Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4081 del 19/02/2013
Civile Ord. Sez. 6 Num. 4081 Anno 2013
Presidente: GOLDONI UMBERTO
Relatore: CARRATO ALDO
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al N.R.G. 15497/2011 proposto da:
SIRAGUSA Giovanni (Cf.: SRG GNN 44E07 F299G) e MONTANA LAMPO Alfonsa
(C.E.: MNT LNS 55A41 A089R) , rappresentati e difesi, in virtù di procura speciale in calce
al ricorso, dagli Avv.ti Giuseppe Marelli e Italo Castaldi ed elettivamente domiciliati presso
lo studio di quest’ultimo in Roma, via Attilio Regolo, n. 12/D;
–
ricorrenti —
contro
GALLONE Cosimo (C.F.: GLL CSM 51L23 C424B) e BOGOTTO Paola (C.F.: BGT PLA
56T56 L394Y), rappresentati e difesi, in virtù di procura speciale in calce al controricorso,
dagli Avv.ti Marco Fiscal e Vinicio D’Alessandro ed elettivamente domiciliati presso lo
studio del secondo, in Roma, via Campo Marzio, n. 69;
– controricarrenti –
per la cassazione della sentenza n. 1146 dei 2010 della Corte di appello di Milano,
depositata il 19 aprile 2010 (e non notificata).
Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 24 gennaio 2013
dal Consigliere relatore Dott. Aldo Carrato;
1
Data pubblicazione: 19/02/2013
sentito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale dott.ssa
Antonietta Carestia, che nulla ha osservato in ordine alla relazione ex art. 380 bis c.p. c. in
atti.
Rilevato che il consigliere designato ha depositato, in data 9 ottobre 2012, la
seguente proposta di definizione, ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c.: << Con sentenza n. 489 Gallarate, definitivamente pronunciando sulle domande proposte in via principale dai sigg.
Siragusa Giovanni e Lampo Alfonsa Montana (aventi ad oggetto la richiesta di ripristino di
beni di loro proprietà e dell'ordine di inibizione della sosta di autovetture sul mappale
10698 e 10700 oltre che di utilizzazione del loro terreno per fini diversi rispetto a quello
dell'esercizio della servitù di passaggio), nonché sulla domanda riconvenzionale
variamente articolata formulata dai convenuti sigg. Gallone Cosimo e Bogotto Paola - tra
le cui richieste vi era inclusa quella del riconoscimento di un diritto di comproprietà del
bene di cui al mappale 10698 -, rigettava la domanda degli attori ed accoglieva la
riconvenzionale dei predetti convenuti relativa alla richiesta da ultimo riportata.
Interposto appello da parte di Siragusa Giovanni e Lampo Alfonsa Montana e nella
resistenza degli appellati Gallone Cosimo e Bogotto Paola, la Corte di appello di Milano,
con sentenza n. 1146 del 2010 (depositata il 19 aprile 2010), rigettava il gravame e, nel
confermare la sentenza impugnata, condannava gli appellanti alla rifusione delle spese del
grado.
Nei confronti della richiamata sentenza di appello (non notificata) hanno proposto ricorso
per cassazione (notificato il 3 giugno 2011 e depositato il 21 giugno successivo) i predetti
Siragusa Giovanni e Lampo Alfonsa Montana, basato su tre distinti motivi.
Si sono costituiti in questa fase con controricorso entrambi gli intimati Gallone Cosimo e
Bogotto Paola. 2 del 2006 (depositata il 13 novembre 2006) il Tribunale di Busto Arsizio sez. dist. di Con il primo motivo i ricorrenti hanno denunciato la violazione e falsa applicazione degli
artt. 817 e 818 c.c., in relazione all'art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., avuto riguardo alla
supposta erroneità della qualificazione, operata nella sentenza impugnata, come
pertinenza di un bene che possedeva, invece, una propria autonomia ed individualità
indipendentemente dalla sua posizione, evidenziandosi, del resto, come dalla causa non che, in ogni caso, la relazione pertinenziale era smentita dalle produzioni documentali
acquisite.
Con il secondo motivo i ricorrenti hanno dedotto (ai sensi dell'art. 360, comma 1, n. 5,
c.p.c.) il vizio di omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa il punto decisivo
della controversia relativo, per l'appunto, all'affermazione della relazione pertinenziale del
mappale 10698-10700 con i beni di proprietà degli originari convenuti (poi appellati) e,
perciò, della proprietà di questi su loro beni, fondandosi la suddetta ritenuta relazione su
una lettura scorretta degli atti di compravendita prodotti in giudizio.
Con il terzo ed ultimo motivo i ricorrenti hanno prospettato, in virtù dell'art. 360, comma 1,
n. 3, c.p.c., la violazione e falsa applicazione degli artt. 922, 1362, 1363, 1364 e 2697 c.c.,
con riferimento alla mancata valutazione, da parte della Corte territoriale, della circostanza
che non era stato acquisito un solo atto di compravendita idoneo a dimostrare che gli
originari convenuti o i loro danti causa avessero pattuito una vendita avente per oggetto,
anche solo "pro quota", il mappale 10698 di loro proprietà.
Rileva il relatore che i tre motivi svolti dai ricorrenti — esaminabili congiuntamente in virtù
della loro stretta connessione - possano ritenersi manifestamente infondati, con la
conseguente definibilità del ricorso nelle forme di cui all'art. 380 bis c.p.c. .
Per come univocamente emerso dal percorso argomentativo della sentenza impugnata la
controversia era incentrata (all'esito di quanto devoluto in sede di appello) sulla risoluzione
della fondatezza o meno delle pretese degli odierni ricorrenti tese a far accertare se il
3 fosse mai emerso un atto di destinazione da parte del proprietario del mappale 10698 e mappale 10698, oggetto del contendere, fosse un bene di natura pertinenziale degli
immobili con lo stesso confinanti (e, quindi, si sarebbe dovuto qualificare come un bene in
comproprietà tra attori e convenuti avente funzione di "corte comune") o se, piuttosto, il
suddetto mappale fosse di esclusiva proprietà di essi Siragusa-Lampo, mentre i sigg.
Gallone-Bogotto si sarebbero dovuti limitare al godimento del diritto di servitù di passaggio che il mappale 10698 fosse da considerarsi un bene di natura pertinenziale.
Con la prima censura i ricorrenti hanno dedotto la supposta violazione delle disposizioni
codicistiche in tema di pertinenze sul presupposto che il bene dedotto in controversia non
potesse qualificarsi, appunto, come pertinenza dal momento che aveva una propria
autonomia ed individualità, a prescindere dalla sua posizione, senza che dagli atti di causa
potesse evincersi un atto d destinazione da parte del proprietario del mappale 10698.
Con la seconda doglianza, invece, i ricorrenti censurano propriamente la motivazione della
sentenza impugnata nella ricostruzione delle vicende traslative dei beni in questione da cui
era stata ricavata l'affermata relazione di pertinenzialità.
Orbene, diversamente dalla prospettazione dei ricorrenti e senza che sia incorsa nella
violazione dei richiamati artt. 817e 818 c.p.c. (che attengono, appunto, alla disciplina delle
pertinenze), la Corte territoriale è pervenuta, all'esito di un esame complessivo delle
risultanze probatorie e della valutazione dei conferenti documenti acquisiti in giudizio,
fondata su una motivazione logica ed adeguata, alla verifica della sussistenza del regime
pertinenziale sia in ordine alla destinazione del mappale in discorso, sia individuando i
soggetti che avevano provveduto al conferimento di tale destinazione e sia rilevando che
non era emersa alcuna indicazione contraria dai titoli idoneamente esaminati. In
particolare, la Corte di appello meneghina, con argomentazioni assolutamente congrue e
rispondenti alle emergenze processuali valutate nella loro complessità (con particolare
riferimento alle risultanze dei trasferimenti cronologicamente succedutisi), è pervenuta alla
4 e di condutture. La Corte territoriale ha confermato la sentenza di primo grado, ritenendo conclusione dell'affermazione della comproprietà del mappale in contesa non solo
evidenziandone la sua destinazione funzionale con gli edifici sullo stesso prospettanti ma
anche accertando, con l'esame di tutti i titoli conferenti, che dalla successione degli atti si
evinceva come il mappale 10698 fosse stato indicato come corte comune, e tanto si
ricavava sia dagli atti del 1979 e del 1985 che da quello del 1999 (sulla scorta del quale gli era riportato come pertinenza delle proprietà limitrofe.
La ricostruzione dedotta dai ricorrenti, peraltro, si risolve, nella presente sede di legittimità,
in una non consentita sollecitazione della rilettura ed interpretazione dei titoli già esaminati
in sede di merito dal giudice di secondo grado che ha fondato la sua decisione su un
globale apprezzamento di fatto idoneamente giustificato sul piano motivazionale siccome
ispirato ai criteri dell'adeguatezza e della logicità (cfr. ,ad es., Cass. n. 2999 del 1988 e, da
ultimo, Cass. n. 5143 dei 2011, ord.), valorizzando, ai fini della sussunzione del vincolo
pertinenziale, non solo la sussistenza dell'elemento oggettivo ma anche, e soprattutto,
dell'elemento soggettivo (desumibile dagli atti traslativi in senso univoco), nel senso che la
destinazione pertinenziale rispondeva all'effettiva volontà degli aventi diritto di creare i!
vincolo di strumentalità e coniplementarietà funzionale, dal momento che i venditori Cenci
avevano via via ceduto le singole porzioni di proprietà limitrofe e, con ciascun atto, la
quota di comproprietà sulla corte comune pertinenziale (v., in particolare, pagg. 8 e 9 della
motivazione della sentenza della Corte di appello di Milano, nelle quali è congruamente
ricostruita la cronologia dei singoli passaggi traslativi, con la correlata univoca e logica
interpretazione dei rispettivi contenuti). In altri termini, la Corte milanese ha
giustificatamente concluso che il mappale 10698 era adibito a corte comune e costituiva
pertinenza dell'intero fabbricato e non di singoli subalterni, con la conseguenza, quale
coronario, che, ai sensi dell'art. 818 c.c., tutti gli atti ed i rapporti giuridici che avevano
avuto ad oggetto le unità immobiliari comprese nell'intero edificio di v. Edison a Cassano
5 attuali ricorrenti avevano fondato la rivendicazione della loro proprietà esclusiva), nei quali Magnago avevano anche compreso la corte comune di cui al citato mappale, pertinenza
del fabbricato e sempre qualificato come corte comune. Pertanto, avendo i sigg. GalloneBogotto acquistando parti di tali unità immobiliari avevano, correlativamente, acquistato
anche la pertinenza, non risultando diversamente dai titoli, in virtù del menzionato art. 818
c.c. (in relazione all'art. 1117 c.c.). allegazione, da parte degli odierni controricorrenti, del titolo di proprietà comprovante il
connesso diritto di comproprietà sul mappale 10698, se ne ravvisa la palese infondatezza,
riconfermandosi che la Corte territoriale ha accertato la comproprietà del cortile comune in
base al contratto costituito dal rogito per notar Brighina del 1979, con il quale, appunto, i
sigg. Gallone-Bogotto ed i loro danti causa avevano acquistato anche il diritto di
comproprietà sul cortile, quale pertinenza dell'edificio. Del resto, secondo la
giurisprudenza di questa Corte (crr. Cass. n. 8962 dei 1990 e Cass. n. 6001 del 200),
una pertinenza in comunione — come, nella specie, il cortile di un edificio - può essere
destinata al contemporaneo servizio di più cose principali appartenenti in proprietà
esclusiva ai condomini della pertinenza.
Con riferimento, infine, alla doglianza (contenuta nella terza censura) relativa all'assunta
violazione dei criteri ermeneutici, ne va ritenuta l'inammissibilità alla stregua del costante
indirizzo giurisprudenziale di questa Corte secondo cui l'interpretazione del contratto e
degli atti di autonomia privata costituisce un'attività riservata al giudice di merito, ed è
censurabile in sede di legittimità soltanto per violazione dei criteri legali di ermeneutica
contrattuale ovvero per vizi di motivazione, qualora la stessa risulti contraria a logica o
incongrua, cioè tale da non consentire il controllo dei procedimento logico seguito per
giungere alla decisione, specificandosi, tuttavia, che, ai fini della censura di violazione dei
canoni ermeneutici, non è sufficiente l'astratto riferimento alle regole legali di
interpretazione, ma è necessaria la specificazione dei canoni in concreto violati, con la Quanto al terzo motivo, riferito alle richiamate violazioni e relativo alla supposta mancata precisazione del modo e delle considerazioni attraverso i quali il giudice se ne è discostato
(onere al quale i ricorrenti non hanno assolto con il ricorso in questione).
In definitiva, in virtù delle esposte argomentazioni, avendo la sentenza impugnata deciso
le questioni di diritto dedotte con il ricorso in modo conforme alla giurisprudenza di questa
Corte senza che siano stati offerti elementi per mutare il pregresso orientamento (cfr. vizi motivazionali, si deve ritenere che sembrano emergere le condizioni, in relazione al
disposto dell'art. 380 bis, Gomma 1, c.p.c. (e con riferimento alla correlata norma di cui
all'art. 375, n. 5, c.p.c.), per poter pervenire al possibile rigetto totale del proposto ricorso
per sua manifesta infondatezza >>.
Rilevato che il Collegio condivide argomenti e proposte contenuti nella
relazione di cui sopra, avverso la quale, peraltro, non risulta depositata alcuna memoria
difensiva ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c.;
ritenuto che, pertanto, il ricorso deve essere rigettato, con la conseguente
condanna dei ricorrenti, in solido fra loro, al pagamento delle spese del presente giudizio in
favore dei controricorrenti, nella misura liquidata come in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti, in via fra loro solidale, al pagamento delle
spese del presente giudizio liquidate in complessivi euro 1.700,00, di cui euro 200,00 per
esborsi, oltre accessori nella misura e sulle voci come per legge.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della VI Sezione civile della Corte Suprema
di Cassazione, in data 24 gennaio 2013.
Cass., SU., ord., n.19051/2010) ed essendo rimasta esclusa la configurazione dei dedotti