Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4072 del 18/02/2011

Cassazione civile sez. trib., 18/02/2011, (ud. 12/01/2011, dep. 18/02/2011), n.4072

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LUPI Fernando – Presidente –

Dott. MERONE Antonio – rel. Consigliere –

Dott. CAPPABIANCA Aurelio – Consigliere –

Dott. IACOBELLIS Marcello – Consigliere –

Dott. DI BLASI Antonino – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 18263-2008 proposto da:

G.P., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA MONTE ZEBIO

30, presso lo studio dell’avvocato CAMICI GIAMMARIA, che lo

rappresenta e difende unitamente all’avvocato CAMOZZI FEDERICO,

giusta delega a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE (OMISSIS) in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende, ope legis;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 48/2007 della Commissione Tributaria Regionale

di MILANO del 4.4.07, depositata il 15/05/2007;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

12/01/2011 dal Consigliere Relatore Dott. MERONE Antonio;

E’ presente il Procuratore Generale in persona del Dott. ZENO

Immacolata.

Fatto

FATTO E DIRITTO

Il Collegio:

Letti gli atti del ricorso specificato in epigrafe:

Vista, condivisa e fatta propria la relazione redatta ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c. nella quale si legge:

“La controversia ha ad oggetto un avviso di accertamento notificato al sig. G.P. sulla base bei parametri adottati con D.P.C.M. 29 gennaio 1996 e successive modificazioni.

Con l’odierno ricorso, proposto contro l’Agenzia delle Entrate, il sig. G. chiede la cassazione della sentenza indicata in epigrafe sulla base di tre motivi.

L’Agenzia resiste con controricorso Il ricorso non può trovare accoglimento.

Preliminarmente va rigettata l’eccezione di inammissibilità del ricorso per intempestività, perchè io stesso risulta spedito entro il termine lungo di decadenza, anche se è stato ricevuto successivamente dalla parte resistente.

Con il primo motivo, denunciando la violazione e falsa applicazione del L. n. 212 del 2000, art. 6, commi 3 e 5, della L. n. 146 del 1998, art. 10, comma 3 bis, la parte ricorrente pone alla Corte il seguente quesito di diritto: se l’invito a comparire di cui alla L. 8 maggio 1998, n. 146, art. 10, comma 3 bis, debba essere rivolto al contribuente entro un termine congruo, e in tal caso se possa considerarsi per analogia il termine di trenta giorni previsto dalla L. 27 luglio 2000, n. 212, art. 6, comma 5, e comunque se possa ritenersi congruo un termine inferiore a 15 giorni.

Il motivo è in parte inammissibile ed in parte infondato. E’ inammissibile nella parte in cui il quesito non specifica in concreto quale sia il termine effettivo concesso al contribuente, sì che il giudizio di congruità non sarebbe formulabile, se si prescinde, come si deve prescindere, da riferimento alla L. n. 212 del 2000, art. 6, che riguarda altra fattispecie. Il criterio della congruità del termine, invocalo dal ricorrente, consente all’interprete di stabilire quale sia in concreto i termine che consente di esercitare il diritto al contraddittorio e, quindi, manca il presupposto della lacuna normativa che legittima il ricorso alla analogia. Nella specie, poi, dalla illustrazione del motivo si apprende che il termine concesso era stato di 14 giorni, termine congruo se il contribuente non doveva effettuare particolari indagini o reperire particolari documenti (nè vi sono specifiche e concrete eccezioni in tal senso). E’ però assorbente la considerazione che la questione della congruità del termine attiene al giudizio di merito e, dalla lettura della sentenza impugnata non risulta che sia stato oggetto dei precedenti gradi di giudizio.

Con il secondo motivo, denunciando violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 42, art. 53 Cost., e art. 2729 c.c., vengono posti alla Corte i seguenti quesiti:

a) se il divieto di determinare il reddito imponibile prescindendo dalla reale capacità contributiva e l’obbligo di motivare gli atti di accertamento fiscale risultino violati in caso in cui l’atto di accertamento sia motivato con esclusivo riferimento ai parametri di cui al citato D.P.C.M.;

b) se l’accertamento basato sui parametri sia vanificato dal l’atto che la dichiarazione del contribuente risulti congrua e coerente con gli studi di settore.

11 quesito sub a) pone una questione di merito inammissibile in questa sede perchè censura direttamente il contenuto dell’atto originariamente impugnato, in relazione alla congruità della sua motivazione. Peraltro il quesito non rispecchia i termini effettivi della fattispecie, perchè è pacifico che il contribuente ha ricevuto l’invito al contraddittorio ma non vi ha aderito, adducendo una non congruità del termine, senza però dimostrare in fatto che il termine concesso non consentiva l’esercizio del diritto al contraddittorio preventivo. Quindi, l’accertamento era basato sui parametri, ma anche sulla mancata comparizione del contribuente.

Il quesito sub b) è parimenti inammissibile perchè presuppone un accertamento di l’atto (relativamente alla congruità e coerenza della dichiarazione rispetto agli studi di settore) che non trova riscontro nella narrativa della sentenza (nè vi è eccezione di omessa pronuncia). Anzi dalla lettura della narrativa della sentenza risulta il contrario di quanto assume il ricorrente: Rileva infine l’Ufficio appellante che i giudici di prima istanza non hanno tenuto conto che lo Studio di settore allegato da contribuente al ricorso introduttivo non risulta congruo.

Infine, con il terzo motivo, denunciando vizi di motivazione, prospetta sostanzialmente questioni di fatto, eccependo in maniera generica e non autosufficiente che la CTR non avrebbe tenuto conio di fatti che hanno ridotto la produttività, dei risultati dello studio di settore elaborato dallo stesso G. e di altri elementi non meglio specificati.

Il motivo è generico e non autosufficiente e invoca esiti probatori che non si sa quando e come sarebbero stati allegati e acquisiti”;

Considerato che la relazione è stata notificata ai sensi dell’art. 308 bis c.p.c., comma 3, che la discussione in camera di consiglio non ha apportato nuovi elementi di valutazione e che, pertanto, il ricorso deve essere rigettato, con aggravio di spese a carico del ricorrente, liquidate come da dispositivo, per il principio della soccombenza.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in complessivi Euro 2000, per onorario, oltre le spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 12 gennaio 2011.

Depositato in Cancelleria il 18 febbraio 2011

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