Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 408 del 10/01/2014


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Civile Sent. Sez. 2 Num. 408 Anno 2014
Presidente: BURSESE GAETANO ANTONIO
Relatore: GIUSTI ALBERTO

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
ZELGRER Anna ved.

GOSS,

rappresentata e difesa, in forza di

procura speciale a margine del ricorso, dall’Avv. Giacomo Dellasega, con domicilio per legge presso la cancelleria civile
della Corte di cassazione, piazza Cavour, Roma;
– ricorrente 7
contro
GOSS Agostino,/ rappresentato e difeso, in forza di procura
speciale a margine del controricorso, dagli Avv. Patrizio Molesini e Rodolfo Giommini, con domicilio eletto nello studio
di quest’ultimo in Roma, via Domenico Millelire, n.

7;

– controricorrente e nei confronti di

/1 3

Data pubblicazione: 10/01/2014

GOSS Daniela, GOSS Fiorenza, GOSS Alberto, GOSS Flaviano, GOSS

Pierluigi, GOSS Maria, GOSS Luciano, GOSS Franco;
– intimati –

per la cassazione della sentenza della Corte d’appello di

Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udien-

za del 28 novembre 2013 dal Consigliere relatore Dott. Alberto
Giusti;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Pro-

curatore Generale dott. Lucio Capasso, il quale ha concluso
per il rigetto del ricorso.
Svolgimento del processo
l. – Con atto di citazione del 28 settembre 2001, Anna
Zelgher ved. Goss convenne in giudizio Luigi, Agostino, Daniela, Fiorenza, Falciano ed Alberto Goss, chiedendo che venisse
dichiarata in suo favore l’intervenuta usucapione della p.m. 1
e della p.m. 2 della p.ed. 313 in P.T. 1012 C.C. Varena.
Si costituì Agostino Goss, il quale chiese il rigetto della domanda e, in via riconvenzionale, la divisione della p.ed.

Trento in data 6 settembre 2007.

313; Daniela Goss e Fiorenza Goss instarono per la reiezione
della domanda.
Con sentenza n. 110 del 2004 il Tribunale di Trento, sezione distaccata di Cavalese, dichiarò l’usucapione da parte
della Zelgher della p.m. 1 della p.ed. 313 in P.T. 1012 C.C.

Afit\

Varena e con separata ordinanza rimise la causa in istruttoria
per la prosecuzione del giudizio di divisione.
Successivamente, all’udienza del 16 febbraio 2005, Agostino Goss dichiarò di rinunciare alla domanda riconvenzionale di

dalle altre convenute costituite. Tuttavia le parti non raggiunsero un accordo sulle spese di lite.
Con sentenza n. 18/2006 il Tribunale di Trento, sezione
distaccata di Cavalese, dichiarò estinto il procedimento per
intervenuta rinuncia alla domanda riconvenzionale, condannando
Agostino Goss alla rifusione del 50% delle spese del giudizio
a favore della Zelgher e ponendo il residuo 50% a carico di
Fiorenza Goss e Daniela Goss, sempre a favore della Zelgher.
2. – Con sentenza resa pubblica mediante deposito in cancelleria il 6 settembre 2007, la Corte d’appello di Trento, in
riforma delle impugnate pronunce, ha rigettato la domanda di
usucapione e ha condannato la Zelgher a rifondere al

Goss le

spese di entrambi i gradi di giudizio.
2.1. – In punto di rito, la Corte territoriale ha respinto, preliminarmente, l’eccezione di inammissibilità
dell’appello. Ciò sul rilievo: che “la sentenza n. 110/04 è
una sentenza non definitiva (suscettibile di impugnazione),
avendo statuito soltanto su alcune delle domande con prosecuzione del procedimento per le altre, senza aver disposto la
separazione e senza aver provveduto sulle spese in ordine alla

3

divisione, e tale rinuncia venne accettata dalla Zelgher e

domanda decisa (rinviandone la liquidazione all’ulteriore corso del giudizio), ed essa si è trasformata in sentenza definitiva perché le altre domande (in particolare quella di scioglimento della comunione) sono state rinunciate da Agostino

nale ha dichiarato estinto il procedimento per intervenuta rinuncia alla domanda riconvenzionale introdotta da Agostino
Goss; pertanto, ex art. 129 disp. att. cod. proc. civ. il termine per impugnare la sentenza n. 110/2004 decorre dal passaggio in giudicato della sentenza che ha pronunciato
l’estinzione del processo; infatti da questa data decorrono i
termini stabiliti dall’art. 325 del codice per impugnare la
sentenza già notificata e se questa non è stata notificata,
decorre il termine di decadenza stabilito dall’art. 327 del
codice stesso”.
Nel merito, la Corte d’appello – dopo avere rilevato che
spettava alla Zelgher l’onere della prova di avere posseduto,
utilmente, il bene in oggetto – ha escluso che sia stata raggiunta la dimostrazione della sussistenza dei requisiti di cui
all’art. 1158 cod. civ., essendo emerso dalla prova per testi
che l’appellata fu immessa con il marito nel godimento degli
immobili in questione soltanto con il consenso dell’allora
proprietario Celeste Goss, suocero della Zelgher, il quale
diede il permesso ai figli di immettersi negli appartamenti di
sua proprietà, quindi, per pura concessione dettata dai vinco-

4

Goss”; e che “con sentenza definitiva n. 18 del 2006 il Tribu-

li parentali che legavano fra loro le parti, e non avendo la
Zelgher dimostrato di avere mutato il titolo di godimento da
detenzione in possesso.
3. – Per la cassazione della sentenza della Corte

la Zelgher, con atto notificato il 7-9 gennaio 2008 e – a seguito di ordinanza interlocutoria di questa Corte, con cui veniva disposta l’integrazione del contraddittorio – il 21 ed il
23 marzo 2009, sulla base di cinque motivi.
Agostino Goss ha resistito con controricorso, mentre gli
altri intimati non hanno svolto attività difensiva in questa
sede.
Considerato in diritto
1. – Preliminare in ordine logico è l’esame del quarto motivo (violazione e falsa applicazione degli artt. 140, 325,
327, 361, 340, 306 cod. proc. civ. e 129 disp. att. cod. proc.
civ.), con cui si lamenta che la Corte d’appello abbia respinto l’eccezione di inammissibilità dell’appello. Ad avviso della ricorrente, la rinuncia agli atti del giudizio avrebbe comportato la rinuncia anche alla riserva d’appello svolta in
precedenza dalla parte rinunciante, ed anche la rinuncia alla
domanda riconvenzionale subordinata a quella principale comporterebbe la rinuncia alla riserva d’appello formulata in
precedenza avverso la sentenza statuente sulla domanda principale, con la conseguenza che la sentenza di estinzione del

5

d’appello, notificata il 7 novembre 2007, ha proposto ricorso

giudizio per cessazione della materia del contendere, successiva alla dichiarazione di riserva d’appello, farebbe venir
meno l’efficacia della dichiarazione stessa, con passaggio in
giudicato della sentenza oggetto di riserva.

Esso ruota attorno al rilievo secondo cui “raccoglimento
della domanda principale di usucapione emessa dal Tribunale di
Cavalese comporta l’implicito rigetto della riconvenzionale”,
con la conseguenza che la sentenza sul punto “è da considerardefinitiva e non parziale • andava Impugnata nel termine
dalllann* mertsgito”Ma si tratta di un presupposto inesatto.
La sentenza 9 dicembre 2004, n. 110, del Tribunale di
Trento, sezione distaccata di Cavalese, è una sentenza non definitiva, sia nell’espressa autoqualificazione del dispositivo, sia nella sostanza: infatti essa – senza disporre la separazione delle cause – ha statuito solo sulla domanda principale dell’attrice (in parte accolta ed in parte rigettata), disponendo poi la prosecuzione del giudizio per istruire e decidere la domanda riconvenzionalo dal convanuto (quella “per la
divisione delle due stelle ééIaténti Al piana t~a della
p.ed. 313, rispettivamente appartenenti alla p.m. l e alla
p.m. 2 della suddetta particella”) e “riserva[ndo] la regolazione delle spese legali alla sentenza definitiva”.

6

1.1. – Il motivo è infondato.

Trova, pertanto, applicazione il principio secondo cui costituisce sentenza non definitiva, suscettibile, pertanto, di
impugnazione differita, quella che, in presenza di due contestuali contrapposte domande, decida una sola delle stesse e,

la decisione della domanda riconvenzionale e la pronuncia in
ordine alle spese dell’intero giudizio (Cass., Sez. Il, 14
marzo 1983, n. 1885; e cfr. Caos., Sez. II, 27 febbraio 2007,
n. 4618; Caso., Sez. Un., 28 aprile 2011, n. 9441).
E poiché il Tribunale, “definitivamente pronunciando” con
la sentenza n. 18 del 30 marzo 2006, ha dichiarato
“l’estinzione del . . procedimento per intervenuta rinuncia
alla domanda riconvenzionale introdotta dal convenuto Agostotino Goss in comparsa di costituzione 13 novembre 2011” e ha
regolato le spese dell’intero giudizio, correttamente la Corte
d’appello ha fatto applicazione del terzo comma dell’art. 129
disp. att. cod. proc. civ., stabilendo appunto che, essendosi
il processo estinto in primo grado, la sentenza di merito non
definitiva contro la quale era stata fatta la riserva aveva
acquistato efficacia di sentenza definitiva dal momento in cui
era passata in giudicato la sentenza di estinzione del processo, da questa data decorrendo il termine, nella specie rispettato, per proporre gravame.
2. – Con il primo mezzo (violazione e falsa applicazione
degli artt. 1140, 1141, 1142 e 1158 cod. civ.) si pongono i

7

senza operare la separazione delle cause, rinvii al prosieguo

seguenti quesiti: “se, ai sensi dell’art. 1141 cod. civ., il
possesso si presume in colui che esercita il potere di fatto
sulla cosa”; e “se ai sensi dell’art. 1141 la prova della detenzione debba essere data da colui che possiede o da colui

2.1. – La censura non coglie nel segno.
La Corte di Trento non ha messo in discussione il principio – che la ricorrente vorrebbe vedere qui affermato – secondo cui la presunzione di possesso è ricollegata dall’art. 1141
cod. civ. ad un potere di fatto sulla cosa che si manifesta in
attività corrispondenti all’esercizio della proprietà (o di
altro diritto reale), sussistendo in tale ipotesi un possesso
valido ad usucapionem,

e spettando a colui che contesta tale

potere l’onere di provare che l’attività materiale corrispondente al possesso sia iniziata come mera detenzione (o come
possesso precario), ovvero per tolleranza del titolare del diritto.
La Corte d’appello ha infatti accertato, sulla base
dell’espletata prova per testi, che la Zelgher fu immessa, insieme al marito, nel godimento degli immobili in questione
dall’allora proprietario Celeste Goss, suocero della stessa,
per pura concessione dettata da vincoli parentali che legavano
fra loro le parti; ed ha escluso che la Zelgher abbia dato la
dimostrazione di aver mutato il titolo del godimento del bene
da detenzione in possesso.

8

che contesta il possesso ai fini di utile usucapione”.

In questo contesto, correttamente la Corte di Trento ha
fatto applicazione del principio secondo cui la presunzione
del possesso in colui che esercita un potere di fatto, a norma
dell’art. 1141 cod. civ., non opera quando la relazione con il

rivi da un iniziale atto o fatto del proprietario-possessore:
in tal caso, per la trasformazione della detenzione in possesso occorre un mutamento del titolo che non può aver luogo mediante un mero atto di volizione interna, ma deve risultare
dal compimento di idonee attività materiali di specifica opposizione al proprietario-possessore (Cass., Sez. VI-2, 4 luglio
2011, n. 14593).
3. – Il secondo mezzo denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 2697, 2733, 1158 cod. civ. e 116 cod. proc.
civ. ed è affidato al seguente quesito: “(a) dica la Corte se
la confessione giudiziale resa da alcune parti rimaste contumaci nel giudizio sia o meno da sola sufficiente a dimostrare
il fondamento della domanda svolta in giudizio

ex art. 2733

cod. civ.; (b) dica la Corte se l’efficacia probatoria della
confessione giudiziale resa da alcune parti in giudizio superi
(e prevalga sul)le eventuali contrarie prove testimoniali assunte; (c) dica la Corte se la prova testimoniale contraria a
fatti ammessi con confessione giudiziale sia idonea ad inficiare la validità della prova confessoria; (d) dica la Corte
se la confessione del comproprietario dell’immobile circa il

9

bene non consegua ad un atto volontario d’apprensione, ma de-

possesso del bene sia sufficiente a dimostrare il possesso e
l’anímus utili ai fini dell’usucapione; (e) dica la Corte se
l’assegnazione del bene Immobile ai figli fatta in vita dal
proprietario sia valida ed utile ai fini della maturazione dei

Corte se l’anticipata divisione tra gli eredi dei beni fatta
dal proprietario in vita conferisca valido possesso o mera detenzione del bene da parte del ricevente”.
3.1. – Premesso che nella specie risulta applicabile ratione temporls il disposto dell’ora abrogato art. 366-bis cod.
proc. civ., il motivo à inammissibile per inidoneità del quesito di diritto con il quale l’esposizione della censura si
conclude.
Il quesito, infatti, si risolve nella mera prospettazione
di regole astratte senza in alcun modo rapportarsi alla vicenda dedotta in lite e senza perciò consentire l’individuazione
effettiva, e non meramente retorica, di una guaestio iurls
sulla quale il giudice di legittimità sia chiamato a pronunciarsi.
Per un verso, infatti, il quesito non riporta il contenuto
delle supposte dichiarazioni confessorie e non consente di
stabilire in che misura esse si discostino dalle deposizioni
rese dai testi, non precisando neppure se Flaviano Goss e Alberto Goss (figli dell’attrice) abbiano riferito di una disposizione traslativa da parte del nonno Celeste dei propri beni

requisiti per l’usucapibilità del bene stesso; (f) dica la

immobili già con atto inter vivos o se si siano limitati a dichiarare che il nonno Celeste aveva acconsentito a che i genitori andassero a vivere in quegli immobili.
Per l’altro verso, il quesito – discorrendo di “anticipata

ta” – muove dall’assunto che sia stata raggiunta la prova che
già in vita il proprietario Celeste Goss abbia provveduto a
trasferire immediatamente la proprietà dei suoi immobili,
provvedendo a dividerli tra i figli, e che ciò rilevi ai fini
della qualificazione come possesso, anziché come detenzione,
della relazione di fatto dell’attrice.
MA si tratta di un assunto che non tiene conto della circostanza che la Corte d’appello – nel rilevare che l’accordo
intercorso di “spartizione dei beni”, sia pure intervenuto con
l’assenso del proprietario, riguardava “i futuri eredi” – ha
con ciò escluso una volontà immediata, in capo a Celeste Goss,
di dismissione e di trasferimento dei beni, da valere già in
vita del medesimo, sicché correttamente la Corte dei merito ha
ritenuto tale “preteso accordo” “comunque irrilevante” ai fini
del sorgere, in capo all’assegnatario, di un possesso utile
all’usucapione.
4. – Con il terzo motivo si censura omessa, insufficiente
e contraddittoria motivazione su un fatto controverso e decisivo per il giudizio.

divisione tra gli eredi dei beni fatta dal proprietario in vi-

Il quinto mezzo denuncia omessa motivazione si fatto decisivo per il giudizio.
4.1. – L’uno e l’altro motivo sono inammissibili, in quanto del tutto carenti di un momento di sintesi, omologo al que-

miti delle censure proposta a norma dell’art. 360, n. 5, cod.
proc. civ. (Caos., Sez. Un., 18 ottobre 2012, n. 17838).
Alla stregua della letterale formulazione dell’art. 366bis cod. proc. civ. – introdotto, con decorrenza dal 2 marzo
2006, dall’art. 6 del d.gs. 2 febbraio 2006, n. 40, e abrogato
con decorrenza dal 4 luglio 2009 dall’art. 47 della legge 18
giugno 2009, n. 69, ma applicabile ai ricorsi proposti avverso
le sentenze pubblicate tra il 3 marzo 2006 e il 4 luglio 2009
(cfr. art. 58, comma 5, della legge n. 69 del 2009) – questa
Corte è ferma nel ritenere che, a seguito della novella del
2006, nel caso previsto dall’art. 360, n. 5, cod. proc. civ.,
allorché, cioè, il ricorrente denunci la sentenza impugnata
lamentando un vizio della motivazione, l’illustrazione di ciascun motivo deve contenere, a pena di inammissibilità, la
chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale
la motivazione si assume omessa o contraddittoria, ovvero le
ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la renda inidonea a giustificare la decisione.
Ciò importa, in particolare, che la relativa censura deve
contenere un momento di sintesi (omologo del quesito di dirit-

sito di diritto, che valga a circoscrivere puntualmente i li-

to) che ne circoscriva puntualmente i limiti (cfr., ad esempio, Cass., sez. un., l ° ottobre 2007, n. 20603).
Al riguardo, ancora è incontroverso che non è sufficiente
che l’indicazione del fatto controverso e delle ragioni della

motivo o che possa comprendersi dalla lettura di questo, occorrendo a tal fine una parte, del motivo stesso, che si presenti a ciò specificamente e riassuntivamente destinata
(Cass., Sez. II, 30 gennaio 2013, n. 2219).
5. – Il ricorso è rigettato.
Le spese del giudizio di cassazione, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.
PER QUESTI MOTIVI
La Corte rigetta il ricorso e

condanna la ricorrente al

rimborso delle spese processuali sostenute dal controricorrente, che liquida in complessivi euro 2.200, di cui euro 2.000
per compensi, oltre ad accessori di legge.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della II
Sezione civile della Corte suprema di Cassazione, il 28 novembre 2013.

non adeguatezza della motivazione sia esposta nel corpo del

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA