Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4083 del 18/02/2020

Cassazione civile sez. trib., 18/02/2020, (ud. 04/12/2019, dep. 18/02/2020), n.4083

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CHINDEMI Domenico – Presidente –

Dott. CAPRIOLI Maura – Consigliere –

Dott. MONDINI Antonio – Consigliere –

Dott. PENTA Andrea – rel. Consigliere –

Dott. BOTTA Raffaele – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 22462/2016 proposto da:

Nuovi Spazi S.r.l. (C.F.: (OMISSIS)), in persona del legale

rappresentante L.T., con sede in Roma alla Via

Frattina n. 81, ed elettivamente domiciliata in Roma, alla Piazza

del Risorgimento n. 14, presso lo studio dell’Avv. Rossetto Emiliano

(C.F.: (OMISSIS)A), giusta procura speciale a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

COMUNE DI MILANO (C.F.: (OMISSIS)), in persona del Sindaco pro

tempore S.G., rappresentato e difeso dagli Avv.ti Mandarano

Antonello (C.F.: MNDNNL65H15E919Y), Meroni Ruggero (C.F.:

(OMISSIS)), Marinelli Irma (C.F.: (OMISSIS)), Tavano Anna (C.F.:

(OMISSIS)) dell’Avvocatura Comunale di Milano, nonchè dall’Avv.

Lepore Giuseppe di Roma (C.F.: LPRGPP65B14H501X), presso il cui

studio è elettivamente domiciliato, in Roma alla Via Polibio n. 15;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1048/49/2016 emessa dalla CTR Lombardia in

data 24/02/2016 e non notificata;

udita la relazione della causa svolta all’adunanza camerale del

4/12/2019 dal Consigliere Dott. Penta Andrea.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

In data 1.12.2011 veniva notificato, ad opera del Comune di Milano, alla s.r.l. Nuovi Spazi l’avviso di accertamento n. (OMISSIS) con cui veniva chiesto alla stessa il pagamento dell’imposta di pubblicità per l’anno 2010 nel maggiore importo di Euro 164.624,00, comprensivo di interessi e sanzioni amministrative.

Premesso che la s.r.l. Nuovi Spazi operava nel campo pubblicitario, locando a terzi spazi pubblicitari ricavati da cartelloni ubicati presso la pubblica via a seguito di apposita autorizzazione rilasciata dall’ente comunale, l’avviso di cui sopra era stato preceduto dalla comunicazione del 25.01.2010 posta in essere dalla s.r.l. Nuovi Spazi al Comune di Milano con cui si indicava l’elenco degli impianti di proprietà della società ubicati nel territorio comunale al fine della liquidazione e del relativo pagamento dell’imposta di pubblicità.

La contribuente impugnava l’avviso di accertamento, facendo valere in primis la carenza di motivazione dell’atto impositivo sia in ordine all’an ed al quantum della pretesa con esso fatta valere sia con riguardo alla mancata allegazione dei criteri alla cui stregua determinare la tariffa in concreto applicata al singolo impianto pubblicitario e deducendo la violazione della L. n. 2012 del 2000, art. 7 e della L. n. 296 del 2006, art. 1, comma 162.

La ricorrente deduceva altresì la illegittimità delle modalità di calcolo dell’imposta di pubblicità applicata dal Comune di Milano che, a suo dire in spregio a quanto previsto dal D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 12, comma 4, aveva applicato la maggiorazione della tariffa del 100 % su tutta la superficie dei singoli cartelloni pubblicitari eccedenti gli 8,5 metri quadrati, anzichè sulla parte eccedente gli 8,5 metri quadrati secondo il criterio cosiddetto a scaglioni.

La s.r.l. Nuovi Spazi, infine, censurava l’avviso di accertamento gravato con riguardo alla misura degli interessi legali, applicati nel caso concreto, a suo dire, in violazione di quanto previsto dalla L. n. 296 del 2006, art. 1, comma 165.

Si costituiva in giudizio il Comune di Milano, chiedendo il rigetto del ricorso e la conferma dell’avviso di accertamento gravato.

La C.T.P. di Milano, con sentenza n. 6567 del 2014, respingeva il ricorso, sostenendo la correttezza dell’operato impositivo del Comune di Milano, posto che la maggiorazione della tariffa del 100 % per i cartelloni pubblicitari eccedenti gli 8,5 metri quadrati andava correttamente applicata su tutta la superficie dei singoli cartelloni pubblicitari eccedenti la predette grandezza, e non a scaglioni.

La s.r.l. Nuovi Spazi proponeva appello avverso la detta sentenza, censurando l’operato dei giudici di prime cure sia per il fatto che avevano del tutto omesso di pronunciarsi circa il dedotto vizio di difetto di motivazione dell’avviso di accertamento ritualmente sollevato con il ricorso di prime cure, sia per l’asserita violazione di legge in cui erano incorsi nell’aver ritenuto corretto il criterio di calcolo dell’imposta di pubblicità operato dal Comune di Milano, sia infine per il fatto che i giudici di prime cure avevano del tutto omesso di pronunciarsi circa l’erroneità del criterio legale alla cui stregua erano stati calcolati a proprio carico gli interessi sul maggior dovuto.

Si costituiva nel giudizio il Comune di Milano, chiedendo il rigetto dell’appello e la conferma della sentenza di prime cure.

Con sentenza del 24.2.2016 la CTR Lombardia rigettava l’appello sulla base delle seguenti considerazioni:

1) l’avviso di accertamento gravato era stato corredato dall’ente impositore da motivazione esauriente e tale da aver messo la contribuente nelle condizioni di rilevare quanto richiestole a titolo di imposta evasa e di apprestare idonea difesa;

2) stante la previa conoscenza, ad opera della contribuente, della tipologia, del numero e dell’ubicazione dei cartelloni pubblicitari da tassare nonchè delle tariffe da applicare, l’avviso di liquidazione dell’imposta di pubblicità non richiedeva apposita attività istruttoria di accertamento e non doveva essere corredato con le determinazioni tariffarie, in quanto atti amministrativi a contenuto generale soggetti a pubblicità legale e, come tali, conoscibili dal contribuente, atteso che l’obbligo di esaustiva motivazione si imponeva unicamente per gli atti non conosciuti nè conoscibili da parte del contribuente;

3) quanto poi alle modalità di calcolo dell’imposta di pubblicità, dal tenore del D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 12, comma 4, si evinceva che, ove la cartellonistica pubblicitaria superi, come nel presente caso, la superficie di 8,5 metri quadrati, la maggiorazione di tariffa si debba applicare su tutta la superficie del cartellone, e non soltanto sulla superficie eccedente gli 8,5 metri quadrati;

4) da ultimo, corretto si palesava il criterio di calcolo degli interessi legali richiesti alla contribuente s.r.l. Nuovi Spazi con l’avviso di accertamento gravato, criterio palesato nelle maglie dell’atto gravato, che aveva minuziosamente indicato, a pagina due dell’avviso, il tasso di interesse applicato, la cui percentuale non eccedeva le soglie di legge.

Per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso la Nuovi Spazi s.r.l., sulla base di tre motivi. Il Comune di Milano ha resistito con controricorso. In prossimità dell’udienza camerale, la ricorrente ha depositato memorie illustrative.

Diritto

RITENUTO IN DIRITTO

1. Con il primo motivo la ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione della L. n. 212 del 2000, art. 7 e L. n. 296 del 2006, art. 1, comma 162, per aver la CTR ritenuto assolto l’obbligo di motivazione dell’avviso impugnato, nonostante nello stesso non fosse stata indicata la tariffa effettivamente applicata agli impianti pubblicitari.

1.1. Il motivo è inammissibile per un duplice ordine di ragione.

In primo luogo, la ricorrente, in violazione del principio di specificità sancito dall’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6), ha omesso di trascrivere l’avviso di accertamento impugnato, in tal guisa precludendo a questa Corte la possibilità di vagliare la fondatezza del proprio assunto in ordine alla carenza di motivazione dell’atto impositivo.

In secondo luogo, la ricorrente non attinge la ratio decidendi sottesa alla pronuncia impugnata, la quale ha ritenuto che la motivazione del detto avviso fosse esauriente in quanto: a) la contribuente, che aveva previamente comunicato al Comune di Milano il numero e la tipologia degli spazi pubblicitari di proprietà ubicati nel territorio comunale, con la relativa grandezza, al fine della liquidazione e del relativo pagamento dell’imposta di pubblicità, era già a conoscenza, oltre che del numero e della tipologia, della ubicazione dei cartelloni e delle tariffe da applicare, con la conseguenza che l’avviso di liquidazione non richiedeva un’apposita attività istruttoria di accertamento; b) l’avviso in esame non doveva essere corredato con le determinazioni tariffarie, in quanto atti amministrativi a contenuto generale soggetti a pubblicità legale e, come tali, conoscibili dal contribuente.

A tal ultimo proposito, anche di recente questa Corte (Sez. 5, Sentenza n. 30052 del 21/11/2018; cfr., in precedenza, Sez. 5, Sentenza n. 9601 del 13/06/2012 e Sez. 5, Sentenza n. 5755 del 16/03/2005) ha ribadito che, in tema di imposta sulla pubblicità, le delibere comunali relative all’applicazione del tributo ed alla determinazione delle relative tariffe non rientrano tra i documenti che devono essere allegati agli avvisi di accertamento ai sensi della L. n. 212 del 2000, art. 7, in quanto detto obbligo è limitato agli atti richiamati nella motivazione che non siano conosciuti o altrimenti conoscibili dal contribuente, ma non anche gli atti generali come le delibere del consiglio comunale che, essendo soggette a pubblicità legale, si presumono conoscibili.

Inconferente è, invece, il rilievo concernente la necessità che, in assenza di allegazione, venga almeno riprodotto, nell’avviso di accertamento, il contenuto essenziale degli atti prodromici all’accertamento, atteso che tale obbligo è configurabile pur sempre solo con riferimento ad atti che non siano conosciuti o, almeno, conoscibili aliunde.

2. Con il secondo motivo la ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 12, comma 4, con riferimento all’art. 53 Cost., per non aver la CTR ritenuto che l’imposta sulla pubblicità dovesse essere calcolata “a scaglioni”, vale a dire in misura proporzionale al crescere delle dimensioni del messaggio, nonostante tale criterio fosse pienamente aderente al principio costituzionale della progressività dell’imposta.

2.1. Il motivo è infondato.

Il D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 12 stabilisce testualmente che “per la pubblicità che abbia superficie compresa tra metri quadrati 5,5 e 8,5, la tariffa dell’imposta è maggiorata del 50 per cento; per quella di superficie superiore a metri quadrati 8,5, la maggiorazione è del 100 per cento”. La Nuovi Spazi s.r.l. ha sostenuto che l’anzidetta disposizione imporrebbe di calcolare l’imposta a scaglioni e, cioè, applicando la tariffa base per i primi 5,5 metri quadrati della pubblicità, la maggiorazione del 50% per gli ulteriori metri fino a 8,5 e la maggiorazione del 100% per gli eventuali altri metri quadrati.

Un’interpretazione del genere non può essere però condivisa, perchè rappresenta ormai un principio consolidato di questa Corte, dal quale non vi è ragione per discostarsi, quello secondo cui, in tema di imposta comunale sulla pubblicità, con il D.Lgs. 15 novembre 1993, n. 507, art. 12, comma 4, che prevede l’applicabilità di una superiore tariffa nel caso di superfici espositive di dimensioni eccedenti i metri quadrati 5,5, il legislatore ha voluto adeguare l’imposizione all’efficacia pubblicitaria del messaggio, nella convinzione che più esso è grande, più è capace di suggestionare o convincere; le maggiorazioni devono, pertanto, necessariamente riferirsi al messaggio stesso nella sua interezza e, quindi, alla totalità della superficie e non alle sue singole parti eccedentarie (Sez. 5, Sentenza n. 4909 del 07/03/2005; conf. Sez. 5, Sentenza n. 24925 del 10/10/2008 e Sez. 5, Sentenza n. 16214 del 09/07/2010).

E’, quindi, la totalità della superficie che va maggiorata e non le sue singole parti eccedentarie che, di per sè considerate, non avrebbero del resto alcun autonomo valore. La tariffa, invero, deve tener conto della maggiore efficacia pubblicitaria che la legge attribuisce ai manifesti di più ampie proporzioni (Sez. 1, Sentenza n. 1016 del 12/02/1990).

3. Con il terzo motivo la ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione della L. n. 296 del 2006, art. 1, commi 162, 165 e 171, per non aver considerato che il Comune di Milano aveva illegittimamente quantificato gli interessi.

3.1. Il motivo è inammissibile, atteso che, come rilevato già nell’analisi del primo motivo, la ricorrente, in violazione del principio di specificità sancito dall’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6), ha omesso di trascrivere l’avviso di accertamento impugnato, in tal guisa precludendo a questa Corte la possibilità di vagliare la fondatezza del proprio assunto in ordine all’asserita applicazione illegittima degli interessi. La carenza è ancora più rilevante se si considera che la CTR ha espressamente evidenziato che nell’avviso di accertamento impugnato era stato “minuziosamente indicato, a pagina due dell’avviso, il tasso di interesse applicato la cui percentuale non eccede le soglie di legge”.

4. Alla stregua di quanto precede, il ricorso non merita accoglimento. Le spese del presente grado di giudizio seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

Ricorrono i presupposti di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, applicabile ratione temporis (essendo stato il ricorso proposto successivamente al 30 gennaio 2013), per il raddoppio del versamento del contributo unificato.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al rimborso, in favore del resistente, delle spese del presente grado di giudizio, che liquida in complessivi Euro 6.000,00, oltre spese forfettarie ed accessori di legge. Dichiara la parte ricorrente tenuta al versamento di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, a norma del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater.

Cosi deciso in Roma, nella camera di consiglio della V Sezione civile della Corte suprema di Cassazione, il 4 dicembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 18 febbraio 2020

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