Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4079 del 09/02/2022

Cassazione civile sez. II, 09/02/2022, (ud. 21/12/2021, dep. 09/02/2022), n.4079

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Presidente –

Dott. GORJAN Sergio – Consigliere –

Dott. CARRATO Aldo – rel. Consigliere –

Dott. ABETE Luigi – Consigliere –

Dott. CASADONTE Annamaria – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso (iscritto al N.R.G. 2027/2017) proposto da:

CLEANING M. & J. SOCIETA’ COOPERATIVA, (P.I.: (OMISSIS)), in

persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e

difesa, in virtù di procura speciale apposta in calce al ricorso,

dall’Avv. Claudio Mazzoni, ed elettivamente domiciliata presso il

suo studio, in Roma, v. Taro, n. 5;

– ricorrente –

contro

CONDOMINIO (OMISSIS), (C.F.: (OMISSIS)), in persona

dell’amministratore pro tempore, rappresentato e difesa, a mezzo di

procura speciale apposta a margine del controricorso, dall’Avv.

Danilo Lusso, ed elettivamente domiciliato presso il suo studio, in

Roma, piazzale Clodio, n. 18;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Corte di appello di Roma n. 4124/2016

(pubblicata in data 24 giugno 2016);

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

21 dicembre 2021 dal Consigliere relatore Dott. Aldo Carrato;

letta la memoria depositata dalla difesa della ricorrente ai sensi

dell’art. 380-bis.1 c.p.c..

 

Fatto

RITENUTO IN FATTO

1. Il (OMISSIS), proponeva tempestiva opposizione avverso il decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo n. 910/2011 emesso dal Tribunale di Velletri su ricorso della Cleaning M. & J società cooperativa per l’importo di Euro 10.008,48, oltre interessi e spese, a titolo di corrispettivo per i servizi di pulizia al fabbricato condominiale eseguiti dalla stessa società, sostenendo, in particolare, che il contratto di appalto intercorrente tra le parti doveva considerarsi affetto da nullità siccome l’appaltatrice non aveva consegnato il documento unico di regolarità contributiva (c.d. DURC), donde esso opponente aveva sospeso il pagamento del corrispettivo, oltretutto richiesto sulla base di fatture, come tali costituenti meri documenti unilaterali.

Nella costituzione dell’opposta ed all’esito dell’espletata istruzione probatoria, l’adito Tribunale, con sentenza n. 118/2014, accoglieva l’opposizione e, per l’effetto, revocava l’emesso decreto ingiuntivo a carico dell’opponente. A sostegno dell’adottata decisione il giudice di primo grado osservava che, in mancanza del DURC per il periodo a cui si riferivano le fatture poste a fondamento del ricorso monitorio, non poteva che configurarsi una responsabilità solidale del Condominio insieme alla Cooperativa appaltatrice per la irregolare posizione contributiva e fiscale dei dipendenti di quest’ultima, sicché del tutto legittimamente il Condominio aveva sospeso il pagamento del corrispettivo, facendo applicazione del principio di cui all’art. 1460 c.c..

2. Pronunciando sull’appello formulato dall’opposta soccombente, cui resisteva il Condominio appellato, la Corte di appello di Roma, con sentenza n. 4124/2016 (pubblicata il 24 giugno 2016), rigettava il gravame e confermava l’impugnata sentenza, condannando l’appellante alla rifusione delle spese del grado.

A fondamento dell’emanata sentenza la Corte laziale rilevava, innanzitutto, che la produzione relativa al DURC da parte della Cooperativa doveva ritenersi insufficiente, non avendo essa allegata la documentazione proveniente dalla sede centrale dell’INPS e/o da tutte le sedi competenti a conoscere delle posizioni assicurative sul territorio.

Osservava, poi, il giudice di appello che correttamente il Tribunale aveva ritenuto applicabile la disciplina dell’art. 1460 c.c., dal momento che non poteva ritenersi sussistente l’equilibrio contrattuale derivante dalla sua sinallagmaticità, poiché la prestazione della Cooperativa, ancorché materialmente eseguita, aveva esposto a rischio il Condominio per l’esazione, a carico dello stesso, degli oneri previdenziali e contributivi ai sensi del D.Lgs. n. 276 del 2002, art. 29, circostanza poi effettivamente verificatasi a seguito della notificazione del verbale di accertamento dell’INPS elevato nel 2013 nei confronti dello stesso Condominio.

3. Avverso la sentenza di appello ha proposto ricorso per cassazione, riferito a due motivi, la Cleaning M. & J società cooperativa. Si è costituito con controricorso l’intimato (OMISSIS).

La difesa della ricorrente ha anche depositato memoria ai sensi dell’art. 380-bis.1 c.p.c..

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Con il primo motivo la ricorrente ha denunciato – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 – l’omesso esame circa fatti decisivi per il giudizio che erano stati oggetto di discussione fra le parti.

In particolare la Cleaning M. & J società cooperativa riconduce tale doglianza alla non veridicità delle circostanze acclarate della Corte di appello sul fatto che tra le parti fosse stato regolarmente sottoscritto un contratto di appalto dei servizi di pulizia (anziché solo verbale), sulla circostanza che il Condominio avesse più volte richiesto ad essa ricorrente la documentazione attestante la sua regolarità contributiva e previdenziale e che essa non gliela avesse mai fornita e sul fatto che in atti non risultasse un DURC in regola (nel mentre era stata depositata la dichiarazione di regolarità sia contributiva che previdenziale, rispettivamente dell’INPS e dell’INAIL).

2. Con la seconda censura la ricorrente ha dedotto – in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 – la violazione e falsa applicazione della disciplina riguardante il DURC e del D.Lgs. n. 276 del 2003, art. 29 e art. 1460 c.c..

A sostegno di tale mezzo la ricorrente intende far rilevare che essa non era tenuta ad assolvere l’obbligo di munirsi del DURC nella fase del pagamento e che, inoltre, si sarebbe dovuto ritenere inapplicabile del D.Lgs. n. 276 del 2003, richiamato art. 29, poiché il Condominio non esercita attività di impresa e non è dotato di personalità giuridica. In ogni caso, aggiunge la ricorrente, la presenza di un DURC in regola, seppure successivo al tempo dell’emissione delle fatture, l’avrebbe pienamente legittimata a vedersi accreditata la somma richiesta e non contestata, con la conseguente errata applicazione, nella fattispecie, del citato art. 1460 c.c..

3. Rileva il collegio che il primo motivo è inammissibile perché – mediante la denuncia del vizio di cui dell’art. 360 c.p.c., n. 5) – la ricorrente ha, in effetti, inteso far valere non l’omissione dell’esame di fatti decisivi (che, invece, sono stati valutati) bensì la non veridicità dei fatti stessi (per come desumibile incontestabilmente dallo svolgimento del motivo e dall’affermazione inequivocabile che le circostanze indicate non erano affatto veritiere: cfr. pag. 12 del ricorso) come ritenuti dalla Corte di appello, che, pertanto, li ha comunque presi in considerazione, restando irrilevante l’eventuale erroneità o falsità di tale esame.

4. La seconda censura e’, invece, priva di fondamento e deve, perciò, essere rigettata.

Occorre osservare che, nella vicenda oggetto di controversia, si versa in un caso di appalto di servizi concluso tra un Condominio ed un’impresa di pulizia, in cui il primo è appaltante-committente (ovvero, comunque, datore di lavoro della ditta di pulizie) ed alla stregua della disciplina in materia e degli scopi dalla stessa tutelati circa la necessità della verifica della legittima posizione contributiva e previdenziale dei dipendenti della ditta appaltatrice e della conseguente configurabilità della responsabilità solidale tra appaltante e la stessa appaltatrice, è indubbio che l’impresa di pulizia (oggi ricorrente) era tenuta alla presentazione del DURC, tanto è vero che l’INPS ha notificato apposito verbale di accertamento a carico del Condominio, in applicazione del D.Lgs. n. 276 del 2003, art. 29, comma 2.

E’ evidente che il tenore letterale e la ratio della norma appena indicata sono intesi ad incentivare il corretto utilizzo dei contratti di appalto, inducendo il committente a selezionare imprenditori affidabili, per evitare che i meccanismi di decentramento e di dissociazione tra titolarità del contratto di lavoro e utilizzazione della prestazione vadano a danno del lavoratore (Cass. 7 dicembre 2018, n. 31768).

Inoltre, deve rimarcarsi che la logica della solidarietà tra l’appaltatore ed il committente, che garantisce il lavoratore circa il pagamento dei trattamenti retributivi dovuti in relazione all’appalto cui ha personalmente dedicato le proprie energie lavorative, nonché il dato testuale della norma, che fa riferimento al periodo di esecuzione del relativo contratto, impongono di ritenere che la solidarietà sussista solo per i crediti maturati con riguardo al periodo del rapporto stesso, con esclusione di quelli sorti in altri periodi.

Sulla base di questo quadro generale è consequenziale rilevare che l’amministratore di condominio è tenuto a chiedere alle aziende tutti i documenti necessari a dimostrare la loro regolarità a livello legale e di tutela della sicurezza dei dipendenti e il DURC è proprio uno dei documenti principali da esigere per capire se un’impresa di pulizie è idonea ad operare all’interno del condominio. Il documento unico di regolarità contributiva costituisce, infatti, la certificazione che devono avere le aziende o i professionisti per comprovare l’effettività dell’avvenuto pagamento dei contributi previdenziali ed assistenziali obbligatori, ragion per cui è solo dal suo regolare possesso che può desumersi la certezza che sia stato corrisposto tutto quanto dovuto, a tal titolo, all’INPS e all’INAIL.

Ciò chiarito, deve, a proposito della controversia qui in esame, ritenersi che – con valutazione di merito adeguata e, perciò, insindacabile nella presente sede di legittimità – la Corte di appello ha, invero, accertato l’inidoneità e, comunque, l’insufficienza della documentazione prodotta dall’odierna ricorrente rispetto al completo assolvimento dell’obbligo della presentazione del DURC (condizione, questa, invece compiutamente soddisfatta nella fattispecie esaminata nella sentenza allegata dalla stessa Cleaning M. & J. alla memoria depositata ai sensi dell’art. 380-bis.1 c.p.c.). In particolare, la Corte territoriale ha – come già posto in risalto – constatato che la documentazione prodotta in giudizio dall’odierna ricorrente non proveniva dalla sede centrale dell’INPS e, comunque, da tutte le sedi competenti a conoscere e disporre delle sue posizioni assicurative sul territorio, con la conseguenza che i DURC acquisiti agli atti del giudizio erano comunque da ritenersi insufficienti e/o parzialmente sufficienti a fornire il riscontro circa la suddetta regolarità contributiva e previdenziale in relazione ai periodi cui si riferivano le contestate fatture emesse dalla società cooperativa Cleaning (dalla stessa poste a fondamento del ricorso per decreto ingiuntivo).

Pertanto, stante la sinallagmaticità del rapporto contrattuale, il giudice di secondo grado ha ritenuto legittimamente operante e, quindi, applicabile l’art. 1460 c.c., perché – a fronte della mancata o, comunque, inesatta esecuzione del predetto obbligo da parte dell’impresa di pulizie e, quindi, dell’esposizione a rischio del Condominio di provvedere, quale responsabile in solido, al versamento degli oneri previdenziali e contributivi ai sensi del D.Lgs. n. 276 del 2003, citato art. 29, rischio poi concretizzatosi attraverso l’elevazione del verbale di accertamento Inps notificatogli per la violazione di detta norma – il Condominio stesso era legittimato a sospendere il pagamento delle prestazioni della ditta di pulizia, non sortendo, al riguardo, efficacia le fatture dalla stessa emesse.

5. In definitiva, alla stregua delle ragioni complessivamente svolte, il ricorso deve essere respinto, con la conseguente condanna della società ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio, che si liquidano nei sensi di cui in dispositivo.

Infine, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, occorre dare atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio, che si liquidano in complessivi Euro 2.500,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre contributo forfettario, iva e cpa nella misura e sulle voci come per legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile, il 21 dicembre 2021.

Depositato in Cancelleria il 9 febbraio 2022

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