Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4098 del 02/03/2016


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Civile Sent. Sez. L Num. 4098 Anno 2016
Presidente: MACIOCE LUIGI
Relatore: PATTI ADRIANO PIERGIOVANNI

SENTENZA
sul ricorso 29677-2011 proposto da:
TELECOM ITALIA S.P.A. C.F. 00471850016, in persona
del legale rappresentante pro tempore, già
elettivamente domiciliata in ROMA, VIA POMPEO MAGNO
2/B, presso lo studio dell’avvocato FRANCESCA
MONGILLO, rappresentata e difesa dall’avvocato
2015
5037

GIOVANNI SALLUSTRI, giusta delega in atti e da ultimo
domiciliata presso LA CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA
DI CASSAZIONE;
– ricorrente –

4

contro

Data pubblicazione: 02/03/2016

NOCERINO

FRANCESCO

C.F.

NCRFNC64B04G902N,

elettivamente domiciliato in ROMA, CORSO VITTORIO
EMANUELE II 209, presso lo studio dell’avvocato
FRANCESCO SILVESTRI, che lo rappresenta e difende
unitamente all’avvocato DOMENICO CIRILLO, giusta

– controricorrente avverso la sentenza n. 7388/2010 della CORTE
D’APPELLO di NAPOLI, depositata il 01/12/2010 R.G.N.
7994/2007;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 17/12/2015 dal Consigliere Dott. ADRIANO
PIERGIOVANNI PATTI;
udito l’Avvocato PANSARELLA MARIA CIRILLO per delega
CIRILLO ERNESTO MARIA;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. RITA SANLORENZO che ha concluso per il
rigetto del ricorso.

delega in atti;

FATTO
In parziale riforma della sentenza di primo grado, che aveva accertato il diritto di Francesco
Nocerino (già dipendente dell’amministrazione PP.TT . con qualifica di perito, inquadrato al
VI livello retributivo con mansioni di addetto alle comunicazioni commerciali bordo-terra e

1993 senza soluzione di continuità da Iritel s.p.a. e dall’i ottobre 1995, con passaggio diretto,
alla Tim s.p.a., poi incorporata da Telecom s.p.a., di Napoli) all’inquadramento nel V livello
CCNL Sip dall’i novembre 1993 e quindi nel livello E) CCNL delle aziende del settore
telecomunicazioni dall’i ottobre 1996, con attribuzione delle relative mansioni e differenze
retributive, ma rigettato la sua domanda risarcitoria da demansionamento, la Corte d’appello
di Napoli, con sentenza 1 dicembre 2010, condannava la società datrice, in accoglimento del
suo appello principale, al pagamento delle differenze retributive dal 28 marzo 1997 e, in
parziale accoglimento di quello incidentale del lavoratore, al pagamento, a titolo risarcitorio
per il demansionamento subito dall’i gennaio 1993, di una somma pari al 50% delle
differenze tra la retribuzione spettantegli in base al superiore inquadramento riconosciuto e
quella di fatto percepita per i primi tre anni dall’inizio del demansionamento.
Premessa l’evoluzione storica e normativa del settore delle telecomunicazioni, in esito a
critico e argomentato raffronto delle mansioni svolte da Francesco Nocerino presso i vari enti
datori con i corrispondenti livelli di inquadramento, la Corte territoriale ne riteneva corretto,
come già il Tribunale, quello al V livello del contratto Sip, corrispondente a quello E del
CCNL del 1996, ma con riconoscimento delle differenze retributive, non già dall’i novembre
1993, ma dal 28 marzo 1997, per la prescrizione a norma dell’art. 2948 n. 4 c.c. di quelle
anteriori, per il compimento del primo atto interruttivo con richiesta stragiudiziale 28 marzo
i2002. Contrariamente al primo giudice, la Corte partenopea ravvisava quindi l’effettivo

I demansionamento del lavoratore, per la lesione della sua dignità professionale e del
patrimonio di esperienze acquisito, nel passaggio dall’amministrazione pubblica alle due
società private, che lo avevano adibito a compiti in precedenza svolti da personale
subordinato che egli aveva coordinato, per giunta sotto il controllo di assistenti scelti nella sua
categoria (di perito) di appartenenza; sicchè, valutati gli elementi specificamente illustrati,
liquidava il relativo danno in via equitativa nella misura suindicata.

terra-bordo alla Stazione Radio Costiera ricevente P.T. di Roma, quindi assunto 11 novembre

Con atto notificato il 30 novembre 2011 Telecom Italia s.p.a. ricorre per cassazione con due
motivi, illustrati da memoria ai sensi dell’art. 378 c.p.c., cui resiste Francesco Nocerino con
controricorso.

MOTIVI DELLA DECISIONE

comma 1. 58/1992, 2103, 1362, 1363 c.c., dell’accordo sindacale 15 marzo 1993 e allegate
tabelle di comparazione’ nonché vizio di insufficiente e contraddittoria motivazione, in
relazione all’art. 360, primo comma, n. 3 e n. 5 c.p.c., per erroneo inquadramento a superiore
livello (V anziché VI) rispetto a quello riconosciuto sulla base delle tabelle elaborate dalle
parti sociali, aventi valore costitutivo e non ricognitivo (per l’istituzione per la prima volta con
il citato accordo sindacale della figura professionale dello “specialista di trasmissione
radiomarittima”, quale il Nocerino) e pertanto frutto di autonomia collettiva non sindacabile
giudizialmente nella sua congruità (salvo sconvolgimento della natura sostanziale delle
categorie professionali), dovendo invece essere ritenuta la corretta equiparabilità dei livelli del
lavoratore presso la pubblica amministrazione e poi presso le società private, in esito a loro
critica comparazione.
Con il secondo, la ricorrente deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 2103, 2697 c.c.,
416 c.p.c. e vizio di insufficiente e contraddittoria motivazione, in relazione all’art. 360,
primo comma, n. 3 e n. 5 c.p.c., per il ritenuto processo di dequalificazione, in esito al
confronto delle mansioni esercitate dal Nocerino nei suoi passaggi lavorativi, con
applicazione dell’art. 2103 c.c. non pertinente al caso di specie (come pure dalla stessa Corte
affermato in via di principio) in assenza di esercizio di jus variandi datoriale, trattandosi
eventualmente di adibizione del lavoratore a mansioni diverse da quelle per cui avrebbe
dovuto essere assunto, ai sensi dell’art. 4 1. 58/1992; nel difetto di prova comunque
dell’esercizio di fatto di mansioni dequalificanti, per erronea applicazione del principio di non
contestazione, avendo invece la società datrice esplicitamente allegato, in propria comparsa di
costituzione di primo grado, la continuità di mansioni analoghe del lavoratore; con
assorbimento di ogni deduzione sul danno da demansionamento denunciato, comunque
insussistente, perfino sotto il profilo dell’allegazione.

Con il primo motivo, la ricorrente deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 4, quinto

primo motivo, relativo a violazione e falsa applicazione degli artt. 4, quinto comma 1.
1

58/1992, 2103, 1362, 1363 c.c., dell’accordo sindacale 15 marzo 1993 e all, tabelle nonché
vizio di insufficiente e contraddittoria motivazione, per erroneo inquadramento a superiore
livello (V anziché VI) rispetto a quello riconosciuto sulla base delle tabelle elaborate dalle
parti sociali, è infondato.

un insegnamento giurisprudenziale di legittimità consolidato, per cui in tema di rapporti di
lavoro dei dipendenti dell’Azienda’ di Stato per i servizi telefonici, nel passaggio dei servii di
telefonia dal settore pubblico a quello privato, la previsione di apposite tabelle di
equiparazione, adottate con accordo sindacale per operare l’inquadramento presso la nuova
gestione, non preclude la verifica circa l’effettiva equivalenza delle posizioni di lavoro, sicché
il giudice può disapplicare tali tabelle ove – in base ad un raffronto complessivo tra le
qualifiche o i livelli di volta in volta presi in considerazione – non riscontri corrispondenza tra
la categoria di provenienza ed il nuovo livello attribuito in sede di passaggio all’impiego
privato (Cass. 23 gennaio 2015, n. 1249; Cass. 1 marzo 2011, n. 4991).
Questa Corte ha più volte affermato il principio, secondo il quale la 1. 58/1992, nel riformar
il settore delle telecomunicazioni con il passaggio dei servizi di telefonia dal settore pubblico
a quello privato – senza che tale passaggio desse luogo all’applicazione dell’art. 2112 c.c. – ha
previsto la predisposizione, sulla base di accordo con le organizzazioni sindacali, di tabelle di
equiparazione in funzione della conservazione della posizione giuridica ed economica di

\0ciascun lavoratore e senza possibilità di disporre dei diritti dei lavoratori, stabilendo il criterio
i assicurazione della tutela della professionalità acquisita e di un trattamento economico
élobalmente non inferiore a quello precedentemente goduto (Cass. 30 novembre 2010, n.
24231; Cass. 22 maggio 2009, n. 11936). Ne consegue che, se dette tabelle di equiparazione
non dovevano essere elaborate in termini di corrispondenza meccanica ed assoluta con le
qualifiche di provenienza, ma secondo un raffronto complessivo tra le qualifiche o i livelli di
volta in volta presi in considerazione, è possibile – proprio in funzione di salvaguardia della
professionalità dei lavoratori tutelata dalla 1. 58/1992 – la disapplicazione di tali tabelle ad
opera del giudice che ne ravvisi, in via incidentale, la parziale nullità per la non
corrispondenza ai criteri imposti dalla legge stessa, ferma restando la necessità che la
valutazione circa la legittimità della equiparazione prevista in sede collettiva avvenga sulla

Ed infatti, la Corte territoriale ha fatto corretta applicazione delle norme denunciate, secondo

base di un raffronto complessivo tra le qualifiche o i livelli di volta in volta posti a raffronto
(Cass. 4 febbraio 2015, n. 2016; Cass. 23 aprile 2015, n. 8285).
In particolare, addetti alla stazione radio-costiera in analogo passaggio dall’amministrazione
pubblica a società private nel settore delle telecomunicazioni sono stati inquadrati dal VI
livello retributivo al V livello del CCNL Sip dall’i novembre 1993 e quindi nel livello E)

n. 10328).
E’ bene comunque rammentare come semSre si tratti di accertamento in fatto, che, se fondato
su adeguata motivazione, è insindacabile in sede di legittimità, non potendo la parte
contrapporre a quello del giudice di merito un diverso apprezzamento, frutto di una
inammissibile propria ricostruzione interpretativa, intesa a sollecitare une revisione del
giudizio di merito (Cass. 15 novembre 2013, n. 25728; Cass. 28 luglio 2005, n. 15798). E ciò
è stato debitamente sottolineato anche nelle due recenti sentenze di legittimità, richiamate
dalla ricorrente nella memoria ai sensi dell’art. 378 c.p.c., di insindacabilità della valutazione,
in quei casi, di inquadramento al VI livello del CCNL Sip (Cass. 26 gennaio 2015, n. 1333;
Cass. 23 gennaio 2015, n. 1257).
Un tale insegnamento deve pertanto essere riaffermato anche nel caso di specie, sulla base del
critico ed approfondito raffronto operato dalla Corte territoriale tra il VI livello del CCNL Sip
e poi livello D) CCNL delle aziende del settore telecomunicazioni 9 settembre 1996 ed il V
livello del CCNL Sip e quindi E) CCNL delle aziende del settore telecomunicazioni, con sua
argomentata valutazione di migliore corrispondenza a quest’ultimo livello piuttosto che al
primo (e pure escluso, siccome troppo elevato, il TV livello del CCNL Sip) delle mansioni
concretamente accertate come esercitate dal lavoratore (per le ragioni esposte a pgg. da 11 a
14 della sentenza).
Il secondo motivo, relativo a violazione e falsa applicazione degli artt. 2103, 2397 c.c., 416
c.p.c. e vizio di insufficiente e contraddittoria motivazione, per erroneamente ritenuto
processo di dequalificazione, in esito al confronto delle mansioni esercitate dal Nocerino nei
suoi passaggi lavorativi, è pure infondato.
Anche qui la Corte partenopea ha operato un corretto raffronto delle mansioni in funzione di
tutela della professionalità nella corrispondenza tra livelli di inquadramento, a norma dell’art.
4, quinto comma 1. 58/1992 e non dell’art. 2103 c.c. (come chiaramente illustrato a pgg. 7, 8

CCNL delle aziende del settore telecomunicazioni 9 settembre 1996 (Cass. 21 giugno 2012,

della sentenza), in esatta applicazione dei già richiamati e consolidati principi della
giurisprudenza di legittimità (Cass. 8 aprile 2011, n. 8056; Cass. 30 novembre 2010, n. 24231;
Cass. 3 aprile 2009, n. 8174; Cass. 11 agosto 2004, n. 15605).
E parimenti corretta è stata l’applicazione del principio di non contestazione ai sensi dell’art.
116 c.p.c., secondo cui anche anteriormente alla modifica dell’art. 115 c.p.c., il convenuto era

posti dall’attore a fondamento della propria domanda, da ritenersi ammessi, senza necessità di
prova, ove la parte, nella comparsa di costituzioni e risposta, si fosse limitata ad una
contestazione generica, senza formularne alcuna né chiara né specifica (Cass. 6 ottobre 2015,
n. 19896; Cass. 15 ottobre 2014, n. 21847): ciò che appunto ha esattamente ritenuto la Corte
territoriale (per le ragioni esposte dall’ultimo capoverso di pg. 10 al primo di pg. 12 della
sentenza) in merito alle allegazioni difensive, palesemente generiche, di Telecom s.p.a.
(riportate a pg. 13, 14 del ricorso).
Dalle superiori argomentazioni discende coerente la reiezione del ricorso e la regolazione
delle spese del giudizio secondo il regime di soccombenza, con distrazione ai difensori
antistatari secondo la loro richiesta.

P.Q.M.
La Corte
rigetta il ricorso e condanna Telecom Italia s.p.a. alla rifusione, in favore del controricorrente,
delle spese del giudizio, che liquida in € 100,00 per esborsi e € 5.000,00 per compenso
professionale, oltre rimborso per spese generali in misura del 15% e accessori di legge, con
distrazione ai difensori antistatari.

Così deciso in Roma, il 17 dicembre 2015
Or)

tenuto, ai sensi dell’art. 167 c.p.c., a prendere posizione, in modo chiaro ed analitico, sui fatti

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