Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4075 del 09/02/2022

Cassazione civile sez. II, 09/02/2022, (ud. 21/12/2021, dep. 09/02/2022), n.4075

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Presidente –

Dott. GORJAN Sergio – Consigliere –

Dott. CARRATO Aldo – rel. Consigliere –

Dott. ABETE Luigi – Consigliere –

Dott. CASADONTE Annamaria – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso (iscritto al N.R.G. 1288/2017) proposto da:

L.G.G., (C.F.: (OMISSIS)), rappresentato e difeso, in

virtù di procura speciale apposta a margine del ricorso, dall’Avv.

Matteo Malandrino, ed elettivamente domiciliato presso lo studio

dell’Avv. Annamaria De Nicolo, in Roma, Lungotevere della Vittoria,

n. 10/B;

– ricorrente –

contro

G.G., (C.F.: (OMISSIS)), rappresentato e difeso, a mezzo di

procura speciale in calce al controricorso, dall’Avv. Bernardino

Pasanisi, e domiciliato “ex lege” presso la Cancelleria civile della

Corte di cassazione, in Roma, piazza Cavour;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Corte di appello di Lecce Sez. Dist.

Taranto, n. 392/2016 (pubblicata in data 8 agosto 2016);

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

21 dicembre 2021 dal Consigliere relatore Dott. Aldo Carrato;

lette le memorie depositate dalle difese di entrambe le parti ai

sensi dell’art. 380-bis.1 c.p.c..

 

Fatto

RITENUTO IN FATTO

1. L.G.G., nella qualità di legale rappresentante della ditta “La Termica”, conveniva dinanzi al Tribunale di Taranto, con atto di citazione del febbraio 2001, G.G. chiedendone la condanna al pagamento dell’ulteriore somma di Lire 14.668.000 per l’esecuzione di alcune varianti, richieste dal convenuto committente, ai lavori appaltati relativi alla realizzazione dell’impianto di climatizzazione nei locali commerciali dello stesso, ubicati in (OMISSIS), per i quali era stata pattuita contrattualmente, quale corrispettivo, la somma di Lire 60.000.000, già pagata.

Si costituiva in giudizio il predetto convenuto, il quale instava per il rigetto della domanda, assumendo che le opere difformi da quelle oggetto del contratto appalto erano state eseguite da esso quale appaltatore per adeguare tale oggetto a causa di errori commessi nella preventivazione delle opere da eseguire. In particolare, deduceva che la variazione nella sistemazione di alcune componenti si era resa necessaria per la migliore utilizzabilità e per poter eseguire sulle macchine interne i dovuti interventi manutentivi, precisando, altresì, che la fornitura di macchine interne era stata indispensabile a causa di un errore dell’appaltatore, il quale aveva preventivato le macchine sostituite senza valutarne gli ingombri.

Oltre a richiedere la reiezione della domanda, il convenuto formulava anche domanda riconvenzionale per asseriti vizi delle opere appaltate, richiedendo, a tal proposito, il pagamento dell’attore al pagamento della somma di Lire 2.000.000, per lavori di impiantistica non realizzati, dell’importo di altri 2.000.000 di Lire per l’esecuzione di opere in cartongesso resesi necessarie per effetto di errori progettuali dell’attore e della somma di Lire 11.000.000 per la mancata esecuzione della lama d’aria progettata dall’appaltatore, inclusa nell’oggetto del contratto ma non realizzata.

All’esito dell’espletata istruzione probatoria, nel corso della quale veniva assunta prova orale e disposta c.t.u., l’adito Tribunale, con sentenza n. 1571/2012, riteneva riscontrata la circostanza che il committente aveva richiesto le varianti dedotte in giudizio e che dalla c.t.u. era emerso che le stesse si erano rese necessarie per adeguare gli impianti alle esigenze dello stesso committente e che le opere realizzate non presentavano vizi. Pertanto, previa quantificazione delle stesse sulla scorta della c.t.u. e decurtato dal relativo importo il valore della lama d’aria, contrattualmente preventivata ma non realizzata, il suddetto Tribunale condannava il convenuto al pagamento, in favore dell’attrice, della differenza di Euro 6.170,93, respingendo ogni altra pretesa.

2. Decidendo sull’appello interposto dal G.G. e nella costituzione dell’appellato, la Corte di appello di Lecce – sez. dist. di Taranto, con sentenza n. 392/2016 (pubblicata l’8 agosto 2016), accoglieva il gravame e, in riforma dell’impugnata sentenza, rigettava la domanda originaria proposta dal L.G.G., nella rappresentata qualità, condannandolo alla rifusione delle spese di entrambi i gradi di giudizio.

A sostegno dell’adottata decisione, la Corte territoriale – diversamente dall’avviso del giudice di prime cure – evidenziava come, dalle risultanze istruttorie, dovesse ritenersi emergente che il contratto del 9 novembre 1999 aveva riguardato, tra le altre, alcune opere progettate dal committente, rivelatesi, però, in sede di esecuzione inidonee rispetto ai luoghi e per come eseguite, per cui, su richiesta del G., che aveva contestato tale inidoneità, erano state effettuate altre opere in sostituzione ed impiegate altre macchine. Rilevava, quindi, la Corte di appello che, poiché era stato necessario intervenire con l’esecuzione di alcune opere in variante a causa della responsabilità della ditta appaltatrice, le stesse non potevano farsi rientrare in quelle previste dall’art. 1661 c.c., per il solo fatto che il G. era stato costretto a richiederle in ragione dell’inidoneità di quelle originarie preventivate dal L.G.. Peraltro, aggiungeva la Corte tarantina, anche qualora si fossero volute ritenere autorizzate dal G. ai sensi dell’art. 1659 c.c., comma 3, l’appaltatrice non avrebbe avuto diritto al compenso per le variazioni e le aggiunte, in quanto il prezzo dell’intera opera concordato nella misura di Lire 60.000.000 – era stato globalmente determinato e non era risultata intervenuta tra le parti alcuna pattuizione contraria.

3. Avverso la sentenza di appello ha proposto ricorso per cassazione, riferito a tre motivi, il L.G.G.. L’intimato ha resistito con controricorso. I difensori di entrambe le parti hanno anche depositato memoria ai sensi dell’art. 380-bis.1 c.p.c..

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Con il primo motivo il ricorrente ha denunciato – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 – la violazione e falsa applicazione degli artt. 342 e 112 c.p.c., in relazione all’art. 329 c.p.c., comma 2, prospettando che la sentenza di primo grado si era basata, con riferimento all’an debeatur, al documento denominato “Verbale di collaudo e consegna del (OMISSIS)”, dal quale si evinceva che il titolare della ditta allegava certificazione di conformità col progetto esecutivo realizzato in modo difforme da quello presentato e vistato ma realizzato durante i lavori a seguito di specifiche richieste del responsabile e/o titolare dell’attività, e che, con l’atto di appello, il G. non aveva confutato tale statuizione, ragion per cui su tale aspetto era intervenuta acquiescenza, con la conseguente formazione del giudicato implicito sul relativo oggetto.

2. Con la seconda censura il ricorrente ha dedotto – in ordine all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 – il vizio di motivazione incomprensibile e/o di manifesta ed irriducibile contraddittorietà dell’impugnata sentenza in relazione all’art. 132 c.p.c., , comma 2, n. 4), con riferimento al percorso seguito dalla Corte di appello al fine di superare l’efficacia probatoria del suddetto verbale, con il quale, una volta accertato che la richiesta di variazioni al progetto era provenuta dal committente, si era sostenuto che tale accadimento – documentalmente riscontrato e frutto della libera determinazione volitiva dello stesso committente – non fosse utile all’accertamento definitivo della volontà manifestata dal G. in tal senso, e ciò, aggiunge il ricorrente, malgrado esso costituisse, invece, un fatto storico indubbio.

3. Con la terza doglianza il ricorrente ha prospettato – con riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 – l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che era stato oggetto di discussione tra le parti, avuto riguardo alla mancata valutazione della parte della c.t.u., disposta per l’accertamento relativo all’entità dei lavori eseguiti, in cui era stata appurata la differenza dei costi tra il progetto esecutivo contrattuale e le lavorazioni richieste dal committente in modifica ed aggiunta in corso d’opera. Pertanto, si sarebbe dovuta ritenere incorsa nel denunciato vizio la sentenza della Corte di appello laddove aveva affermato che non era stata acquisita agli atti la prova dei maggiori costi rilevati per differenza rispetto a quelli delle opere inizialmente progettate.

4. Rileva il collegio che il primo motivo si prospetta inammissibile e, in ogni caso, infondato.

In primo luogo va osservato che il ricorrente non ha riprodotto specificamente, nel corpo del motivo, il contenuto dell’atto di appello (non essendo sufficiente l’allegazione al ricorso della copia di detto atto in forma integrale), dal quale – si assume – non sarebbe emergente la puntuale e diretta contestazione dell’efficacia probatoria del verbale di collaudo, limitandosi a riferire che con esso non era stata addotta alcuna critica a detto verbale.

Ad ogni modo, dallo stesso accluso atto di appello emerge – a pag. 5 – che era intervenuta la formulazione di contestazioni riguardanti proprio il verbale di collaudo del 7 luglio 2000, sia con riferimento al tenore letterale dello stesso che alla portata della sua dichiarazione finale circa l’idoneità della medesima a costituire o meno valido elemento per sostenere che le varianti al progetto era stato state richieste dal committente o, invece, costituire un’autorizzazione di quest’ultimo alle varianti eseguite dall’appaltatore, fermo restando il disposto dell’art. 1659 c.c., comma 3.

Da ciò consegue che non può ritenersi formatasi alcuna acquiescenza su tale aspetto così come dedotta con l’esaminata censura.

5. Ritiene, invece, il collegio che è fondato il secondo motivo.

Si osserva che, effettivamente, la motivazione dell’impugnata sentenza di appello si connota per una sua manifesta ed irrisolvibile contraddittorietà laddove, per un verso, la Corte ritiene – sulla base dell’inequivoco contenuto del verbale di collaudo del 7 luglio 2000 non contestato nella sua oggettività e di cui non è stata disconosciuta la sottoscrizione (né dedotta la falsità ideologica) – che risulta indubbio il fatto storico rappresentato dall’intervento di varianti richieste dal G. rispetto al progetto predisposto dall’appaltante (e, quindi, provata tale circostanza) e, per altro verso, che la dichiarazione del G. risultante da tale verbale non poteva essere idonea a costituire una confessione perché non avente ad oggetto un fatto storico dubbio.

Ma a fronte di un fatto incontestato (la richiesta di varianti da parte del G., dallo stesso attestata in una scrittura privata bilaterale) non vi era alcuna necessità di far luogo al riferimento della confessione e, in ogni caso, nella fattispecie sarebbe stato applicabile l’art. 2735 c.c., con equiparazione della confessione stragiudiziale a quella giudiziale perché fatta, nel verbale di collaudo, alla controparte, relativamente, per l’appunto, alla circostanza che le varianti erano state eseguite su ordine del G..

6. Anche la terza ed ultima doglianza è fondata dal momento che, nell’impugnata sentenza, la Corte di appello ha omesso di esaminare il fatto decisivo – accertato specificamente dal c.t.u. ed incidente sull’esito della causa – relativo all’individuazione dei costi riconducibili alla realizzazione delle opere di cui al progetto esecutivo contrattualmente approvato e di quelli concernenti gli interventi ulteriori richiesti dal committente a titolo di modifiche aggiunte in corso d’opera, al fine di rilevarne la differenza.

7. In definitiva, alla stregua delle argomentazioni complessivamente svolte, previo rigetto del primo motivo, vanno accolti il secondo ed il terzo, con conseguente rinvio della causa, limitatamente per l’appunto alle censure ritenute fondate (implicanti la necessità dello svolgimento di una motivazione intrinsecamente non contraddittoria ed illogica, nonché la necessità di prendere in esame il suddetto fatto da considerarsi decisivo), alla Corte di appello di Lecce – Sezione distaccata di Taranto, che provvederà a regolare anche le spese del presente giudizio di legittimità.

PQM

La Corte accoglie il secondo e terzo motivo del ricorso, rigetta il primo. Cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia, anche per le spese del presente giudizio, alla Corte di appello di Lecce – Sezione distaccata di Taranto, in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile, il 21 dicembre 2021.

Depositato in Cancelleria il 9 febbraio 2022

 

 

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA