Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4066 del 18/02/2011

Cassazione civile sez. trib., 18/02/2011, (ud. 14/12/2010, dep. 18/02/2011), n.4066

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LUPI Fernando – Presidente –

Dott. IACOBELLIS Marcello – Consigliere –

Dott. DI BLASI Antonino – Consigliere –

Dott. VIRGILIO Biagio – Consigliere –

Dott. BERTUZZI Mario – rel. est. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

Italian Jeans di Xia Yao Liang, con sede in

(OMISSIS), in persona del titolare X.Y.L., rappresentata e

difesa per procura in calce al ricorso dall’Avvocato Giusti Lamberto,

elettivamente domiciliata presso lo studio dell’Avvocato Roberto

Ricci in Roma, p.zza dell’Unità n. 13;

– ricorrente –

contro

Agenzia delle Entrate, in persona del Direttore pro tempore,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso

cui domicilia in Roma, via dei Portoghesi n. 12;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 87/2/08 della Commissione tributaria regionale

delle Marche, depositata il 3 I luglio 2008;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

14 dicembre 2010 dal consigliere relatore Dott. BERTUZZI Mario;

E’ presente il Procuratore Generale in persona del dott. BASILE

Tommaso.

Fatto

FATTO E DIRITTO

Il Collegio, letto il ricorso proposto da X.Y.L., titolare della ditta Italia Jeans, per la cassazione della sentenza n. 87/2/08 del 31.7.2008 della Commissione tributaria regionale delle Marche, che, in riforma della pronuncia di primo grado, aveva respinto il suo ricorso per l’annullamento dell’atto che ai sensi del D.L. n. 212 del 2002, art. 3, gli irrogava sanzioni per l’assunzione di lavoratori in nero;

letto il controricorso dell’Agenzia delle Entrate;

vista la relazione redatta ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c. dal consigliere delegato dott. BERTUZZI Mario, che ha concluso per l’infondatezza del ricorso, osservando che:

– “il primo motivo di ricorso denunzia il difetto di giurisdizione del giudice tributario, assumendo che, in virtù di quanto statuito dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 130 del 2008, il giudice tributario è privo di giurisdizione in relazione alla presente controversia”;

– “il mezzo è infondato, atteso che, essendovi stata pronuncia sul merito e quindi essendosi formato il giudicato implicito sulla giurisdizione, secondo l’orientamento accolto dalle Sezioni unite di questa Corte con la sentenza n. 24883 del 2008, resta preclusa la rilevabilità del difetto di giurisdizione del giudice tributario”;

– “il secondo motivo di ricorso ripropone il difetto di giurisdizione del giudice tributario, assumendo che esso doveva essere rilevato d’ufficio dal giudice di secondo grado e che su di essa non poteva ritenersi formato alcun giudicato implicito, atteso che la mancanza di giurisdizione del giudice adito può essere rilevata od eccepita in qualunque stato o grado del processo”;

– “il mezzo è infondato alla luce dell’orientamento della giurisprudenza di questa Corte indicato in sede di esame del primo motivo”;

il terzo motivo di ricorso denunzia “insufficiente omessa o contraddittoria motivazione, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., punto 5”, lamentando che la Commissione regionale non abbia preso in alcuna considerazione il verbale redatto dagli ispettori del lavoro e il documento successivamente rilasciato dalla Direzione provinciale del lavoro;

– “il mezzo è inammissibile per non avere il ricorso riprodotto, in omaggio al principio di autosufficienza, il contenuto dei documenti che assume non esaminati dal giudice a qua, in forza del principio più volte affermato da questa Corte secondo cui il ricorrente per cassazione, qualora denunzi resistenza di vizi della sentenza correlati ovvero all’omessa valutazione di documenti, ha l’onere di dimostrare la sussistenza di un nesso eziologico tra l’errore denunziato e la pronuncia emessa e, a tal fine, deve indicare nel ricorso, anche mediante la loro integrale trascrizione, il contenuto esatto del documento trascurato; ciò al fine di porre in grado il giudice di legittimità di verificare la validità e decisività delle disattese deduzioni di prova sulla base de solo ricorso per cassazione, stante il principio di autosufficienza di tale atto di impugnazione, senza che si rendano necessarie indagini integrative o che possa svolgere funzione sostitutiva il richiamo “per relationem” ad atti o scritti difensivi presentati nei precedenti gradi di giudizio (Cass. n. 11501 del 2006)”;

“il quarto motivo di ricorso denunzia violazione e falsa applicazione della L. n. 628 del 1961, art. 4, del D.Lgs. n. 124 del 2004, art. 7 e art. 10, comma 5, e art. 2700 c.cv., assumendo, come meglio precisato nel quesito di diritto formulato ai sensi dell’art. 366 bis c.p.c., che i verbali rilasciati dal Servizio ispettivo della Direzione provinciale del lavoro fanno piena prova fino a querela di falso in ordine ai fatti ed alle circostanze ivi rappresentate”;

– “il mezzo appare manifestamente inammissibile, oltre che per il vizio di autosufficienza già evidenziato in sede di esame del motivo precedente, in quanto non solleva alcuna censura o critica nei confronti della sentenza impugnata”;

il quinto motivo di ricorso lamenta che la sentenza impugnata abbia omesso di pronunciarsi sulle contestazioni formulate dall’opponente nel proprio atto di costituzione in appello, ove aveva eccepito l’illegittimità dell’atto opposto per difetto di motivazione e di inapplicabilità nel caso concreto della disposizione di cui al D.L. n. 212 del 2002, art. 3, comma 3″;

– il anche questo mezzo è inammissibile per mancato rispetto del requisito di autosufficienza, dal momento che non riproduce le eccezioni che assume avere sollevato in grado di appello su cui il giudicante non si sarebbe pronunciato, nè specifica di avere avanzato le medesime contestazioni, al fine di dimostrarne la loro rituale introduzione nel giudizio, fin dal ricorso introduttivo, in contrasto con il principio secondo cui il ricorso per cassazione deve contenere in sè tutti gli elementi necessari a costituire le ragioni per cui si chiede la cassazione della sentenza di merito, e, altresì, a permettere la valutazione della fondatezza di tali ragioni, senza la necessità di far rinvio ed accedere a fonti esterne allo stesso ricorso e, quindi, ad elementi o atti attinenti al pregresso giudizio di merito (Cass. n. 15952 del 1997; Cass. n. 14767 del 2007; Cass. n. 12362 del 2006)”;

rilevato che la relazione è stata regolarmente comunicata al Procuratore Generale, che non ha svolto controsservazioni, e notificata alle parti e che la parte ricorrente ha depositato memoria;

ritenuto che le argomentazioni e la conclusione della relazione meritano di essere interamente condivise, apparendo rispondenti sia a quanto risulta dall’esame degli atti di causa, che agli orientamenti della giurisprudenza di questa Corte sopra indicati, cui questo Collegio ritiene di dover dare piena adesione;

che, in particolare, in risposta alle osservazioni sollevate dal ricorrente nella propria memoria, va ribadito, in conformità all’orientamento seguito alla sentenza delle Sezioni unite n. 24883 del 2008, il principio che la pronuncia del giudice di primo grado sul merito della domanda comporta riconoscimento implicito della giurisdizione, con l’effetto che se tale determinazione non risulta contestata da alcuna delle parti con l’atto di appello, rimane preclusa, per la formazione del giudicato interno, la rilevabilità in sede di giudizio di cassazione del difetto di giurisdizione;

che, invece, con riferimento agli altri motivi, le indicazioni riportate nel ricorso ai documenti in esso richiamati, appaiono palesemente inidonee a ritenere soddisfatto il requisito di autosufficienza, il quale impone la riproduzione dei documenti e degli atti, o delle parti di essi, su cui si fondano le censure (Cass. n. 21621 del 2007; Cass. n. 18506 del 2006; Cass. n. 3004 del 2004), nonchè comunque inadeguate a dimostrare fatti in grado di superare la presunzione di durata della irregolarità stabilita dal D.L. n. 12 del 2002, art. 3 (Cass. S.U. n. 2306 del 2009);

che, pertanto, il ricorso va respinto, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese di giudizio, come liquidate in dispositivo.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese di giudizio, che liquida in complessivi Euro 700, di cui Euro 100 per esborsi, oltre spese generali e contributi di legge.

Così deciso in Roma, il 14 dicembre 2010.

Depositato in Cancelleria il 18 febbraio 2011

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