Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4079 del 16/02/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 16/02/2017, (ud. 12/01/2017, dep.16/02/2017),  n. 4079

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. IACOBELLIS Marcello – Presidente –

Dott. MOCCI Mauro – Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – rel. Consigliere –

Dott. CRUCITTI Roberta – Consigliere –

Dott. CONTI Roberto Giovanni – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 26498-2013 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, (C.F. (OMISSIS)), in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende ope legis;

– ricorrente –

contro

D.A., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA PANAMA 58,

presso lo studio dell’avvocato LUIGI MEDUGNO, che o rappresenta e

difende unitamente all’avvocato UBALDO LUCHETTI, giusta procura in

calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 123/7/2013, emessa il 19/06/2013, della

COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE delle MARCHE, depositata il

02/09/2013;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 12/01/2017 dal Consigliere Relatore Dott. GIULIA

IOFRIDA.

Fatto

IN FATTO

L’Agenzia delle Entrate propone ricorso per cassazione, affidato a tre motivi, nei confronti di D.A. (che resiste con controricorso), avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale delle Marche n. 123/07/2013, depositata in data 2/09/2013, con la quale – in controversia concernente l’impugnazione del silenzio-rifiuto opposto dall’Amministrazione finanziaria ad istanza del contribuente (esercente la professione di dottore commercialista) di rimborso dell’IRAP versata negli anni 2001, 2002 e 2003 – è stata confermata la decisione di primo grado, che aveva accolto il ricorso dei contribuente.

In particolare, i giudici d’appello, nel respingere il gravame dell’Agenzia delle Entrate, hanno sostenuto che doveva escludersi la sussistenza dell’autonoma organizzazione, stante l’esiguità delle somme corrisposte a terzi, in maniera non continuativa, ed il “complesso minimo dei beni strumentali” (“il computer, l’autovettura ed i mobili d’ufficio”).

A seguito di deposito di relazione ex art. 380 bis c.p.c., è stata fissata l’adunanza della Corte in camera di consiglio, con rituale comunicazione alle parti. Si dà atto che il Collegio ha disposto la redazione della ordinanza con motivazione semplificata.

Diritto

IN DIRITTO

1. La ricorrente lamenta, con il primo motivo, la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 446 del 1997, artt. 2 e 3 laddove la Commissione regionale aveva escluso la sussistenza di un’autonoma organizzazione, malgrado fosse stato prospettato (solo in appello) che il contribuente svolgeva a sua attività in forma associata, come associazione tra professionisti, sebbene non formalizzata e che venivano utilizzate collaborazioni continuative da parte di terzi.

2. La censura è infondata, avendo la C.T.R. correttamente applicato la normativa di riferimento, come interpretata anche di recente da questa Corte (cfr. Cass. S.U. n.9451/16), ed involgendo il mezzo un apprezzamento in fatto.

3. Il secondo motivo, con il quale si deduce l’insufficienza e la contraddittorietà della motivazione, è invece inammissibile alla luce della nuova disposizione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 (applicabile al ricorso essendo stata la sentenza impugnata depositata il 2.9.2013), come interpretato dalle SSUU di questa Corte (v. sentenza n. 5083/2014).

4. Egualmente inammissibile è, infine, il terzo motivo; con il quale si deduce l’omesso esame del fatto rappresentato dalla circostanza che il contribuente avrebbe esercitato la sua attività in forma associata, atteso che, così come prospettata, non si apprezza la decisività del fatto rassegnato.

Invero, non è in discussione l’assoggettamento ad IRAP del reddito prodotto dallo studio associato (cfr. Cass. S.U. 7371/2016) e questa Corte ha, anche da ultimo, ribadito che “l’esercizio di un’attività professionale (nella specie, di commercialista e revisore dei conti) nell’ambito dell’organizzazione costituita da una società di cui il professionista è socio (o dipendente) non realizza il presupposto impositivo costituito dall’autonoma organizzazione” (Cass. 17566/2016; Cass. 15746/2010).

5. Per tutto quanto sopra esposto, va respinto il ricorso.

Atteso che sul thema decidendum oggetto della lite vi è stato intervento recente delle Sezioni Unite di questa Corte, ricorrono giusti motivi per compensare integralmente tra le parti le spese processuali del presente giudizio di legittimità. Non sussistono i presupposti per il versamento del doppio contributo unificato da parte della ricorrente, poichè il disposto del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater non si applica all’Agenzia delle Entrate (Cass. SSUU 9938/2014).

PQM

La Corte rigetta il ricorso.

Dichiara integralmente compensate tra le parti le spese processuali.

Così deciso in Roma, il 12 gennaio 2017.

Depositato in Cancelleria il 16 febbraio 2017

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