.N. 20065/2016, la fattispecie di cui all’art. 51 c.p.c., comma 1, n. 4).
Diritto
RITENUTO IN DIRITTO
CHE:
al presente procedimento camerale di ricusazione si applica la disciplina prevista in via speciale dall’art. 53 c.p.c., comma 2, con le formalità partecipative in essa stabilite (cioè, secondo quanto precisato dalla consolidata giurisprudenza di queste sezioni unite – tra cui Cass., Sez. Un., 22 luglio 2014, n. 16628 – con l’audizione del giudice ricusato, ove si presenti, e, quindi, con l’intervento del P.M. e delle altre parti del procedimento, nel rispetto del contraddittorio richiesto dal principio della parità delle parti, principio più volte indicato dalla Corte costituzionale quale “cardine della disciplina del giusto processo”: ex plurimis, Corte cost. n. 331 del 2008), con la conseguenza che non si applica, ratione materiae, la disciplina camerale di cui al D.L. 31 agosto 2016, n. 168, convertito, con modificazioni, dalla L. 25 ottobre 2016, n. 197;
nella specie, sono intervenuti in camera di consiglio la difesa della parte istante ed il P.M., mentre non è intervenuto il giudice ricusato, pur avendone avuta la possibilità, a seguito della notificazione del ricorso per ricusazione e della comunicazione della fissazione della relativa trattazione in camera di consiglio;
nel merito, non vi sono elementi (non esposti nell’istanza di ricusazione) per ritenere che ricorra, in relazione al dottor Franco De Stefano, alcuna delle ipotesi tassativamente previste dall’evocato art. 51 c.p.c.,comma 1, n. 4 (sulla tassatività, ex plurimis, vedi la sopra citata pronuncia di Cass., Sez. Un., n. 16628 del 2014);
in particolare, l’aver prestato attività di difensore nel (diverso) procedimento disciplinare a carico della dottoressa A. certamente non implica che il dottor D.S. abbia dato consiglio o prestato patrocinio nel giudizio disciplinare a carico della F.S., oggetto della causa R.G.N. 20065/2016;
inoltre, l’aver eventualmente preso conoscenza, sempre come difensore della A. nell’altro giudizio, di alcuni atti del procedimento disciplinare a carico della F.S. (ma la circostanza non è dimostrata in punto di fatto) è irrilevante, trattandosi di ipotesi palesemente diversa dall’aver conosciuto di quest’ultimo procedimento disciplinare, “come magistrato in altro grado del processo o come arbitro” o dall’avervi “prestato assistenza come consulente tecnico”, secondo quanto richiesto, per la ricusazione, dal combinato disposto dell’art. 52, comma 1 e dall’art. 51 c.p.c., comma 1, n. 4;
al riguardo, l’istante non ha fornito alcun elemento concreto intorno al procedimento svoltosi a carico della dottoressa A. (nulla riporta in ordine a specifiche interferenze tra i due procedimenti disciplinari nè agli illeciti imputati all’ A. nè a particolari linee difensive eventualmente poste in essere dal De Stefano nell’esercizio del suo incarico di difensore), tanto più che, in linea di principio, non sussiste alcuna possibilità di interferenza tra i due procedimenti, in considerazione della natura e struttura proprie del procedimento disciplinare a carico del magistrato, volto ad accertare la specifica responsabilità di questo per l’inosservanza dei doveri impostigli dall’ordinamento, senza che soggetti terzi, i quali assumano di essere in qualche modo coinvolti nell’illecito disciplinare, abbiano titolo per intervenire nel procedimento stesso;
sotto questo profilo è erronea l’affermazione, contenuta nell’istanza, che i due magistrati, oggetto di due diversi procedimenti disciplinari, sono ognuno la “controparte sostanziale” dell’altro;
la segnalazione, contenuta nell’istanza, di gravi ragioni di convenienza legittimanti una eventuale astensione facoltativa del giudice De Stefano è irrilevante in questa sede, perchè la valutazione dell’importanza di tali ragioni (peraltro indicate dalla parte istante in modo del tutto indeterminato e generico) è rimessa al giudice medesimo ed al capo del suo ufficio;
in conclusione, il ricorso per ricusazione va rigettato, perchè non fondato;
non si deve provvedere sulle spese del presente procedimento, non essendo stata svolta attività difensiva da controparti della parte istante;
non si applica il D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, trattandosi di procedimento incidentale accedente a processo esente da contributo unificato;
al rigetto del ricorso per ricusazione consegue, in considerazione della genericità delle deduzioni e della loro palese infondatezza, la condanna della ricorrente al pagamento della somma di Euro 150,00, ai sensi dell’art. 54 c.p.c., comma 3.
PQM
La Corte, a sezioni unite, rigetta il ricorso per ricusazione; condanna la ricorrente alla pena pecuniaria di Euro 150,00.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio delle sezioni unite civili, il 7 febbraio 2017.
Depositato in Cancelleria il 16 febbraio 2017