Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4065 del 09/02/2022

Cassazione civile sez. trib., 09/02/2022, (ud. 15/10/2021, dep. 09/02/2022), n.4065

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FUOCHI TINARELLI Giuseppe – Presidente –

Dott. CATALLOZZI Paolo – Consigliere –

Dott. PUTATURO DONATI VISCIDO DI NOCERA M.G. – rel. Consigliere –

Dott. CASTORINA Rosaria Mar – Consigliere –

Dott. CHIESI Gian Andrea – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 21016/2017 R.G. proposto da:

SKS365 Malta Ltd, in persona del suo legale rappresentante pro

tempore, rappresentata e difesa giusta procura speciale in calce

all’atto di costituzione di nuovo difensore dall’Avv.to Giliberto

Casella Pacca di Matrice, elettivamente domiciliato presso lo studio

del difensore in Roma, Via Oslavia n. 30;

– ricorrente –

Contro

Agenzia delle Dogane e dei Monopoli – Ufficio dei Monopoli per il

Lazio – in persona del Direttore pro tempore, domiciliata in Roma,

Via dei Portoghesi n. 12, presso l’Avvocatura Generale dello Stato

che la rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale del Lazio,

n. 374/14/17, depositata in data 8/02/2017, non notificata;

Udita la relazione della causa svolta nell’adunanza camerale del

15/10/2021 dal Consigliere Maria Giulia Putaturo Donati Viscido di

Nocera.

 

Fatto

RILEVATO

che:

– con sentenza n. 374/14/17, depositata in data 8/02/2017, non notificata, la CTR del Lazio accoglieva l’appello proposto dall’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, in persona del Direttore pro tempore, nei confronti SKS365 Group Gmbh, in persona del suo legale rappresentante pro tempore, avverso la sentenza n. 355/01/2015 della Commissione tributaria provinciale di Rieti che aveva accolto il ricorso proposto dalla suddetta società contribuente avverso l’avviso di accertamento con il quale l’Amministrazione aveva contestato nei confronti di quest’ultima, esercente attività di bookmaker, quale coobbligata in solido della ditta individuale di F.C. – titolare della ricevitoria operante come centro di trasmissione dati (CTD), esercente l’attività di raccolta scommesse sportive per conto del bookmaker estero – il mancato pagamento dell’imposta unica su concorsi pronostici e scommesse, oltre sanzioni ed interessi, per operazioni svoltesi nel 2009;

– avverso la suddetta sentenza della CTR, SKS365 Malta Ltd – già SKS365 Group Gmbh – propone ricorso per cassazione affidato a due motivi; resiste con controricorso l’Amministrazione Finanziaria;

– la ricorrente ha depositato memoria con istanza di rinvio pregiudiziale alla CGUE ex art. 267 TFUE e/o di rimessione alla Corte costituzionale.

Diritto

CONSIDERATO

che:

-con il primo motivo, la ricorrente denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione della L. n. 212 del 2000, art. 7 per avere la CTR ritenuto la legittimità dell’avviso di accertamento nonostante quest’ultimo fosse stato notificato, prima della scadenza dei sessanta giorni dalla conclusione del p.v.c. redatto nei confronti della ricevitoria e senza che venisse indicata alcuna ragione che ne giustificasse l’urgenza; ciò, ad avviso della ricorrente, in spregio al principio immanente nell’ordinamento e di rango comunitario del contraddittorio preventivo in base al quale il contribuente deve essere “sentito” dall’Amministrazione prima di provvedere all’emissione dell’atto finale;

– con il secondo motivo, la ricorrente denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione del disposto della L. n. 220 del 2010, art. 1, comma 67, e del D.Lgs. n. 504 del 1998, art. 3 per avere la CTR ritenuto legittimo l’avviso di accertamento nonostante l’inesistenza del presupposto soggettivo e di quello territoriale della pretesa impositiva. In particolare, ad avviso del ricorrente, difetterebbe in capo al Centro di trasmissione dati (CTD) il presupposto impositivo dell’imposta unica sulle scommesse e, di conseguenza, l’obbligazione solidale in capo al bookmaker, non svolgendo il CTD alcuna attività di “gestione” delle scommesse ma fungendo lo stesso quale mero punto vendita autorizzato alla raccolta delle scommesse e alla trasmissione al bookmaker dei dati pertinenti alle singole giocate; inoltre, secondo la ricorrente, difetterebbe anche il presupposto della territorialità per l’applicazione dell’imposta, stante la conclusione dei contratti nella sede estera della società bookmaker dove avveniva l’accettazione delle scommesse;

– il secondo motivo – da analizzare preliminarmente in quanto concernente la sussistenza dei presupposti (soggettivo e territoriale) dell’imposta unica sulle scommesse – è infondato;

– le questioni sono già state oggetto di ripetuta e articolata disamina da parte di questa Corte a partire dalla sentenza n. 8757 del 30 marzo 2021 (seguita da numerose altre; v. tra le tante Cass. 89078911/2021, 9079-9081/2021, 9144-9153/2021, 9160/2021, 9162/2021, 9168/2021, 9176/2021, 9178/2021, 9182/2021, 9184/2021, 9160/2021, 9516/2021, 9528-9537/2021, 97289735/2021 e molte altre ancora), le cui motivazioni sono qui espressamente condivise e richiamate ex art. 118 disp. att. c.p.c., e che, pure in adesione e coerenza con i recenti interventi della Corte costituzionale (sentenza 23.1.018, n. 27) e della Corte di Giustizia (sentenza 26 febbraio 2020, in C-788/18), ha chiarito, ai fini che in questa sede rilevano, che: a) in tema di imposta unica sui concorsi pronostici e sulle scommesse, è soggetto passivo anche il titolare della ricevitoria operante per conto di bookmakers esteri privi di concessione poiché, pur non partecipando direttamente al rischio connaturato al contratto di scommessa, svolge comunque attività gestoria che costituisce il presupposto impositivo, assicurando la disponibilità di locali idonei e la ricezione della proposta, e occupandosi della trasmissione all’allibratore dell’accettazione della scommessa, dell’incasso e del trasferimento delle somme giocate nonché, secondo le procedure e istruzioni fornite dallo stesso, del pagamento delle vincite (Rv. 660937-01); b) l’imposta unica sui concorsi pronostici e sulle scommesse è applicabile a tutti gli operatori che gestiscono scommesse raccolte nel territorio italiano, a prescindere dal luogo in cui sono stabiliti sicché, dovendosi escludere qualsivoglia restrizione discriminatoria tra bookmakers nazionali e bookmakers esteri, nonché un pregiudizio alla libertà di prestazione di servizi, il centro di trasmissione che invii i dati di gioco per conto di allibratore privo di concessione avente sede in altro Stato membro, operando quale suo intermediario allo stesso titolo degli operatori di scommesse nazionali “concessionati”, è soggetto passivo d’imposta a norma della L. n. 220 del 2010, art. 1, comma 66, lett. b), godendo altrimenti di un’irragionevole esenzione – contrastante col principio di lealtà fiscale – per il solo fatto di porsi al di fuori del sistema concessorio, funzionale a prevenire infiltrazioni criminali nel settore del gioco (CGUE 26 febbraio 2020, causa 788-18, punti 18 e 21) (Rv. 660937 – 02); c) in mancanza di regolazione degli effetti transitori e in considerazione della natura interpretativa della L. n. 220 del 2010, art. 1, comma 66, lett. b), la disposizione va applicata anche ai rapporti negoziali perfezionatisi prima della sua entrata in vigore (cfr. il p. 10 della motivazione); d) la Corte costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale del D.Lgs. n. 504 del 1998, art. 3 e della L. n. 220 del 2010, art. 1, comma 66, lett. b), nella sola parte in cui prevedono che, nelle annualità d’imposta precedenti al 2011, siano assoggettate all’imposta unica sui concorsi pronostici e sulle scommesse le ricevitorie (dunque, non il bookmaker estero) operanti per conto di soggetti privi di concessione. In quel periodo non si può difatti procedere alla traslazione dell’imposta, perché l’entità delle commissioni già pattuite fra ricevitorie e bookmaker si era già cristallizzata sulla base del quadro precedente alla L. n. 220 cit. (cfr. il p. 9.1 della motivazione); e) l’imposta di cui si discute non ha natura armonizzata, sicché i giochi d’azzardo rilevano, ai fini del diritto unionale, in relazione alle norme concernenti (non già i consumi quanto, al contrario) la libera prestazione di servizi presidiata dall’art. 56 del TFUE (Corte giust. 26 febbraio 2020, in causa C-788/18, punto 17) (cfr. il p. 11 della motivazione);

-sulla territorialità dell’imposta, va sottolineato che la stessa doglianza contraddittoriamente (visto che si riconosce esplicitamente il ruolo del CTD) trascura che il concreto esercizio del gioco è attuato tanto dal bookmaker che dal CTD e che la ratio delle disposizioni in materia di gioco è proprio quella di rendere soggette all’ordinamento nazionale tutte le attività che siano svolte, in qualunque modo, sul territorio dello Stato;

– il primo motivo e’, altresì, infondato;

– il Collegio non ravvisa ragioni per discostarsi dall’orientamento inaugurato dalle Sezioni Unite di questa Corte con la sentenza 09/12/2015, n. 24823, secondo cui il diritto nazionale, allo stato della legislazione, non pone in capo all’amministrazione fiscale che si accinga ad adottare un provvedimento lesivo dei diritti del contribuente, in assenza di specifica prescrizione, un generalizzato obbligo di contraddittorio endoprocedimentale, comportante, in caso di violazione, l’invalidità dell’atto; con la conseguenza che, fuori dal terreno dei tributi armonizzati, l’obbligo dell’amministrazione di attivare il contraddittorio endoprocedimentale sussiste esclusivamente solo nelle ipotesi per le quali siffatto obbligo risulti specificamente sancito;

-come precisato da questa Corte (Cass. civ., 15 gennaio 2019, n. 701) il diritto generalizzato al contraddittorio è adeguatamente tutelato dalla L. n. 212 del 2000, art. 12, comma 7, (cd. Statuto del contribuente), nelle ipotesi di accesso, ispezione o verifica nei locali destinati all’esercizio dell’attività; esso opera una valutazione “ex ante” in merito alla necessità del rispetto del contraddittorio endoprocedimentale, sanzionando con la nullità l’atto impositivo emesso “ante tempus”, anche nell’ipotesi di tributi “armonizzati”, senza che, pertanto, ai fini della relativa declaratoria debba essere effettuata la prova di “resistenza”, invece necessaria, per i soli tributi “armonizzati”, ove la normativa interna non preveda l’obbligo del contraddittorio con il contribuente nella fase amministrativa (ad es., nel caso di accertamenti cd. a tavolino), ipotesi nelle quali il giudice tributario è tenuto ad effettuare una concreta valutazione “ex post” sul rispetto del contraddittorio. Nel presente caso – in cui viene in rilievo l’imposta unica sulle scommesse che non è un tributo armonizzato – è pacifico che, nei confronti della ricorrente (soggetto, peraltro, non residente in Italia né ivi dotato di stabile organizzazione), non era stata svolta alcuna attività di accesso, ispezione o verifica;

-nella memoria a ricorrente formula l’istanza di rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia ex art. 267, comma 3, del TFUE (contenuta nella memoria depositata ai sensi dell’art. 380bis.1 c.p.c.). Essa parte chiedendo la sospensione del giudizio – dalla formulata rimessione alla Corte di Lussemburgo da parte del Tribunale di Parma della questione pregiudiziale sulla compatibilità con il diritto dell’Unione dei termini eccessivamente brevi previsti dalla normativa nazionale per la regolarizzazione fiscale; solleva, quindi, ulteriori dubbi di compatibilità della normativa nazionale (D.Lgs. n. 504 del 1998, artt. 1-3 come modificati dall’art. 1, comma 66, lett. b) dalla legge di stabilità 2011 e art. 1, comma 643, della legge di stabilità 2015) in riferimento al diritto di stabilimento (artt. 49 e segg. TFUE), alla libera prestazione di servizi (artt. 56 e segg. TFUE), ai principi del diritto dell’Unione di trasparenza, parità di trattamento, non discriminazione ed effettività della tutela giurisdizionale (art. 19 TUE e art. 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione) nonché al diritto di difesa (art. 48 della Carta del diritti fondamentali dell’Unione): A) quanto alla imposizione a un bookmaker che abbia regolarizzato la propria posizione fiscale L. n. 190 del 2014, ex art. 1, comma 643, di saldare anche per i periodi anteriori al 2011 rispetto a CTD che non abbiano aderito alla regolarizzazione; B) quanto alla mancata previsione di un contraddittorio anticipato;

– il profilo dedotto dal Tribunale di Parma si profila del tutto irrilevante nel presente giudizio, per cui va rigettata l’istanza di sospensione, così come ugualmente inammissibile per irrilevanza si configura la questione indicata sub A), non essendo stato dedotto in giudizio il profilo della regolarizzazione ex art. 1, comma 643, cit.;

– va, invece, disattesa l’istanza di rinvio pregiudiziale con riguardo alla questione sub B) in quanto non siamo nell’ambito di tributi armonizzati e, quindi, non si pone alcuna violazione rilevante in sede unionale;

– va, altresì, rigettata la istanza, formulata, in subordine, in memoria, di rimessione alla Corte costituzionale della questione di legittimità costituzionale avente ad oggetto del D.Lgs. n. 504 del 1998, artt. 1-3 come modificati, e L. n. 190 del 2014, art. 1, comma 643 in riferimento agli artt. 3,24 e 53 Cost., comma 1, artt. 111 e 117 Cost. nonché ai principi di uguaglianza, ragionevolezza e proporzionalità; in particolare, si dubita della legittimità della detta normativa per contrasto: a) con l’art. 53 Cost., riflettendosi, ad avviso della ricorrente, l’accertata illegittimità costituzionale (con sentenza n. 27 del 2018) nei confronti del CTD, per i periodi ante 2011, sull’efficacia del rapporto solidale con il bookmaker; b) con gli artt. 24,111 e 117 Cost. in relazione al diritto all’equo processo ex art. 6 CEDU, stante la mancata partecipazione del bookmaker al procedimento di accertamento dell’imposta in capo al terzo (CTD) e, quindi, la mancata possibilità di difesa prima dell’emissione dell’avviso; c) con il principio di uguaglianza consacrato nell’art. 3 Cost. dovendo il bookmaker pagare sia per la propria regolarizzazione che per il CTD non aderente alla sanatoria, con una valenza “sanzionatoria” della applicazione della imposta nei confronti di colui che abbia inteso regolarizzare la propria posizione;

– invero, quanto alla questione sub a), nella sentenza n. 27 del 2018, la Corte costituzionale ha affermato chiaramente che, prima del 2011, resta inalterata la responsabilità del bookmaker (v., da ultimo, l’ordinanza di questa Corte del 30.3.2021, n. 8757 nella quale, all’esito di una compiuta ed analitica ricostruzione del sistema dell’imposta unica, fondata anche sui recenti interventi della Corte Costituzionale (sentenza 23.1.018, n. 27) e della C.G.U.E. (sentenza 26 febbraio 2020, in causa C-788/18), si è chiarito, tra l’altro, che: “in mancanza di regolazione degli effetti transitori e in considerazione della natura interpretativa della L. n. 220 del 2010, art. 1, comma 66, lett. b), la disposizione va applicata anche ai rapporti negoziali perfezionatisi prima della sua entrata in vigore”; (cfr. il p. 10 della motivazione); b) la Corte costituzionale ha dichiarato “l’illegittimità costituzionale del D.Lgs. n. 504 del 1998, art. 3 e della L. n. 220 del 2010, art. 1, comma 66, lett. b), nella sola parte in cui prevedono che, nelle annualità d’imposta precedenti al 2011, siano assoggettate all’imposta unica sui concorsi pronostici e sulle scommesse le ricevitorie (dunque, non il bookmaker estero) operanti per conto di soggetti privi di concessione. In quel periodo non si può difatti procedere alla traslazione dell’imposta, perché l’entità delle commissioni già pattuite fra ricevitorie e bookmaker si era già cristallizzata sulla base del quadro precedente alla L. n. 220 cit.” (cfr. il p. 9.1 della motivazione);

– quanto alla questione sub b), il contraddittorio anticipato non costituisce principio generale ma viene garantito solo in presenza di specifiche esigenze (L. n. 212 del 2000, art. 12, comma 7, nelle ipotesi di accesso, ispezione o verifica nei locali destinati all’esercizio dell’attività); nella specie, trattandosi di un tributo non armonizzato e di un accertamento “a tavolino” non è ravvisabile la asserita sperequazione;

– quanto alla questione sub c) la regolarizzazione vale per i punti rete esistenti alla data del 30 ottobre 2014 mentre per quelli non attivi a tale data non vi può essere regolarizzazione, per cuì non è configurabile la prospettata diseguaglianza;

– in conclusione, il ricorso va rigettato;

– l’intervento in materia, in epoca successiva alla proposizione del ricorso, delle sentenze della Corte costituzionale (n. 27 del 2018) e della Corte di Giustizia (26 febbraio 2020, causa C-788/18), giustifica la compensazione tra le parti delle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso; compensa le spese del giudizio di legittimità;

Dà inoltre atto, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, il 15 ottobre 2021.

Depositato in Cancelleria il 9 febbraio 2022

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA