Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4075 del 18/02/2020

Cassazione civile sez. trib., 18/02/2020, (ud. 12/12/2019, dep. 18/02/2020), n.4075

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CHINDEMI Domenico – Presidente –

Dott. PAOLITTO Liberato – Consigliere –

Dott. FASANO Anna Maria – Consigliere –

Dott. LO SARDO Giuseppe – Consigliere –

Dott. PEPE Stefano – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso iscritto al n. 24099/2014 R.G. proposto da:

C.A., rappresentato e difeso dall’avv. Daniele

Sterrantino ed elettivamente domiciliato presso il suo studio in

Roma, via Crescenzio n. 62;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE (C.F.: (OMISSIS)), in persona del Direttore pro

tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato

(C.F.: (OMISSIS)), presso i cui uffici in Roma, Via dei Portoghesi

12, è domiciliata;

– intimata –

avverso la sentenza n. 266/06/13 della Commissione tributaria

Regionale di Roma, depositata il 10/07/2013;

Udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 12/12/2019 dal

Consigliere Stefano Pepe;

udite le conclusioni rassegnate dal Sostituto Procuratore Generale

Dott. Francesco Salzano, che ha concluso per l’accoglimento del

ricorso;

udite le conclusioni rassegnate dall’Avv. Pasquale Pucciariello per

la resistente.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

1. Con avviso di rettifica e liquidazione notificato il 2.9.2008 relativo all’atto di compravendita di un fabbricato ad uso autorimessa sito in Roma, località La Rustica, registrato il 12.10.2006, l’Agenzia dell’entrate accertava che l’immobile, in base ai valori OMI, aveva un valore di Euro 630.700,00 a fronte di quello dichiarato di Euro 120.000,00.

2. Il contribuente proponeva ricorso avverso il suddetto avviso adducendo il difetto di motivazione dello stesso, l’errata valutazione del valore reale dell’immobile nonchè il difetto di prova di quello maggiore indicato dall’Ufficio

3. La CTR, con sentenza n. 266/06/13 depositata il 24.06.2013, in riforma parziale della sentenza di primo grado, riduceva il valore dell’immobile in Euro 400.000,00

4. Avverso tale sentenza C.A. propone ricorso per cassazione affidato a tre motivi.

5. L’Agenzia dell’entrate è rimasta intimata, costituendosi al solo fine di un’eventuale partecipazione all’udienza.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Con il primo motivo il ricorrente deduce, ex art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, la violazione e falsa applicazione della L. n. 212 del 2000, art. 7, nonchè l’omessa e/o insufficiente motivazione da parte della CTR circa la relativa eccezione.

Il ricorrente lamenta che la motivazione contenuta nell’avviso, con la quale ai fini della determinazione del valore dell’immobile oggetto di compravendita si rimandava ai valori OMI, si poneva in contrasto con l’art. 7 cit.

2. Con il secondo motivo il ricorrente censura, ex art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, la sentenza della CTR per violazione del D.P.R. n. 131 del 1986, artt. 51 e 52, nonchè per omessa motivazione in quanto non ha tenuto conto che l’avviso di rettifica non indicava gli elementi assunti a riferimento per la determinazione del maggior valore dell’immobile.

3. Con il terzo motivo il ricorrente deduce, ex art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, la violazione della circolare dell’Agenzia dell’entrate contenente le tabelle OMI e la L. n. 223 del 2006, per avere la CTR rideterminato il valore dell’immobile in Euro 400.000,00 senza alcun parametro di riferimento.

4. Il tre motivi di ricorso, da trattarsi congiuntamente stante la loro stretta connessione, non sono fondati.

In via preliminare deve rilevarsi che la CTR, nel ritenere il primo motivo di ricorso inammissibile in quanto “nuovo”, non ha tenuto conto che la censura in esame era stata posta a fondamento sin dal ricorso in primo grado (cfr. ricorso proposto alla CTP) e, dunque, era pienamente ammissibile.

Nel merito, il ricorrente sottopone all’attenzione di questa Corte l’avviso di rettifica con il quale l’Amministrazione ha provveduto a rideterminare, sulla base delle tabelle OMI, il valore dell’immobile oggetto di compravendita. In particolare, le censure si incentrano sul difetto di motivazione del suindicato avviso non essendo all’uopo sufficiente il richiamo alle indicate tabelle.

Il D.P.R. n. 131 del 1986 (Approvazione del Testo unico delle disposizioni concernenti l’imposta di registro), all’art. 52 (Rettifica del valore degli immobili e delle aziende), ai commi 2 e 2 bis, prevede che l’avviso di rettifica deve contenere “l’indicazione del valore attribuito a ciascuno dei beni o diritti in esso descritti, degli elementi di cui all’art. 51 in base ai quali è stato determinato, l’indicazione delle aliquote applicate e del calcolo della maggiore imposta, nonchè dell’imposta dovuta in caso di presentazione del ricorso” e che “la motivazione dell’atto deve indicare i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche che lo hanno determinato. Se la motivazione fa riferimento ad un altro atto non conosciuto nè ricevuto dal contribuente, questo deve essere allegato all’atto che lo richiama salvo che quest’ultimo non ne riproduca il contenuto essenziale. L’accertamento è nullo se non sono osservate le disposizioni di cui al presente comma”.

L’obbligo della motivazione dell’avviso di accertamento di maggior valore se da un lato mira a delimitare l’ambito delle ragioni adducibili dall’Ufficio nell’eventuale fase contenziosa e, quindi, a consentire al contribuente l’esercizio “17. del diritto di difesa così da porlo in condizione di prestare acquiescenza o di dare avvio ad apposito ricorso giurisdizionale, dall’altro, deve fondarsi su presunzioni gravi precise e concordanti.

Questa Corte, con indirizzo condiviso dal Collegio, ha precisato che: “In tema di accertamento dei redditi di impresa, in seguito alla sostituzione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39 ad opera della L. n. 88 del 2009, art. 24, comma 5, che, con effetto retroattivo, stante la sua finalità di adeguamento al diritto dell’Unione Europea, ha eliminato la presunzione legale relativa (introdotta dal D.L. n. 223 del 2006, art. 35, comma 3, conv., con modif., dalla L. n. 248 del 2006) di corrispondenza del corrispettivo della cessione di beni immobili al valore normale degli stessi (così ripristinando il precedente quadro normativo in base al quale, in generale, l’esistenza di attività non dichiarate può essere desunta “anche sulla base di presunzioni semplici, purchè siano gravi, precise e concordanti”). L’accertamento di un maggior reddito derivante dalla predetta cessione di beni immobili non può essere fondato soltanto sulla sussistenza di uno scostamento tra il corrispettivo dichiarato nell’atto di compravendita ed il valore normale del bene quale risulta dalle quotazioni OMI, ma richiede la sussistenza di ulteriori elementi indiziari gravi, precisi e concordanti” (Cass. n. 9474 del 2017). Il principio è applicabile anche all’imposta di registro, con effetto retroattivo, stante la finalità di adeguamento al diritto dell’Unione Europea (Cass. n. 11439 del 2018).

Le quotazioni OMI, risultanti dal sito web dell’Agenzia delle entrate, non costituiscono una fonte tipica di prova del valore venale in comune commercio del bene oggetto di accertamento, ai fini dell’imposta di registro, ipotecaria e catastale, essendo idonee a condurre ad indicazioni di valore di larga massima (Cass. n. 25707 del 2015). Il riferimento alle stime effettuato sulla base dei valori OMI, per aree edificabili del medesimo comune, non è quindi idoneo e sufficiente a rettificare il valore dell’immobile, tenuto conto che il valore dello stesso può variare in funzione di molteplici parametri quali l’ubicazione, la superficie, la collocazione nello strumento urbanistico, nonchè lo stato delle opere di urbanizzazione (Cass. n. 18651 del 2016; Cass. n. 11439 del 2018). Nel caso di specie, l’avviso di liquidazione fondato esclusivamente sui valori OMI, in difetto di ulteriori elementi forniti dall’Agenzia delle entrate, non è idoneo, in quanto non congruamente motivato, ad indicare il valore venale in comune commercio del bene, assumendo all’uopo rilievo le eccezioni sollevate dal contribuente circa la natura del bene che risultava allo stato grezzo. (Cass. n. 21813 del 2018).

Il ricorso va, pertanto, accolto, e la sentenza impugnata cassata e, non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto, decidendo nel merito, va accolto il ricorso introduttivo proposto dal contribuente.

5. Attesa la peculiarità della questione, il cui recente orientamento della giurisprudenza di legittimità è sopravvenuto alla proposizione del ricorso, vanno compensate le spese per ogni fase e grado.

PQM

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, accoglie il ricorso introduttivo proposto dal contribuente.

Compensa le spese dell’intero giudizio.

Così deciso in Roma, il 12 dicembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 18 febbraio 2020

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