Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4071 del 20/02/2018


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Civile Sent. Sez. L Num. 4071 Anno 2018
Presidente: BRONZINI GIUSEPPE
Relatore: NEGRI DELLA TORRE PAOLO

SENTENZA

)

sul ricorso 2021-2013 proposto da:
BOTONDI

GIULIO

BTNGDU56M14L117S,

Data pubblicazione: 20/02/2018

elettivamente

domiciliato in ROMA, VIALE GORIZIA 51-B, presso lo
studio dell’avvocato FERRUCCIO ZANNINI, rappresentato
e difeso dall’avvocato RAFFAELA ISCERI, giusta delega
in atti;
– ricorrente contro

CASA DI CURA VILLA SERENA DEL DOTTOR L. PETRUZZI
S.R.L., in persona del legale rappresentante pro
tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE

GORIZIA 14, presso lo studio dell’avvocato FRANCO
SABATINI, che la rappresenta e difende giusta delega
in atti;
– controricorrente –

avverso il provvedimento n. 1087/2012 della CORTE

r.g.n. 877/2012;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 10/10/2017 dal Consigliere Dott. PAOLO
NEGRI DELLA TORRE;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. STEFANO VISONA’, che ha concluso per
l’inammissibilità del ricorso.
udito l’Avvocato FERRUCCIO ZANNINI;
udito l’Avvocato LORENZO MINISCI per delega verbale
Avvocato FRANCO SABATINI.

NN

N.
“N.

D’APPELLO di L’AQUILA, depositata il 19/10/2012,

R.G. 2021/2013

Fatti di causa
1. Con sentenza n. 1087/2012, depositata il 19 ottobre 2012, la Corte di appello di L’Aquila,

primo grado, rigettava la domanda di Guido Botondi diretta all’accertamento della natura
subordinata dell’attività svolta, in qualità di fisioterapista, per la Casa di Cura Villa Serena s.r.l.
negli anni 1985-2004, rilevando come gli elementi acquisiti al giudizio relativamente alle
modalità di svolgimento di tale attività portassero a qualificare il rapporto come di lavoro
autonomo.
2. Ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza il Botondi con unico motivo; la società
ha resistito con controricorso, assistito da memoria.

Ragioni della decisione

1. Con il motivo proposto il ricorrente, deducendo violazione e falsa applicazione dell’art. 2094
cod. civ. nonché motivazione illogica e insufficiente, censura la sentenza impugnata per avere
la Corte territoriale, in una fattispecie in cui l’assoggettamento del lavoratore al potere di
direzione e controllo del datore di lavoro non era agevolmente apprezzabile in relazione
all’atteggiarsi in concreto del rapporto, omesso di fare riferimento ad altri criteri,
complementari e sussidiari, i quali, pur se privi di valore decisivo se individualmente
considerati, ben potevano essere valutati globalmente dal giudice di merito come indici
dimostrativi della subordinazione.
2. Il motivo non può essere accolto.
3. Si deve, infatti, osservare come il ricorrente, pur precisando di non voler contestare “la
metodologia di interpretazione e di valutazione delle risultanze probatorie e processuali”, e di
voler invece limitare la propria critica alla “sola determinazione dei criteri generali ed astratti”
applicati dalla Corte (cfr. ricorso, p. 11), abbia, in realtà, censurato proprio e unicamente la
ricostruzione che della fattispecie concreta ha compiuto il giudice di appello, contrapponendo
a quest’ultima una divergente lettura del materiale di prova, anche con il ritenuto conforto di
precedenti in materia di rapporto di lavoro dell’esercente la professione di fisioterapista.
4. In tale critica sostanziale (peraltro anche esplicitamente sintetizzata, nella rubrica del
motivo, come denuncia di una “motivazione illogica ed insufficiente”), il ricorrente non si è,
tuttavia, conformato al modello legale del nuovo vizio “motivazionale”, quale risultante a
1

in riforma delle sentenze (non definitiva e definitiva) pronunciate dal Tribunale di Pescara in

seguito delle modifiche introdotte con il decreto legge 22 giugno 2012, n. 83, convertito nella
I. 7 agosto 2012, n. 134, pur a fronte di sentenza depositata il 19 ottobre 2012, e, pertanto,
in epoca successiva all’entrata in vigore (11 settembre 2012) della novella legislativa.
5. Al riguardo, le Sezioni Unite di questa Corte, con le sentenze n. 8053 e n. 8054 del 2014,
hanno precisato che l’art. 360 n. 5 c.p.c., come riformulato a seguito dei recenti interventi,
“introduce nell’ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo all’omesso

sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia
carattere decisivo (vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della
controversia)”; con la conseguenza che “nel rigoroso rispetto delle previsioni degli artt. 366,
primo comma, n. 6 e 369, secondo comma, n. 4 c.p.c., il ricorrente deve indicare il fatto
storico, il cui esame sia stato omesso, il dato, testuale o extratestuale, da cui esso risulti
esistente, il come e il quando tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti
e la sua decisività, fermo restando che l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di
per sé, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa,
sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorché la sentenza non abbia dato
conto di tutte le risultanze probatorie”.
6. D’altra parte, è consolidato il principio di diritto, per il quale “ai fini della qualificazione del
rapporto di lavoro come autonomo o subordinato, è censurabile in sede di legittimità soltanto
la determinazione dei criteri generali ed astratti da applicare al caso concreto, mentre
costituisce accertamento di fatto, come tale incensurabile in detta sede, se sorretto da
motivazione adeguata ed immune da vizi logici e giuridici, la valutazione delle risultanze
processuali che hanno indotto il giudice del merito ad includere il rapporto controverso nell’uno
o nell’altro schema contrattuale”: Cass. n. 9808/2011 (ord.).
7. Tale principio, diversamente da quanto dedotto, risulta correttamente applicato dalla Corte
di appello, la quale ha esaminato la concreta fattispecie alla stregua di una pluralità di indici
rivelatori della natura subordinata o autonoma del rapporto (provenienza anche esterna dei
pazienti; contestuale svolgimento di attività professionale in altra struttura sanitaria; presenza
in clinica secondo disponibilità; esclusione dai turni di servizio; possibilità per il ricorrente di
assentarsi senza necessità di richiedere permessi; mancato inserimento della prestazione
nell’organizzazione di impresa), facendoli oggetto di una valutazione – aderente anch’essa a
consolidato orientamento (cfr., fra le molte, Cass. n. 9256/2009) – non già “atomistica” ma
complessiva.
8. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.

2

esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della

p.q.m.

La Corte rigetta il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio
di legittimità, liquidate in euro 200,00 per esborsi e in euro 4.000,00 per compensi
professionali, oltre rimborso spese generali al 15% e accessori di legge.

Il Consigliere estensore
(dott. Paolo Negri della Torre)

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 10 ottobre 2017.

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