Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4063 del 20/02/2018


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Civile Sent. Sez. 2 Num. 4063 Anno 2018
Presidente: MATERA LINA
Relatore: FEDERICO GUIDO

Data pubblicazione: 20/02/2018

SENTENZA
sul ricorso 661-2014 proposto da:
CECCARELLI MICHELINA, elettivamente domiciliata in ROMA,
VIA CLEMENTE IX 10, presso lo studio dell’avvocato LUCIA
FELICIOTTI, che la rappresenta e difende;
– ricorrente contro
FAVORITI GIANLUCA, SARRECCHIA ROMANO, FIORENTINI IVALDO
n.g. di titolare della ditta individuale A.C. Artigiana
Costruzioni di Ivaldo Fiorentini, CELI ORIANA, CAPOCCIA
PIETRO„

intimati

avverso la sentenza n. 5544/2012 della CORTE D’APPELLO

di ROMA, depositata il 08/11/2012;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 06/12/2017 dal Consigliere GUIDO FEDERICO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale LUIGI SALVATO che ha concluso per il rigetto

udito l’Avvocato LUCIA FELICIOTTI, difensore della
ricorrente, che ha chiesto l’accoglimento del ricorso.

del ricorso;

Esposizione del fatto
Michelina Ceccarelli conveniva innanzi al Tribunale di Velletri Ivaldo
Fiorentini, Celi Oriana, coniuge’ in regime di comunione legale dei beni,

Gianluca Favoriti e Sarrechia Romano, esponendo che:
– il 13.4.1995 la Ceccarelli ed il Fiorentini avevano stipulato un
preliminare di compravendita, con il quale il Fiorentini si obbligava
a trasferire all’attrice la proprietà di una porzione immobiliare,
ricevendo a titolo di caparra confirmatoria la somma di lire
225.000.000, e con previsione di stipula del definitivo entro il
28.2.1996 al prezzo complessivo di lire 230.000.000;
Successivamente, il Fiorentini confessava alla Ceccarelli di avere nel
frattempo venduto il medesimo bene immobile ad altro soggetto,
Gianluca Favoriti.
In particolare, il Fiorentini aveva conferito procura a vendere al
Favoriti, autorizzandolo anche alla vendita a sé stesso.
La suddetta procura era stata pretesa da Romano Sarrecchia, zio del
Favoriti, a garanzia di un prestito di lire 140.000.000, che il primo
aveva concesso al Fiorentini.
Sulla base di ciò, la Ceccarelli chiedeva la pronuncia di nullità della
procura a vendere rilasciata dal Fiorentini al Favoriti e del successivo
contratto di vendita stipulato il 5.12.1997, assumendo che detta
vendita fosse intervenuta, in violazione dell’artt. 2744 c.c., in luogo
della restituzione del prestito di lire 140.000.000.
La Ceccarelli proponeva altresí, ai sensi dell’art. 2900 c.c., domanda
di simulazione e di rendimento del conto nei confronti del Favoriti,
nonché l’accertamento dell’inadempimento del preliminare di

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vendita, offrendo il residuo prezzo di lire 5.000.000, e la pronuncia di
sentenza ex art. 2932 c.c. , con trasferimento dell’immobile in proprio
favore.

In subordine, chiedeva la condanna del Fiorentini al pagamento del
doppio della caparra versata, oltre al risarcimento del danno,
accessori e spese di lite.
Il Fiorentini aderiva alla prospettazione dell’attrice, giustificando la
propria condotta con le pressioni subite dal Sarrecchia, in virtù di un
prestito, di carattere usurario, da questi concesso.
Costituitisi in giudizio, il Favoriti ed il Sarrecchia chiedevano il
rigetto della domanda ed il Sarrecchia proponeva altresí domanda
riconvenzionale nei confronti del Fiorentini, per la restituzione di lire
140.000.000, asseritamente versati in relazione alla promessa di
vendita di un immobile destinato alla figlia del Sarrecchia.
Il Tribunale di Velletri dichiarava la nullità del contratto del
5.12.1997 e della relativa procura a vendere, e pronunciava sentenza
ex art. 2932 c.c., in favore della Ceccarelli. Rigettava la domanda del
Sarrecchia, di restituzione della somma di lire 140.000.000.
La Corte d’Appello di Roma, in riforma della sentenza di primo
grado, per quanto in questa sede ancora interessa, rigettò la domanda
di Michelina Ceccarelli e quella di Fiorentini Ivaldo di nullità, e di
simulazione della procura speciale a vendere del 20.11.1997 nonchè
dell’atto di vendita stipulato dal Favoriti in virtù della procura
suddetta.
Dichiarò il legittimo il recesso della Ceccarelli dal contratto
preliminare di vendita, concluso con il Fiorentini il 13.4.1995 e per

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l’effetto condannò il Fiorentini al pagamento alla Ceccarelli del
doppio della caparra confirmatoria.
Il giudice di appello confermò inoltre il rigetto della domanda del

Sarrecchia di restituzione della somma di lire 140.000.000.
La Corte d’Appello di Roma, in particolare, affermò che il Favoriti
aveva provato di aver pagato il corrispettivo dell’acquisto
dell’immobile mediante la fattura n.2 del 1997, emessa dalla ditta
Fiorentini Ivaldo, prodotta in giudizio.
Detta fattura risultava effettivamente emessa in data 20.11.1997, nei
confronti del Favoriti, per la vendita dell’appartamento , al prezzo di
lire 150.000.000 oltre a lire 6.000.000 per iva e recava la quietanza
“pagato” con sottoscrizione dell’alienante, sottoscrizione che costui
non aveva disconosciuto.
Il giudice di appello rilevava che la prospettazione del Fiorentini, il
quale aveva affermato di aver sottoscritto la quietanza a causa della
soggezione nei confronti del Sarrecchia, il quale gli aveva erogato un
prestito usurario, non era stata provata.
Da ciò la validità della procura speciale e la insussistenza della
violazione dell’art. 2744 c.c.
Per la cassazione di detta sentenza ha proposto ricorso Michelina
Ceccarelli, con cinque motivi.
Le altre parti non hanno svolto, nel presente giudizio, attività
difensiva.
Motivi della decisione
Il primo motivo denuncia l’omesso esame di un fatto decisivo ex art. 360
n.5) cpc, in relazione all’ avvenuto pagamento del prezzo dell’immobile

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per cui è causa, fatto che la Corte territoriale ha ritenuto provato in forza
della fattura n.2/2017, recante la quietanza di avvenuto pagamento.
In particolare, ad avviso della ricorrente, la Corte territoriale avrebbe

omesso di valutare, dandone conto in motivazione, la circostanza che era
risultata l’emissione da parte del Fiorentini di altra fattura, avente il
medesimo numero progressivo ed anno, nei confronti di un diverso
soggetto, la Edil Scavi.
Il motivo è inammissibile per difetto di decisività, in quanto non coglie la
ratio della pronuncia impugnata.
La corte territoriale, infatti, non ha fondato la prova dell’avvenuto
pagamento sulla mera emissione della fattura, ma ha rilevato che la
fattura stessa recava anche la quietanza di avvenuto pagamento, con
sottoscrizione del Fiorentini da questi non disconosciuta.
Orbene, il giudice di appello ha, in buona sostanza, accertato che
l’elemento indiziario dedotto dalla ricorrente per inficiare la prova del
pagamento, consistente nell’emissione nei confronti di due soggetti
diversi di fatture aventi identico numero d’ordine, non era idoneo a
superare l’efficacia della quietanza di pagamento che corredava la
fattura.
Tale assunto è conforme al consolidato indirizzo di questa Corte, che
attribuisce efficacia confessoria alla quietanza, la quale fa piena prova
dell’avvenuto pagamento, sicché il quietanzante non è ammesso alla
prova contraria per testi, salvo dimostri, in applicazione analogica
dell’art. 2732 cod. civ., che il rilascio della quietanza è avvenuto per
errore di fatto o per violenza (Cass.19888/2014).

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In particolare, il medesimo principio è stato affermato con riferimento
alla quietanza rilasciata dal venditore in relazione ad una compravendita
di immobile (Cass.3921/2006).

Il secondo motivo denuncia la violazione dell’art. 2744 c.c., in relazione
all’art. 360 n.3) cpc, deducendosi un’errata interpretazione dell’art. 2744
c.c. per aver fatto discendere dalla mancata prova del debito usurario,
l’inesistenza del divieto di patto commissorio.
Pure tale censura è inammissibile, in quanto non coglie la ratio della
pronuncia.
La Corte territoriale non ha infatti sovrapposto la nozione di debito
usurario e la violazione del patto commissorio, ma ha piuttosto fondato la
insussistenza del patto commissorio sull’accertamento dell’avvenuto
pagamento dell’immobile da parte del Favoriti, non essendo stata
raggiunta la prova delle circostanze dedotte dal Fiorentini a
giustificazione della fattura-quietanza emessa, vale a dire di aver
contratto un mutuo, con tasso usurario, con il Sarrecchia, zio del
Favoriti.
Il terzo motivo denuncia l’omessa valutazione di un fatto decisivo ex art.
360 n.5) cpc, in relazione alla non contestata esistenza di un debito tra
Fiorentini e Sarrecchia.
La censura non coglie nel segno, atteso che, contrariamente a quanto
dedotto dalla ricorrente, la Corte territoriale ha preso in esame tale
circostanza ed ha ritenuto, con apprezzamento di fatto non censurabile
nel presente giudizio, che non sia stato provato il credito del Sarrecchia
nei confronti del Favoriti, non risultando provata nè la conclusione tra le

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parti di un mutuo a tasso usurario, né alcun altro fatto costitutivo di un
diritto di credito.
Il quarto motivo denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 1395

c.c., in relazione all’art. 360 n.3) c.p.c., in quanto il giudice di appello si
sarebbe limitato ad affermare che la procura conteneva l’autorizzazione,
da parte del venditore, a concludere il contratto con sé stesso, omettendo
peraltro di rilevare che la procura era priva dei necessari elementi
negoziali specificativi, idonei a tutelare gli interessi del rappresentato.
Il motivo è inammissibile per novità della questione.
La questione su menzionata non risulta infatti prospettata nei giudizi di
merito, onde nessuna pronunzia risulta emessa al riguardo né dal
Tribunale, né dal giudice di appello.
Ciò comporta che trattandosi di questione nuova, il relativo scrutinio in
sede di legittimità non è ammissibile.
E’ infatti giurisprudenza pacifica di questa Corte che i motivi del ricorso
per Cassazione devono investire, a pena di inammissibilità, questioni che
siano già comprese nel tema del decidere del giudizio di appello, non
essendo prospettabili per la prima volta in Cassazione questioni nuove o
nuovi temi di contestazione non trattati nella fase del merito e non
rilevabili d’ufficio (Cass. 4787/2012).
Il quinto motivo denuncia il vizio di omessa pronuncia e la violazione
dell’art. 1282 c.c., lamentando che la sentenza impugnata, nel
condannare il Fiorentini alla restituzione del doppio della caparra
ricevuta, ha omesso di statuire in ordine alla corresponsione degli
interessi.
Il motivo è inammissibile.

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Il ricorso per cassazione, avendo ad oggetto censure espressamente e
tassativamente previste dall’art. 360, primo comma, cod. proc. civ., deve
infatti essere articolato in specifici motivi riconducibili in maniera

immediata ed inequivocabile ad una delle cinque ragioni di
impugnazione stabilite dalla citata disposizione, pur senza la necessaria
adozione di formule sacramentali o l’esatta indicazione numerica di una
delle predette ipotesi.
Pertanto, nel caso in cui il ricorrente lamenti l’omessa pronuncia, da
parte dell’impugnata sentenza, in ordine ad una delle domande o
eccezioni proposte, seppure non è indispensabile che faccia esplicita
menzione della ravvisabilità della fattispecie di cui al n. 4) del primo
comma dell’art. 360 cod. proc. civ., con riguardo all’art. 112 cod. proc.
civ., è necessario che il motivo rechi univoco riferimento alla nullità
della decisione derivante dalla relativa omissione, dovendosi, invece,
dichiarare inammissibile il gravame allorché sostenga che la motivazione
sia mancante o insufficiente o si limiti ad argomentare, come nel caso di
specie, sulla violazione di legge (Cass. Ss.Uu.17931/2013).
Il ricorso va dunque rigettato.
Poichè nessuno degli intimati ha svolto, nel presente giudizio, attività
difensiva, non vi è luogo a provvedere sulle spese di lite.
Considerato inoltre che la Ceccarelli è stata ammessa al gratuito
patrocinio, non sussistono i presupposti, ai sensi dell’art. 13 comma 1
quater Dpr 115 del 2002, per il versamento, da parte della ricorrente
principale, dell’ulteriore importo, a titolo di contributo unificato, pari a
quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1 bis dello
stesso art. 13.

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P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma il 6 dicembre 2017
Il Presidente

Il Cons. Est.

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udiziario
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DEPOSITATO IN CANCELLERIA

Roma,

2 0 FEB, 2018

Nulla sulle spese.

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