Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4061 del 15/02/2017

Cassazione civile, sez. VI, 15/02/2017, (ud. 21/11/2016, dep.15/02/2017),  n. 4061

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DOGLIOTTI Massimo – rel. Presidente –

Dott. RAGONESI Vittorio – Consigliere –

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Consigliere –

Dott. GENOVESE Francesco Antonio – Consigliere –

Dott. DE CHIARA Carlo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 11414/2015 proposto da:

M.S., elettivamente domiciliato in ROMA, V. COSTANTINO 41,

presso lo studio dell’avvocato CLAUDIO BARGIACCHI, rappresentato e

difeso dall’avvocato SANDRO LUNGARINI, giusta procura speciale a

margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

R.P.;

– intimata –

avverso il decreto della CORTE D’APPELLO di ROMA, emesso il

02/12/2014 e depositato il 29/01/2015;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

21/11/2016 dal Consigliere Relatore Dott. MASSIMO DOGLIOTTI.

Fatto

FATTO E DIRITTO

La Corte, osserva:

M.S. e R.P. sono i genitori di un bambino nato fuori dal matrimonio. A seguito della cessazione della convivenza della coppia, nel 2008, veniva disposto dal Tribunale per i minorenni l’affidamento condiviso del bambino, con collocamento prevalente presso la madre, gravandosi il padre di un assegno di mantenimento in favore del figlio minore di Euro 400,00 mensili. La madre ricorreva per ottenere la modifica delle condizioni,

ed il Tribunale per i minorenni di Roma accoglieva per larga parte le sue istanze, disponeva l’affidamento esclusivo a lei del bambino, mentre incrementava l’importo dell’assegno posto a carico del padre ad Euro 800,00 mensili. Questa statuizione veniva contestata da M.S. e la Corte di Appello di Roma, adita in sede di reclamo, accoglieva il gravame, ripristinando l’affidamento condiviso del minore ai due genitori, ferma rimanendo la collocazione prevalente presso la madre, ma rigettava la domanda del padre di riduzione dell’assegno mensile posto a suo carico per il mantenimento del figlio.

Ricorre per cassazione M.S., ed insiste nel domandare la riduzione dell’ammontare dell’assegno di mantenimento.

Non si è costituita R.P..

Con il primo motivo di ricorso, proposto ai sensi dell’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, l’impugnante critica la decisione della Corte d’Appello di confermare l’incremento dell’assegno perchè l’importo era stato fissato in misura inferiore, quando era già intervenuta la vendita della abitazione familiare da parte del M. e, nell’assenza di modificazioni della situazioni di fatto, nessuna modifica era ammissibile sul punto.

Con il secondo motivo di impugnazione, proposto ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, l’impugnante critica la decisione della Corte d’Appello, per non aver tenuto conto di un fatto decisivo oggetto di discussione tra le parti e costituito dalla disponibilità di un alloggio a titolo gratuito per madre e figlio (profittando dell’ospitalità della madre di lei).

Con il terzo motivo di ricorso, proposto ancora ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, l’impugnante critica la decisione della Corte d’Appello per non aver tenuto conto di un fatto decisivo, oggetto di discussione tra le parti, costituito dalla tardiva produzione della documentazione attestante il reddito da parte di R.P., avendo la Corte di merito accettato la documentazione come completa ed attendibile, senza che occorresse disporre ulteriori indagini di verifica.

Con il quarto motivo di ricorso, proposto ai sensi dell’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 4, l’impugnante critica a decisione della Corte d’Appello per non aver tenuto conto di un fatto decisivo; oggetto di discussione tra le parti. La R. risulta infatti essere affetta da invalidità civile al 50% e pertanto potrebbe godere di pensione o altri sussidi, e tanto avrebbe potuto accertarsi mediante indagini di Polizia tributaria, non disposte dalla Corte territoriale.

Con il quinto motivo di ricorso, proposto nuovamente ai sensi dell’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, l’impugnante critica la decisione della Corte d’Appello per non aver tenuto conto di un fatto decisivo oggetto di discussione tra le parti, avendo effettuato superficialmente la comparazione della situazione economica delle parti, che rivelano in realtà redditi simili.

Con il sesto motivo di ricorso, proposto ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, l’impugnante critica la decisione della Corte d’Appello per non aver tenuto conto di un fatto decisivo, oggetto di discussione tra le partii e costituito dalla conseguenza dell’affidamento del figlio minore, non più esclusivo alla madre, bensì, condiviso con il padre. Il M., del resto, è solo comproprietario di immobili, e “a richiesta della R. tiene seco anche tutti i pomeriggi e nei week-end” il figlio minore.

Non si ravvisano violazioni di legge, in ordine alle quali le censure sono peraltro proposte in modo inadeguato.

In sostanza il ricorrente, propone contestazioni in ordine a profili e situazioni di fatto, per larga parte insuscettibili di controllo in questa sede, a fronte di una decisione impugnata che appare invece caratterizzata da motivazione adeguata e non illogica.

A tanto deve aggiungersi che “In tema di ricorso per cassazione, è inammissibile la mescolanza e la sovrapposizione di mezzi d’impugnazione eterogenei, facenti riferimento alle diverse ipotesi contemplate dall’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, non essendo consentita la prospettazione di una medesima questione sotto profili incompatibili… l’esposizione diretta e cumulativa delle questioni concernenti l’apprezzamento delle risultanze acquisite al processo e il merito della causa mira a rimettere al giudice di legittimità il compito di isolare le singole censure teoricamente proponibili, onde ricondurle ad uno dei mezzi d’impugnazione enunciati dall’art. 360 c.p.c., per poi ricercare quale o quali disposizioni sarebbero utilizzabili allo scopo, così attribuendo, inammissibilmente, al giudice di legittimità il compito di dare forma e contenuto giuridici alle lagnanze del ricorrente, al fine di decidere successivamente su di esse” (Cass. sez. 1, sent. 19443/2011).

In ogni caso, le parti presentano, come emerge dalla sentenza impugnata, una significativa disparità patrimoniale, esercitando il M. l’attività di imprenditore edile e la R. lavoro dipendente, con reddito modesto (circa mille Euro al mese). Inoltre, il M. ha venduto la casa coniugale pochi giorni prima della pronuncia sull’affidamento del figlio minore, ed ha in tal modo percepito un reddito dichiarato di Euro 160.000,00 – di cui il figlio non risulta aver beneficiato in alcuna misura – provocando al contempo l’allontanamento di madre e figlio dalla casa in cui avevano vissuto. Non solo, il ricorrente è pure proprietario di altri immobili che, pur ammettendosi che siano improduttivi, come si legge in ricorso, non di meno fanno parte del suo patrimonio e delle sue disponibilità. Quanto alle ragioni che hanno giustificato l’incremento, dell’assegno, la Corte d’Appello ha operato espresso riferimento alla necessità di assicurare maggior contributo alle esigenze abitative del figlio minore, allontanato dalla casa in cui stava crescendo per una scelta unilaterale del padre. Neppure può essere trascurato. in quanto dato oggettivo, che il crescere di ogni bambino ne incrementa le esigenze e risulta in conseguenza necessario un maggior investimento per soddisfarle.

Gli elementi che il ricorrente domanda di valorizzare, la disponibilità di un alloggio messo a disposizione della R. da parte della di lei madre, la sua invalidità civile al 50%, etc., sono circostanze note al Giudice di merito che tutte le ha considerate e, nella sua discrezionalità, ha quindi fissato in misura che si reputa congrua il contributo per il mantenimento del figlio minore posto a carico del padre.

In definitiva, attraverso la prospettazione di vizi motivazionali, il ricorrente ha inteso in realtà proporre “una diversa e più favorevole valutazione delle risultanze processuali, non consentita in sede di legittimità, soprattutto quando, come nella specie, il giudice di merito ha reso ampia ed articolata giustificazione in merito al proprio convincimento” (Cass. sez. 6-1, ord. 13504/15).

Eventuali stati di fatto sopravvenuti, poi, come la prospettata frequentazione del figlio con il padre tutti i pomeriggi, non possono evidentemente essere valutati in questa sede.

Il Collegio condivide la relazione proposta, e ritiene di rigettare il ricorso. Stante la soccombenza del ricorrente, e preso atto che non vi sono altre parti costituite, nulla occorre provvedere in ordine alle spese di lite.

PQM

La Corte rigetta il ricorso.

In caso di diffusione del presente provvedimento si omettano le generalità e gli altri dati identificativi, a norma del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 52.

La presente decisione è stata estesa con la collaborazione dell’Assistente di studio Dott. D.M.P..

Così deciso in Roma, il 21 novembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 15 febbraio 2017

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