Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4077 del 16/02/2017
Cassazione civile, sez. VI, 16/02/2017, (ud. 12/01/2017, dep.16/02/2017), n. 4077
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE T
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. IACOBELLIS Marcello – Presidente –
Dott. MOCCI Mauro – Consigliere –
Dott. IOFRIDA Giulia – rel. Consigliere –
Dott. CRUCITTI Roberta – Consigliere –
Dott. CONTI Roberto Giovanni – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 4034-2013 proposto da:
E.A., C.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA,
VIA ADOLFO GANDIGLIO 27, presso lo studio dell’avvocato EMIDDIO
PERRECA, rappresentato e difeso dall’avvocato GENNARO DI MAGGIO,
giusta procura a margine del ricorso;
– ricorrente –
e contro
AGENZIA DELLE ENTRATE, (C.F. (OMISSIS)), in persona del Direttore pro
tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,
presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e
difende ope legis;
– ricorrrente successiva –
avverso la sentenza n. 133/48/2012, emessa il 3/05/2012, della
COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE della CAMPANIA, depositata il
11/06/2012;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non
partecipata del 12/01/2017 dal Consigliere Relatore Dott. GIULIA
IOFRIDA.
Fatto
IN FATTO
L’Avv.to E.A. propone ricorso per cassazione, affidato a tre motivi, nei confronti dell’Agenzia delle Entrate (che resiste con controricorso), avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Campania n. 133/48/2012, depositata in data 11/06/2012, con la quale – in controversia concernente le riunite impugnazioni del silenzio-rifiuto opposto dall’Amministrazione finanziaria ad istanze del contribuente di rimborso dell’IRAP versata negli anni dal 2003 al 2006 – è stata riformata la decisione di primo grado, che aveva accolto il ricorso del contribuente.
In particolare, i giudici d’appello, nell’accogliere il gravame dell’Agenzia delle Entrate, hanno sostenuto che l’organizzazione autonoma doveva, nella specie, dedursi, valutati gli unici documenti prodotti dal contribuente (i quadri RE delle dichiarazioni), dall’utilizzo di uno studio professionale, prima locato e poi di proprietà, e soprattutto di terzi collaboratori, per prestazioni non occasionali, con compensi loro corrisposti “di notevole importo e sempre crescente negli anni” (da “Euro 15.896,00 ad Euro 26.798,00”), non avendo il contribuente neppure “provato a dimostrare, ad esempio, che parte di quei compensi fossero diretti (che dire?) al ragioniere che gli teneva la contabilità”.
A seguito di deposito di relazione ex art. 380 bis c.p.c., è stata fissata l’adunanza della Corte in camera di consiglio, con rituale comunicazione alle parti. Si dà atto che il Collegio ha disposto la redazione della ordinanza con motivazione semplificata.
Diritto
IN DIRITTO
1. Il ricorrente lamenta, con il primo motivo, la violazione e falsa applicazione, ex art. 360 c.p.c., n. 3, del D.Lgs. n. 446 del 1997, artt. 2 e 3 e art. 50 TUIR e, con il secondo ed il terzo motivo, oltre nuovamente la violazione e falsa applicazione, ex art. 360 c.p.c., n. 3, del D.Ls. n. 446 del 1997, artt. 2 e 3 l’illogica e contraddittoria motivazione, ex art. 360 c.p.c., n. 5 (formulazione anteriore alla Novella 2012, essendo stata la decisione impugnata pubblicata nel giugno 2012), denunciando il non corretto e comunque generico riferimento ai compensi corrisposti ai terzi collaboratori (“per un totale di Euro 90.852,00”, negli anni in contestazione), ai fini della ritenuta sussistenza dell’autonoma organizzazione, pur nell’assenza dell’utilizzo di dipendenti o di beni strumentali in misura consistente.
2. Le censure, da trattare unitariamente, in quanto connesse, sono infondate.
Questa Corte a Sezioni Unite (Cass., n. 9451/2016) ha affermato il seguente principio di diritto: “Con riguardo al presupposto dell’IRAP, il requisito dell’autonoma organizzazione – previsto dal D.Lgs. 15 settembre 1997, n. 446, art. 2 -, il cui accertamento spetta al giudice di merito ed è insindacabile in sede di legittimità se congruamente motivato, ricorre quando il contribuente; a) sia, sotto qualsiasi forma, il responsabile dell’organizzazione e non sia, quindi, inserito in strutture organizzative riferibili ad altrui responsabilità ed interesse; b) impieghi beni strumentali eccedenti, secondo l’id quod plerumque accidit, il minimo indispensabile per l’esercizio dell’attività in assenza di organizzazione, oppure si avvalga in modo non occasionale di lavoro altrui che superi la soglia dell’impiego di un collaboratore che esplichi mansioni di segreteria ovvero meramente esecutive”.
In ordine all’incidenza delle spese per beni strumentali, occorre verificare se si tratti o meno di beni eccedenti, secondo l’id quod plerumque accidit, il minimo indispensabile per l’esercizio dell’attività professionale in assenza di organizzazione.
Con riguardo specifico all’impiego non occasionale di lavoro altrui, costituente una delle possibili condizioni che configurano l’esistenza di un’autonoma organizzazione, questa Corte (Cass. 23761/2010; Cass. 22674/2014) ha già affermato che è soggetto ad Irap il professionista che, per prestazioni afferenti l’esercizio della propria attività, eroga elevati compensi a terzi, restando indifferente il mezzo giuridico utilizzato e, cioè, il ricorso a lavoratori dipendenti, a una società di servizi o un’associazione professionale.
Nella specie, la C.T.R. afferma che l’autonoma organizzazione deve ritenersi sussistente, tenuto conto essenzialmente dell’apporto, costante e continuo negli anni, di terzi collaboratori, per prestazioni non occasionali, con compensi loro corrisposti “di notevole importo e sempre crescente negli anni” (da “Euro 15.896,00”, nel primo anno in contestazione, ad “Euro 26.798,00”, nel 2006), non avendo il contribuente offerto alcuna prova in ordine alla tipologia delle prestazioni offerte dai terzi. Peraltro, in questa sede, il ricorrente non ha dedotto specificamente (anche ai fini dell’autosufficienza) l’omessa valutazione da parte dei giudici della C.T.R. di elementi concreti, già offerti nei gradi di merito, utili ad escludere la non occasionalità e la non inerenza, rispetto all’attività professionale espletata, delle suddette collaborazioni esterne.
3. Per tutto quanto sopra esposto, va respinto il ricorso.
Atteso che sul thema decidendum oggetto della lite vi è stato intervento recente delle Sezioni Unite di questa Corte, ricorrono giusti motivi per compensare integralmente tra le parti le spese processuali del presente giudizio di legittimità.
Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della ricorrenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente, dell’importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.
PQM
La Corte rigetta il ricorso.
Dichiara integralmente compensate tra le parti le spese processuali.
Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della ricorrenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente, dell’importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.
Così deciso in Roma, il 12 gennaio 2017.
Depositato in Cancelleria il 16 febbraio 2017