Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 407 del 10/01/2014


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Civile Sent. Sez. 2 Num. 407 Anno 2014
Presidente: BURSESE GAETANO ANTONIO
Relatore: GIUSTI ALBERTO

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
PUCCETTI Giuseppe, PUCCETTI Antonio, PUCCETTI Francesca, PUCCETTI Giovanna, CATERINI Nara, PUCCETTI Simone, PUCCETTI Bernardo, rappresentati e difesi, in forza di procura speciale a
margine del ricorso, dagli Avv. Aniello Izzo e Roberto Liberatore, con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultimo in
Roma, via Muggia, n. 21;
– ricorrenti contro
PUCCETTI Francesco Aimone, rappresentato e difeso, in forza di
procura speciale a margine del controricorso, dagli Avv. Alberto Cintolesi e Achille Carone Fabiani, con domicilio eletto

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Data pubblicazione: 10/01/2014

nello studio di quest’ultimo in Roma, via Silvio Pellico, n.
44;

– controricorrente per la cassazione della sentenza della Corte d’appello di Fi-

Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 28 novembre 2013 dal Consigliere relatore Dott. Alberto
Giusti;
uditi gli Avv. Simona Rendina, per delega dell’Avv. Roberto
Liberatore, e Achille Carone Fabiani;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale dott. Lucio Capasso, il quale ha concluso
per il rigetto del ricorso.
Svolgimento del processo
l. – Francesco Aimone Puccetti convenne in giudizio dinanzi al Tribunale di Firenze, sezione distaccata di Pontassieve,
i coeredi Antonio, Alpino, Francesca, Giovanna, Giuseppe e Letizia Puccetti, per chiedere la divisione del patrimonio ereditario relitto dal genitore Goffredo Puccetti, deceduto nel
marzo 1991, patrimonio costituito da un complesso immobiliare
sito in S. Piero a Sieve e composto da una vasta casa padronale a due piani, dagli annessi rurali e da terreni agricoli,
del valore complessivo valutabile poco al di sopra del miliardo di lire. Essendo la propria quota ereditaria pari ad 1/7,
l’attore proponeva che gli venisse assegnato, a stralcio della

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renze in data 25 gennaio 2007.

sua quota, una porzione del fabbricato adibito a stalla, con
relativa porzione di terreno.
I convenuti si opposero alla domanda, sostenendo che
l’immobile, per le sue caratteristiche unitarie, fosse indivi-

all’attore il valore corrispondente ad 1/7 dell’intero immobile, da attribuirsi nella sua interezza, ed indivisibilmente,
ad essi convenuti.
Disposta c.t.u., il Tribunale, con sentenza del 20 marzo
2003, ritenuta la non comoda divisibilità del complesso immobiliare, ed in accoglimento della domanda riconvenzionale dei
convenuti, riconobbe il diritto degli stessi a chiedere congiuntamente l’attribuzione della quota di 1/7 dell’immobile
spettante a Francesco Aimone Puccetti, previo pagamento al medesimo del corrispondente valore pari ad euro 84.319,45, e dichiarò compensate le spese di causa.
2. – La Corte d’appello di Firenze, con sentenza depositata in data 25 gennaio 2007, ha accolto il gravame di Francesco
Manone Puccetti, e, in riforma della impugnata pronuncia, ha
dichiarato lo scioglimento della comunione ereditaria sul compendio immobiliare descritto in citazione fra Francesco Manone
Puccetti, da una parte, e gli appellati, dall’altra, ed ha attribuito al predetto Francesco Aimone Puccetti, a stralcio ed
integrale tacitazione della sua quota ereditaria, la porzione
di fabbricati e terreni individuata e descritta come “frazione

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sibile; in via riconvenzionale, chiesero attribuirsi

n. 7” nella relazione di consulenza tecnica d’ufficio
dell’arch. Rita Di Giuseppe, ponendo a carico degli appellati,
a titolo di conguaglio, in proporzione delle rispettive quote
di proprietà, l’obbligo di pagare la somma complessiva di euro

La Corte d’appello, aderendo alle conclusioni del c.t.u.,
ha escluso che la domanda di stralcio di quota dalla porzione
di tutti gli altri (che hanno manifestato la volontà di restare in comunione) comporti un deprezzamento del complesso immobiliare; e, quanto all’individuazione della porzione da stralciare in favore dell’attore, ha precisato che la soluzione è
semplificata dal fatto che è interesse di tutte le parti escludere il sorteggio: dell’attore, perché sin dalle prime
battute della causa ha manifestato la sua preferenza per la
parte di fabbricato in origine adibita a stalla, corrispondente alla quota n. 7 del progetto approvato dal c.t.u., e dei
convenuti, perché in questo modo mantengono l’intera proprietà
del corpo costituente la villa padronale, il che costituisce
il loro obiettivo principale.
3. – Per la cassazione della sentenza della Corte
d’appello Giuseppe Puccetti e gli altri istanti indicati in
epigrafe hanno proposto ricorso, con atto notificato il 2 gennaio 2008, sulla base di tre motivi.
L’intimato ha resistito con controricorso.

4.000, oltre alla svalutazione monetaria.

In prossimità dell’udienza i ricorrenti hanno depositato
una memoria illustrativa.
Considerato in diritto

1.

Con il primo motivo (violazione e falsa applicazione

dice di secondo grado era devoluto solo il potere di decidere
la questione relativa alla divisibilità del bene, sicché la
Corte territoriale non poteva, nella completa assenza della
fase relativa alla predisposizione e alla approvazione del
progetto di divisione, procedere direttamente all’assegnazione
delle quote. Di qui il quesito se costituisca violazione delle
norme indicate nella rubrica “procedere direttamente
all’assegnazione delle quote indicate dal c.t.u., senza previamente accertare, con sentenza definitiva, la divisibilità
del bene, esclusa dal giudice di primo grado, e saltando, inoltre, la procedura di predisposizione e approvazione di un
progetto di divisione e, in ipotesi, di estrazione a sorte dei
lotti”.
Il secondo mezzo denuncia violazione e falsa applicazione
dell’art. 729 cod. civ., in relazione all’art. 360, nn. 3 e 5,
cod. proc. civ. Ad avviso dei ricorrenti, l’attore, in pieno
accoglimento della sua richiesta e senza dovere affrontare
l’alea del prescritto sorteggio, si sarebbe visto assegnare la
porzione del complesso, da lui scelta con preciso calcolo,
nella consapevolezza del suo maggiore valore edilizio-

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degli artt. 785 e 789 cod. proc. civ.) si sostiene che al giu-

commerciale: porzione di pregio, che ciascuno degli appellati
avrebbe potuto scegliere o sperare di vedersi assegnare in seguito a sorteggio. Di qui il quesito se costituisce violazione
e falsa applicazione dell’art. 729 cod. civ. l’avere il giudi-

denti, dal medesimo unilateralmente richiesta, senza prima disporre il sorteggio delle quote.
Con il terzo motivo i ricorrenti denunciano violazione e
falsa applicazione degli artt. 718 e 720 cod. civ., nonché omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione. VI si sostiene che, ai fini dell’accertamento della non comoda divisibilità di un immobile, secondo la definizione di cui all’art.
720 cod. civ., è sufficiente, per escludere la comoda divisibilità, una delle due condizioni – cioè che le opere necessarie al frazionamento siano complesse o di notevole costo – non
occorrendo il concorso di entrambe. La Corte territoriale avrebbe omesso l’esame di un elemento probatorio, costituito
dalla relazione peritale nel suo complesso, in relazione al
punto controverso della causa, consistente nella comoda divi-

ce proceduto all’assegnazione di una quota ad uno dei condivi-

sibilità del bene; in particolare, non avrebbe tenuto conto
dei chiarimenti forniti dallo stesso perito, con i quali
quest’ultimo, dirimendo i dubbi interpretativi, aveva escluso
la facile divisibilità del bene in natura.
2. – In ordine logico, è preliminare l’esame del terzo motivo.

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Esso è infondato.
E’ esatto che la nozione di non comoda divisibilità del
bene, ai sensi dell’art. 720 cod. civ., ricorre non soltanto
nel caso di mera “non divisibilità” del bene, ma anche in ogni

che, secondo la costante giurisprudenza di questa Corte (Sez.
II, 29 maggio 2007, n. 12498; Sez. II, 21 agosto 2012, n.
14577), il concetto di comoda divisibilità di un immobile presupposto dall’art. 720 cod. civ. postula, sotto l’aspetto
strutturale, che il frazionamento del bene sia attuabile mediante determinazione di quote concrete suscettibili di autonomo e libero godimento, che possano formarsi senza dover
fronteggiare problemi tecnici eccessivamente costosi e, sotto
l’aspetto economico-funzionale, che la divisione non incida
sull’originaria destinazione del bene e non comporti un sensibile deprezzamento del valore delle singole quote rapportate
proporzionalmente al valore dell’intero, tenuto conto
dell’usuale destinazione e della pregressa utilizzazione del
bene stesso.
Ma occorre considerare che nella specie la sentenza impugnata non solo ha affermato che “la divisibilità in sette quote di valore equivalente” del complesso immobiliare “Villino
La Quiete” “sarebbe ben possibile”, sul rilievo che la divisione del complesso nelle sette unità (alla quale non si oppongono vincoli architettonici o di pregio estetico) non ne

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ipotesi in cui lo stesso non sia “comodamente” divisibile; e

comporterebbe un deprezzamento (nel senso che la somma del valore delle quote frazionate, al netto di oneri e costi di frazionamento giuridico e materiale, non sarebbe significativamente inferiore al valore unitario del bene, inteso come valo-

sorbente – sottolineato che nella

specie

(nella quale solo

l’attore ha chiesto lo stralcio della propria quota, corrispondente ad un settimo dell’intero, mentre gli altri coeredi
hanno manifestato l’intento di rimanere in comunione) “il presupposto della divisibilità del bene va valutato non in relazione allo scopo di ricavarne sette porzioni, quanti sono gli
eredi, ma due” (“la porzione dell’attore, che è l’unico che
vuole dividersi dagli altri, e la porzione di tutti gli altri,
che, invece, vogliono restare in comunione”).
In questo contesto, le critiche articolate con il motivo per come sintetizzate nei quesiti che lo accompagnano – non
colgono l’intera ratio decidendi.
Quelle critiche, infatti, addebitano alla Corte territoriale di non essersi adeguatamente confrontata con i chiari-

re di realizzazione della sua vendita); ma ha – con valore as-

menti resi dal c.t.u., il quale all’udienza istruttoria dell’8
gennaio 2002 dinanzi al Tribunale aveva “ribadi[to] che il
compendio immobiliare di comune proprietà non è facilmente divisibile in natura”, giacché il frazionamento ipotizzato “postula costosi e consistenti interventi”, consistenti, come
precisato nella relazione, in “muri di separazione, cucine e

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k

servizi igienici, tanti quanti sono le unità abitative ricavabili, strade di accesso alle varie unità, quindi altrettante
servitù, realizzazione di parcheggi, recinzioni, opere di sistemazione esterna per rendere autonome le unità”.

notevole costo ipotizzati dal consulente come necessari per
realizzare porzioni suscettibili di formare oggetto di autonomo e libero godimento, si riferiscono alla divisione in sette
quote di valore equivalente.
Non è questa, però, la soluzione prescelta dalla Corte
territoriale. Essa ha infatti evidenziato, con logico e motivato apprezzamento, che “l’oggetto del giudizio non è quello
di dividere l’immobile in sette parti, ma in due sole parti,
una corrispondente ad un settimo dell’intero, che è la quota
dell’attore, e l’altra corrispondente ai restanti sei settimi”: quota, quest’ultima, nella quale è compresa l’intera proprietà del corpo costituente la villa padronale, senza che si
rendano necessari costosi interventi strutturali per renderne
possibile la suddivisione in porzioni uguali od omogenee.
3. – Infondata è, del pari, la censura articolata con il
primo motivo.
Occorre premettere che nella specie il giudice di primo
grado, all’esito della espletata c.t.u., definitivamente pronunciando tra le parti in causa, aveva ritenuto la sostanziale
indivisibilità dell’immobile di cui l’attore aveva chiesto

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Ma dette censure non considerano che la complessità o il

l’assegnazione pro quota, e, in accoglimento della domanda riconvenzionale svolta dai convenuti, aveva assegnato ai predetti l’immobile in proprietà comune ed indivisa, con accrescimento proporzionale delle singole quote, previo pagamento in

euro 84.319,45, rappresentante la quota ideale di un settimo
del valore venale dell’immobile stimato dal consulente in euro
590.236,12.
Tanto premesso, il giudice d’appello era investito
dell’intera controversia, e quindi del potere di procedere sia
alla valutazione della comoda divisibilità del bene sia, una
volta risolta positivamente detta questione, alla attribuzione, tra i fratelli, delle porzioni del patrimonio del defunto
genitore tenendo conto dei risultati della già esperita consulenza tecnica, essendosi di fronte, da una parte, ad una domanda di stralcio di quota e, dall’altra, ad una volontà dei
restanti coeredi (rappresentanti i sei settimi) di restare
comunque, in comunione e di mantenere l’intera proprietà del
corpo principale della villa padronale caduta in successione,
evitando l’estrazione a sorte.
4. – Né è meritevole di accoglimento il secondo motivo.
Questa Corte (Sez. Il, 9 ottobre 2007, n. 21085) ha già
statuito che, in tema di divisione di comunione ereditaria con
parità di quote, qualora alcuni dei condividenti vogliano mantenere la comunione con riferimento alle quote loro spettanti,

favore del coerede Francesco Manone Fuccetti della somma di

ottenendo l’assegnazione congiunta di una quota pari alla somma delle loro singole quote, deve ritenersi sussistere, ai
sensi dell’art. 729 cod. civ., una ipotesi di porzioni diseguali con conseguente impossibilità di procedere

tà, quindi, di disporre l’attribuzione delle quote stesse da
parte del giudice: ciò in quanto l’alterazione della originaria eguaglianza delle quote ereditarie, dovuta alla richiesta
di alcuni coeredi di attribuzione di una porzione corrispondente ad una quota pari alla somma delle singole quote loro
spettanti, determina un inevitabile riflesso sulle modalità di
attuazione della divisione e giustifica la mancata adozione
del criterio di estrazione a sorte.
In applicazione di questo principio, è da ritenere legittima la scelta del giudice relativa alla attribuzione, tra i
fratelli, delle porzioni del patrimonio del defunto genitore,
invece che ricorrere alla estrazione a sorte, avendo sei figli
su sette manifestato la volontà di restare in comunione al fine di mantenere l’intera proprietà del corpo costituente la
villa padronale, ed avendo l’altro figlio manifestato la sua
preferenza per la parte di fabbricato in origine adibita a
stalla, corrispondente alla quota n. 7 prefigurata nel progetto predisposto dal c.t.u.
5. – Il ricorso è rigettato.

all’assegnazione delle quote mediante sorteggio e la necessi-

Le spese del giudizio di cassazione, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.
PER QUESTI MOTIVI
La Corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti, in so-

dal controricorrente, che liquida in complessivi euro 3.200,00
di cui euro 3.000 per compensi, oltre agli accessori di legge.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della II
Sezione civile della Corte suprema di Cassazione, il 28 novembre 2013.

lido tra loro, al rimborso delle spese processuali sostenute

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