Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4087 del 09/02/2022

Cassazione civile sez. III, 09/02/2022, (ud. 16/12/2021, dep. 09/02/2022), n.4087

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Presidente –

Dott. DI FLORIO Antonella – Consigliere –

Dott. RUBINO Lina – Consigliere –

Dott. VINCENTI Enzo – Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 38109/19 proposto da:

I.E., (alias I.E., alias I.A., alias

I.E.), elettivamente domiciliato a Roma, v.le dell”Università n.

11, (c/o avv. Benzi), difeso dall’avvocato Alessandra Ballerini, in

virtù di procura speciale apposta in margine al ricorso;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Interno;

– resistente –

avverso il decreto del Tribunale di Genova 13.11.2019 n. 4072;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

16 dicembre 2021 dal Consigliere relatore Dott. Marco Rossetti.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. I.E., sedicente cittadino nigeriano, chiese alla competente commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale, di cui al D.Lgs. 25 gennaio 2008, n. 25, art. 4:

(a) in via principale, il riconoscimento dello status di rifugiato politico, D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, ex artt. 7 e segg.;

(b) in via subordinata, il riconoscimento della “protezione sussidiaria” di cui al D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 14;

(c) in via ulteriormente subordinata, la concessione del permesso di soggiorno per motivi umanitari, D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, ex art. 5, comma 6 (nel testo applicabile ratione temporis).

A fondamento della domanda dedusse che era stato scelto dal re del proprio villaggio per essere sacrificato in occasione di una periodica cerimonia tribale, e di essere fuggito per sottrarsi a tale destino.

La Commissione Territoriale rigettò l’istanza.

2. Avverso tale provvedimento I.E. propose, ai sensi del D.Lgs. 28 gennaio 2008, n. 25, art. 35 bis, ricorso dinanzi alla sezione specializzata, di cui al D.L. 17 febbraio 2017, n. 13, art. 1, comma 1, del Tribunale di Genova, che la rigettò con Decreto 13 novembre 2019, n. 4072.

Il Tribunale ritenne che:

-) lo status di rifugiato e la protezione sussidiaria di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. a) e b), non potessero essere concessi perché il racconto del richiedente era inattendibile;

-) la protezione sussidiaria di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), non potesse essere concessa, perché nel Paese di provenienza del richiedente non esisteva una situazione di violenza indiscriminata derivante da conflitto armato;

-) la protezione umanitaria di cui al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, non potesse essere concessa sia a causa della inattendibilità soggettiva del richiedente, sia a causa della mancanza di condizioni di vulnerabilità, sia a causa della mancanza di un effettivo radicamento sul territorio italiano.

3. Tale decreto è stato impugnato per cassazione da I.E. con ricorso fondato su tre motivi.

Il Ministero dell’interno non ha notificato controricorso, ma solo chiesto di partecipare all’eventuale discussione in pubblica udienza.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Col primo motivo il ricorrente censura il decreto del Tribunale nella parte in cui ha rigettato la domanda di protezione sussidiaria per l’ipotesi di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c).

Deduce che in Nigeria, al contrario di quanto ritenuto dal Tribunale, sussiste una situazione di violenza indiscriminata derivante da conflitto armato.

2.1. Il motivo è manifestamente infondato.

Il Tribunale infatti ha escluso la sussistenza di una situazione di conflitto in Nigeria citando fonti attendibili ed aggiornate, e anzi ben più aggiornate delle generiche deduzioni del ricorrente.

2. Col secondo motivo il ricorrente impugna il decreto del Tribunale nella parte in cui ha rigettato la domanda di rilascio del permesso di soggiorno per motivi umanitari.

Il ricorrente censura su questo punto la sentenza impugnata sostenendo che:

a) contrariamente a quanto ritenuto dal Tribunale, aveva “ampiamente dimostrato di avere avviato un percorso di integrazione socio-lavorativa” (consistito nel “mettersi a disposizione” per lavori di volontariato e divenendo “membro attivo” di una parrocchia; il ricorso tuttavia non riferisce donde risultino tali circostanze);

b) contrariamente a quanto ritenuto dal Tribunale, aveva dato prova di essere affetto da tubercolosi;

c) il Tribunale aveva trascurato di compiere una indagine officiosa su eventuali condizioni di vulnerabilità oggettiva dipendente dalla realtà politica, economica e sociale della Nigeria;

d) il Tribunale aveva trascurato di esaminare i traumi subiti dal ricorrente nell’attraversamento e nel soggiorno in Libia.

2.1. Le censure (a) e (b) sono manifestamente inammissibili ex art. 366 c.p.c., nn. 3 e 6, per totale carenza di illustrazione.

Il ricorso infatti non riferisce donde risulti l’integrazione sociolavorativa e la malattia tubercolare.

2.2. La censura sub (d) è inammissibile alla luce del principio secondo cui “il permesso di soggiorno per motivi umanitari non può essere accordato automaticamente per il solo fatto che il richiedente abbia subito violenze o maltrattamenti nel paese di transito, ma solo se tali violenze per la loro gravità o per la durevolezza dei loro effetti abbiano reso il richiedente “vulnerabile” ai sensi del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5; ne consegue che è onere del richiedente allegare e provare come e perché le vicende avvenute nel paese di transito lo abbiano reso vulnerabile, non essendo sufficiente che in quell’area siano state commesse violazioni dei diritti umani” (ex multis, Sez. 1 -, Ordinanza n. 28781 del 16/12/2020, Rv. 659886 – 01).

La suddetta allegazione, nel caso di specie, manca del tutto nel ricorso.

2.3. La censura sub c), infine, è fondata.

Le Sezioni Unite di questa Corte, chiamate a stabilire come debba interpretarsi la nozione di “vulnerabilità” che costituisce il fondamento del rilascio del permesso di soggiorno per motivi umanitari (nella disciplina applicabile ratione temporis), hanno affermato che tale presupposto di fatto può ricorrere in due serie di ipotesi (Sez. U., Sentenza n. 29459 del 13/11/2019, Rv. 656062 – 02).

2.3.1. Giustifica il rilascio del permesso di soggiorno per motivi umanitari, in primo luogo, la “vulnerabilità soggettiva”, e cioè quella dipendente dalle condizioni personali del richiedente (come nel caso, ad esempio, dei motivi di salute o di età), nel caso di specie esclusa dal Tribunale con giudizio di fatto non validamente censurato.

2.3.2. Il rilascio del permesso di soggiorno per motivi umanitari, tuttavia, può essere giustificato anche dalla “vulnerabilità oggettiva”: e cioè quella dipendente dalle condizioni del paese di provenienza del richiedente.

Sussiste, in particolare, una condizione di vulnerabilità oggettiva quando nel paese di provenienza del richiedente protezione sia a questi impedito l’esercizio dei diritti fondamentali della persona. Impedimento che non necessariamente deve essere di diritto, ma può essere anche soltanto di fatto. Da ciò discendono due corollari.

Il primo è che la ritenuta falsità delle dichiarazioni compiute dal richiedente protezione impedisce di ritenere dimostrata una condizione di vulnerabilità soggettiva, ma non osta al rilascio del permesso di soggiorno per motivi umanitari, laddove ricorressero le condizioni di vulnerabilità oggettiva.

E’ infatti evidente che una persona cui nel proprio Paese sia impedito l’esercizio dei diritti fondamentali non possa essere rimpatriata, a nulla rilevando che nel chiedere protezione sia stata reticente o mendace.

Il secondo corollario è che la sussistenza delle condizioni di vulnerabilità oggettiva deve essere accertata d’ufficio, ricorrendo a fonti di informazione attendibili ed aggiornate sul paese di provenienza del richiedente (a meno che, ovviamente, il giudizio di inattendibilità non investa addirittura la provenienza stessa del richiedente).

Nel caso di specie, il Tribunale non si è attenuto a questi principi ormai consolidati nella giurisprudenza di legittimità.

Infatti il Tribunale ha correttamente accertato ex officio se in Nigeria sussista una situazione di violenza indiscriminata derivante da conflitto armato, ma altrettanto non ha fatto al fine di accertare se i diritti inviolabili della persona siano o non siano, nel paese di provenienza del richiedente, gravemente compromessi in modo intollerabile.

Il decreto va dunque cassato con rinvio al Tribunale di Genova, in differente composizione, il quale tornerà ad esaminare la domanda di rilascio del permesso di soggiorno per motivi umanitari, indagando ex officio sulla esistenza o meno nel Paese di provenienza del richiedente di una grave compromissione dei diritti umani fondamentali al di sotto del loro nucleo irriducibile, e sulla possibilità che il richiedente in caso di rimpatrio possa esservi esposto.

3. Col terzo motivo il ricorrente lamenta, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, la violazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, artt. 5 e 19.

Il motivo deve ritenersi rivolto contro il capo di sentenza che ha rigettato la domanda di protezione sussidiaria per l’ipotesi di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. b).

Nella illustrazione del motivo infatti si sostiene che il D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 19, impedisce il restringimento l’espulsione dello straniero verso uno stato in cui possa essere esposto al rischio di tortura, oppure di violazione sistematica grave dei diritti umani. L’illustrazione del motivo prosegue richiamando i principi generali in materia di non refoulement, e conclude che tale principio impone, anche nella assenza dei presupposti per il rilascio della protezione sussidiaria, la concessione almeno del permesso di soggiorno per motivi umanitari.

3.1. Il motivo è manifestamente inammissibile ex art. 366 c.p.c., n. 4, perché:

a) è astratto ed assertivo;

b) prescinde dal contenuto oggettivo del decreto impugnato;

c) soprattutto non chiarisce per quali ragioni in caso di rimpatrio sarebbe esposto al rischio di tortura o di violazione grave dei diritti umani.

4. Le spese del presente giudizio di legittimità saranno liquidate dal giudice del rinvio.

P.Q.M.

(-) rigetta il primo ed il terzo motivo di ricorso; accoglie il secondo motivo di ricorso nei limiti di cui in motivazione; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia la causa al Tribunale di Genova, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte di Cassazione, il 16 dicembre 2021.

Depositato in Cancelleria il 9 febbraio 2022

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