Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4095 del 16/02/2017


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Cassazione civile, sez. un., 16/02/2017, (ud. 15/11/2016, dep.16/02/2017),  n. 4095

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONI UNITE CIVILI

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. RORDORF Renato – Primo Presidente f.f. –

Dott. AMOROSO Giovanni – Presidente di Sez. –

Dott. DIDONE Antonio – Presidente di Sez. –

Dott. DI IASI Camilla – Presidente di Sez. –

Dott. PETITTI Stefano – Presidente di Sez. –

Dott. CAMPANILE Pietro – Consigliere –

Dott. ARMANO Uliana – rel. Consigliere –

Dott. MANNA Antonio – Consigliere –

Dott. TRIA Lucia – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 19025/2015 proposto da:

CITRA VINI SOCIETA’ COOP., in persona del Presidente pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DORA 1, presso lo studio

dell’avvocato VINCENZO CERULLI IRELLI, che la rappresenta e difende

unitamente agli avvocati CLAUDIO DI TONNO e MARIA ATHENA LORIZIO,

per delega in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

AURA ENERGIA S.R.L., in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA L. SPALLANZANI 22/A,

presso lo studio dell’avvocato ERMANNO LA MARCA, che la rappresenta

e difende unitamente agli avvocati SAVERIO STICCHI DAMIANI e MARINA

D’ORSOGNA, per delega in calce al controricorso;

REGIONE ABRUZZO, in persona del Presidente della Giunta regionale pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende ope legis;

– controricorrenti –

e contro

COMUNE DI ORTONA, AZIENDA USL N. (OMISSIS) LANCIANO-VASTO-CHIETI,

AGENZIA REGIONALE PER LA TUTELA DELL’AMBIENTE (ARTA);

– intimati –

avverso la sentenza n. 879/2015 del CONSIGLIO DI STATO, depositata il

23/02/2015;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

15/11/2016 dal Consigliere Dott. ULIANA ARMANO;

uditi gli avvocati Vincenzo CERULLI IRELLI, Ermanno LA MARCA e Paolo

GRASSO per l’Avvocatura Generale dello Stato;

udito il P.M., in persona dell’Avvocato Generale Dott. FUZIO

Riccardo, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.

Fatto

FATTI DI CAUSA

La Citra Vini Società Coop. ha proposto ricorso al TAR Abruzzo per ottenere l’annullamento della determinazione della Direzione Affari della presidenza, politiche legislative e comunitarie, programmazione, parchi, territorio, ambiente, servizio politica energetica, qualità dell’aria della regione Abruzzo del 10 aprile 2013, n. DA 13/55, con la quale era stata rilasciata alla società Aura Energia s.r.l l’autorizzazione alla costruzione ed all’esercizio di un impianto di produzione di energia elettrica, alimentato da biomassa nel Comune di Ortona, nonchè degli atti presupposti e connessi, tra i quali verbali delle conferenze di servizi istruttorie ed i pareri dell’agenzia regionale per la tutela dell’ambiente.

Il TAR, respinte le eccezioni di rito e la richiesta di svolgimento di una verificazione o consulenza tecnica di ufficio, ha rigettato la domanda. Il Consiglio di Stato, evocato dalla Cooperativa Citra Vini, con sentenza depositata il 23 febbraio 2015, ha rigettato l’impugnazione. Avverso tale decisione propone ricorso la Citra Vini Società Coop, illustrato da successiva memoria.

Resistono con controricorso la Regione Abruzzo e la s.r.l Aura Energia.

L’ARTA, il Comune di Ortona e l’ASL n. (OMISSIS) Lanciano-Vasto Chieti non hanno presentato difese.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il TAR ha rigettato la domanda della Cooperativa Citra Vini sul rilievo che il progetto per ottenere l’autorizzazione alla costruzione ed all’esercizio di un impianto di produzione di energia elettrica alimentato da biomassa presentato dalla società Aura Energia S.p.A. era rispettoso delle prescrizioni contenute nel D.Lgs. n. 387 del 2003, art. 12, comma 4 e dell’art. 13 delle Linee Guida.

2. Il Consiglio di Stato ha rigettato l’impugnazione della Cooperativa ritenendo che dall’esame dei documenti contenenti la versione ricognitiva degli elaborati progettuali depositati alla conferenza di servizi, risultava che era rimasta invariata la potenza termica impegnata; che non vi era alcuno sforamento dei limiti a causa dell’utilizzo del gas naturale; che l’utilizzo della sorbalite determinava un impatto positivo sul piano delle emissioni ambientali; che il D.L. 3 novembre 2008, n. 171, art. 2 bis, prevedeva già l’utilizzabilità delle vinacce esauste quali sottoprodotti e biomasse; che il sistema di smaltimento delle ceneri dei fanghi di depurazione era stato già oggetto di un parere dell’ARTA.

3. Il Consiglio di Stato ha affermato che la consulenza tecnica è uno strumento di valutazione della prova e non un mezzo di ricerca della prova e può essere utilmente richiesta solo in presenza di un contrasto documentato tra le parti in ordine all’apprezzamento tecnico di un fatto contestato in modo idoneo; che il cosiddetto principio probatorio dispositivo con metodo acquisitivo non consente di prescindere dall’onere probatorio,comunque gravante sull’interessato; che nel caso di specie i fatti da allegare non potevano consistere in mere affermazioni e contestazioni sfornite di idoneo supporto probatorio di tipo tecnico, trattandosi di fatti attinenti a settori di carattere specialistico.

4. Avverso tale decisione propone ricorso la società cooperativa Citra Vini denunziando violazione o falsa applicazione dell’art. 2697 c.c.,in combinato disposto con gli artt. 1 e 2 codice del procedimento amministrativo; artt. 24, 111 e 8 Cost.; artt. 6 e 13 della Convenzione Europea dei diritti dell’uomo, sotto il profilo della violazione dei limiti interni e dei limiti esterni della giurisdizione.

Sostiene la ricorrente che,benchè gli errores in procedendo o in iudicando non siano idonei a dar luogo al sindacato sulla funzione giurisdizionale, quest’ultimo può tuttavia essere esperito quando il giudice amministrativo,pur non declinando la propria giurisdizione, decide la controversia sulla base di norme dallo stesso fornite e tali, però, da rendere eccessivamente oneroso e difficoltoso l’accesso alla tutela giurisdizionale.

In relazione al diniego dello svolgimento di una consulenza tecnica di ufficio, il Consiglio di Stato aveva determinato un illegittimo duplice ostacolo alla conoscibilità della domanda di merito,ritenendo che solo il deposito di una approfondita e documentata relazione tecnica di parte potesse da un lato soddisfare l’onere probatorio gravante sulla parte e dall’altro contribuire a costituire un presupposto di ammissibilità della c.t.u..

Tale decisione prevedeva una condizione che finiva per incidere sulla stessa proponibilità della domanda giudiziale e quindi idonea ad escludere l’accesso alla giustizia.

5. Il motivo è inammissibile.

Questa Corte ha affermato che l’eccesso di potere giurisdizionale per invasione della sfera di attribuzioni riservata al legislatore è configurabile solo qualora il giudice speciale abbia applicato, non la norma esistente, ma una norma da lui creata, esercitando un’attività di produzione normativa che non gli compete, e non quando il Consiglio di Stato si sia attenuto al compito interpretativo che gli è proprio, ricercando la voluntas legis applicabile nel caso concreto, anche se questa abbia desunto, non dal tenore letterale delle singole disposizioni, ma dalla ratio che il loro coordinamento sistematico rivela. Una tale operazione, infatti, tutt’al più, darebbe luogo ad un error in iudicando, non alla violazione dei limiti esterni della giurisdizione speciale (Cass. S.U. 12 dicembre 2012 n. 22784).

Inoltre “le sezioni unite della Corte di Cassazione, dinanzi alle quali siano impugnate decisioni di un giudice speciale per motivi attinenti alla giurisdizione, possono rilevare unicamente l’eventuale superamento dei limiti esterni della giurisdizione medesima, non essendo loro consentito di estendere il proprio sindacato anche al modo in cui la giurisdizione è stata esercitata, in rapporto a quanto denunciato dalle parti; sicchè rientrano nei limiti interni della giurisdizione e restano perciò estranei al sindacato di questa Corte eventuali errori in iudicando o in procedendo che il ricorrente imputi al giudice amministrativo” (Cass. Sez. Un., 17 aprile 2014, n. 8993, Cass. Sez. Un., 12 aprile 2016, n. 7114).

6. Nè l’interpretazione della legge da applicare integra, per il giudice amministrativo, un’attività riservata all’autorità amministrativa, costituendo invece il proprium della funzione giurisdizionale, quando ha ad oggetto il vaglio di conformità dell’atto impugnato appunto ai canoni normativi invocati, onde valutare la sua sussumibilità entro la normativa in astratto.

7. Il diniego di giurisdizione, idoneo a fondare il ricorso previsto dell’art. 111 Cost., u.c., è solo quello basato sull’affermazione dell’impossibilità di conoscere la domanda per estraneità alle attribuzioni giurisdizionali da parte dello stesso giudice cui quella è sottoposta e non quello che si prospetta se il diniego di tutela dipenda dall’interpretazione delle norme invocate (da ultimo: Cass. Sez. Un., 31 marzo 2016, n. 11380; Cass. Sez. Un., 15 marzo 2016, n. 5077; Cass. Sez. Un. 22 dicembre 2015, n. 25772; Cass. Sez. Un., 8 febbraio 2013, n. 3037);

8. Nella specie i giudici amministrativi hanno valutato la conformità dell’atto impugnato ai canoni normativi applicabili, ritenendo che progetto per ottenere l’autorizzazione alla costruzione ed all’esercizio di un impianto di produzione di energia elettrica alimentato da biomassa presentato dalla società Aura Energia S.p.A. era rispettoso delle prescrizioni contenute nel D.Lgs. n. 387 del 2003, art. 12, comma 4 e dell’art. 13 delle Linee Guida.

9. Interpretando le norme disciplinanti la materia controversa, individuandone l’esatto significato, verificando l’esistenza o meno del contrasto tra il contenuto del provvedimento amministrativo impugnato ed il precetto espresso nella normativa cui esso deve uniformarsi, accertando la ricorrenza dei presupposti di fatto cui la legge condiziona la legittimità dello stesso provvedimento, il Consiglio di Stato ha offerto una soluzione interpretativa riconducibile allo schema proprio del giudizio di legittimità.

10. Non vi è stata da parte del giudice amministrativo nessuna creazione di norme, essendo stata la funzione interpretativa esercitata congruamente nei limiti della normativa vigente in materia.

11. Inammissibile è ugualmente la denunzia la violazione delle norme procedimentali, in quanto il sindacato di questa Corte, secondo costante giurisprudenza, non si estende agli errori procedimentali che rientrano nei limiti interni della giurisdizione.

Le spese seguono la soccombenza e, liquidate come in dispositivo, sono poste a carico della società ricorrente.

PQM

La Corte, pronunciando a sezioni unite, dichiara inammissibile il ricorso.

Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità in favore di ciascuno dei controricorrenti in Euro 5.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%,agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, il 15 novembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 16 febbraio 2017

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