Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4089 del 09/02/2022

Cassazione civile sez. I, 09/02/2022, (ud. 04/06/2021, dep. 09/02/2022), n.4089

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VALITUTTI Antonio – Presidente –

Dott. PARISE Clotilde – Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – rel. Consigliere –

Dott. SCALIA Laura – Consigliere –

Dott. CAMPESE Eduardo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 35067/2018 proposto da:

A.O., elettivamente domiciliato in Roma Via Asiago, 9,

presso lo studio dell’avvocato Spighetti Edoardo, e rappresentato e

difeso dall’avvocato Guglielmo Silvana;

– ricorrente –

contro

Ministero Dell’Interno, (OMISSIS);

– intimato –

avverso il decreto n. cronol. 3304/2018 del TRIBUNALE di CATANZARO,

depositato il 18/10/2018;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

04/06/2021 da Dott. IOFRIDA GIULIA.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

Il Tribunale di Catanzaro, con decreto n. 3304/2018, depositato in data 18/10/2018, ha respinto la richiesta di A.O., cittadino nigeriano, di riconoscimento, a seguito di diniego della competente Commissione territoriale, dello status di rifugiato o della protezione sussidiaria o umanitaria.

In particolare, i giudici di merito, ritenuta non necessaria una nuova audizione del richiedente, hanno sostenuto che: il racconto del richiedente (essere stato costretto a lasciare il Paese d’origine per sfuggire alle minacce di morte dei famigliari di un giovane apprendista, che lavorava nella sua officina di meccanico e che era morto in conseguenza di un intervento ad un’auto rimasta in panne, per strada) non era credibile, perché generico, lacunoso e stereotipato, nonché contraddittorio in alcuni punti essenziali, con conseguente insussistenza dei presupposti per il riconoscimento dello status di rifugiato o della protezione sussidiaria, D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, lett. a) e b); neppure poteva essere accolta la richiesta di protezione sussidiaria, D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, lett. c), non sussistendo nella regione di provenienza (Edo State) una situazioni di conflitti armati o violenza indiscriminata (con da Report EASO 2017); non ricorrevano neppure le condizioni per la protezione per ragioni umanitarie, non essendo state allegate situazioni di vulnerabilità o altre gravi ragioni, né risultando in atto nella zona di provenienza del richiedente una compromissione del nucleo minimo dei diritti inviolabili della persona.

Avverso la suddetta pronuncia, A.O. propone ricorso per cassazione, notificato il 21/11/2018, affidato a cinque motivi, nei confronti del Ministero dell’Interno (che non svolge difese).

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il ricorrente lamenta: a) con il primo motivo, la violazione e mancata applicazione delle disposizioni contenute nel D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 2, in relazione al diniego di protezione sussidiaria, in riferimento alla situazione di violenza indiscriminata presente nel Paese d’origine e stante la mancata valutazione della situazione giudiziaria e carceraria in Nigeria (essendo il richiedente stato accusato di omicidio colposo); b) con il secondo motivo, la violazione della L. n. 46 del 2017, art. 6, introduttivo del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35 bis, comma 11, lett. A) e C), Direttiva 2013/32/UE e Carta Diritti fondamentali UE, art. 47, in relazione la mancata nuova audizione del richiedente, malgrado l’assenza della videoregistrazione; c) con il terzo motivo, la violazione della L. n. 46 del 2017, art. 6, comma 9, per non avere il Tribunale citato le informazioni sulla situazione generale della Nigeria; d) con il quarto motivo, la violazione del disposto del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. a), b), c), in relazione a diniego di protezione sussidiaria malgrado la situazione nigeriana sulla violazione dei diritti umani, sul sistema carcerario e giudiziario, sui conflitti religiosi e sugli atti di terrorismo; e) con il quinto motivo, la violazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32 e D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6 e art. 2 Cost. e artt. 3 e 8 CEDU, in relazione al diniego di protezione umanitaria.

2. Preliminarmente, va rilevato che, in data 1/6/2021, è stata pubblicata la sentenza n. 15177 delle Sezioni Unite di questa Corte. Le Sezioni Unite, componendo un contrasto giurisprudenziale, hanno affermato i seguenti principi di diritto: a) “il D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35 bis, comma 13, nella parte in cui prevede che “La procura alle liti per la proposizione del ricorso per cassazione deve essere conferita, a pena di inammissibilità del ricorso, in data successiva alla comunicazione del decreto impugnato; a tal fine il difensore certifica la data di rilascio in suo favore della procura medesima” ha richiesto, quale elemento di specialità rispetto alle ordinarie ipotesi di rilascio della procura speciale regolate dagli artt. 83 e 365 c.p.c., il requisito della posteriorità della data rispetto alla comunicazione del provvedimento impugnato, prevedendo una speciale ipotesi di “inammissibilità del ricorso”, nel caso di mancata certificazione della data di rilascio della procura in suo favore da parte del difensore”; b) “La procura speciale per il ricorso per cassazione per le materie regolate dal D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35 bis, comma 13 e dalle disposizioni di legge successive che ad esse rimandano deve contenere in modo esplicito l’indicazione della data successiva alla comunicazione del provvedimento impugnato e richiede che il difensore certifichi, anche solo con una unica sottoscrizione, sia la data della procura successiva alla comunicazione che l’autenticità della firma del conferente”.

Le Sezioni Unite hanno altresì affermato che: “Il versamento dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato previsto dal D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, in caso di declaratoria di inammissibilità del ricorso per cassazione conseguente alla mancata presenza, all’interno della procura speciale, della data o della certificazione del difensore della sua posteriorità rispetto alla comunicazione del provvedimento impugnato, va posto a carico della parte ricorrente e non del difensore, risultando la procura affetta da nullità e non da inesistenza”, considerato che l’inammissibilità del ricorso è conseguente all’assenza di un elemento – la certificazione della data da parte del difensore – che il legislatore ha ritenuto rilevante, cosicché il negozio unilaterale di conferimento del mandato non è inesistente ma invalido.

Va ricordato, invero, che, in sede di conversione del D.L. n. 13 del 2017, con modificazioni, ad opera della L. 13 aprile 2017, n. 46, per quanto riguarda l’art. 35 bis cit., – avente ad oggetto il regime processuale in sede di impugnazione dei provvedimenti delle Commissioni territoriali relativi al rifugio politico ed alla protezione sussidiaria, vale a dire le controversie disciplinate del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 3 e da quelle che allo stesso hanno successivamente rinviato – rimasto invariato il comma 13, comma 2, è stato parzialmente sostituito nel senso che “La procura alle liti per la proposizione del ricorso per cassazione deve essere conferita, a pena di inammissibilità del ricorso, in data successiva alla comunicazione del decreto impugnato; a tal fine il difensore certifica la data di rilascio in suo favore della procura medesima”.

Al paragrafo n. 49 della pronuncia, le Sezioni Unite hanno precisato che “non occorre, infatti, che il difensore operi due autonome attestazioni, l’una relativa all’autentica della firma e l’altra alla certificazione della data, risultando sufficiente che anche solo attraverso un’unica asseverazione il difensore dia espressamente conto, anche senza l’uso di formule sacramentali, del fatto che la procura indichi una data successiva alla comunicazione, occorrendo soltanto che risulti in modo esplicito che detto difensore abbia asseverato l’esistenza di una data di rilascio in epoca successiva alla comunicazione del provvedimento”.

3. Nella specie, facendo applicazione dei principi di diritto qui rassegnati, il ricorso per cassazione proposto dal ricorrente va dichiarato inammissibile, in quanto la procura non contiene alcuna espressione dalla quale risulti che il difensore abbia inteso certificare che la data di conferimento della procura sia stata successiva alla comunicazione provvedimento impugnato – nemmeno risultante dalla procura speciale – recando unicamente l’autenticazione della firma con la seguente formula “La firma è autentica”.

4. In conclusione, il ricorso va dichiarato inammissibile. Non v’e’ luogo a provvedere sulle spese processuali non avendo l’intimato svolto attività difensiva.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della ricorrenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, ove dovuto, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 4 giugno 2021.

Depositato in Cancelleria il 9 febbraio 2022

 

 

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