Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4059 del 20/02/2018


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Civile Sent. Sez. 2 Num. 4059 Anno 2018
Presidente: PETITTI STEFANO
Relatore: CARRATO ALDO

ordinanzaingiunzione
emessa da
autorità
amministrativa
incompetente

SENTENZA

sul ricorso (iscritto al N.R.G. 5664/’15) proposto da:

COMUNE DI SCANDIANO (P.I.: 00441150356), in persona del Vice-Sindaco p.t.
(giusta deliberazione della Giunta municipale n. 11 del 28 gennaio 2015),
rappresentato e difeso, in forza di procura speciale in calce al ricorso, dall’Avv.
Paolo Coli ed elettivamente domiciliato presso lo studio dell’Avv. Massimo
Colarizi, in Roma, viale Bruno Buozzi, n. 87;

– ricorrente –

contro
LUSETTI GIULIANO (C.F.: LST GLN 48B08 I496G), rappresentato e difeso, in
virtù di procura speciale in calce al controricorso, dall’Avv. Roberta Tadiello ed
elettivamente domiciliato presso lo studio dell’Avv. Gigliola Mazza Ricci, in
Roma, alla v. di Pietralata, n. 320;

– controricorrente –

Avverso la sentenza della Corte di appello di Bologna n. 2293/2014, depositata
il 7 novembre 2014 (e notificata il 29 dicembre 2014);
Udita

la relazione della causa svolta nell’udienza pubblica del 28

novembre 2017 dal consigliere Aldo Carrato;

Data pubblicazione: 20/02/2018

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale

Lucio Capasso, che ha concluso per l’accoglimento del primo motivo del ricorso
e per la dichiarazione di assorbimento del secondo;
uditi l’Avv. Massimo Colarizi (per delega) nell’interesse del Comune

ricorrente e l’Avv. Alessandro Barretta (per delega) per il controricorrente.
FATTI DI CAUSA

l’opposizione proposta dal sig. Lusetti Giuliano contro l’ordinanza-ingiunzione n.
132 del 28 giugno 2005, con la quale il Sindaco del Comune di Scandiano
aveva irrogato nei suoi confronti la sanzione amministrativa di euro 60.000,00
per aver omesso di comunicare entro sette giorni in via informatica alla banca
dati dell’anagrafe bovina la macellazione di 36 capi nel periodo 30 agosto 200424 ottobre 2004, in violazione degli artt. 3, comma 4, del d. Igs. n. 58 del 2004
e 8, comma 1, lett. a) del D.M. 31 gennaio 2002.
Il Lusetti proponeva appello nei confronti della suddetta sentenza e, nella
costituzione dell’ente appellato, la Corte di appello di Bologna, con sentenza n.
2293/2014 (depositata il 7 novembre 2014), accoglieva il gravame e, per
l’effetto, annullava la menzionata ordinanza-ingiunzione, condannando l’ente
soccombente alla rifusione delle spese di entrambi i gradi di giudizio.
A sostegno dell’adottata pronuncia la Corte felsinea riteneva che l’impugnato /
provvedimento sanzionatorio era stato adottato da un’autorità amministrativa
incompetente (ovvero dal Sindaco) nel mentre avrebbe dovuto essere emanato
dal competente dirigente legittimato ai sensi dell’art. 107 del d. Igs. n.
267/2000, aggiungendo che la successiva emanazione di una seconda
ordinanza sanzionatoria, di identico contenuto a carico del medesimo Lusetti, a
firma dirigenziale non poteva considerarsi dotata dell’efficacia di un
provvedimento di convalida di quello precedente tempestivamente impugnato,
poiché il vizio originario di incompetenza non era da qualificarsi di natura
meramente formale.
Avverso la suddetta sentenza (non notificata) ha proposto ricorso per
cassazione il Comune di Scandiano, articolato in due motivi, al quale ha
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IL Tribunale di Reggio Emilia, con sentenza del 18 aprile 2016, rigettava

resistito con controricorso l’intimato Lusetti Giuliano. Il difensore dell’ente
ricorrente ha anche depositato memoria illustrativa ai sensi dell’art. 378 c.p.c.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo il ricorrente Comune ha dedotto la violazione dell’art. 6
della legge 18 marzo 1968, n. 249, dell’art. 21 nonies, comma 2, della legge 7
agosto 1990, n. 241, nonché degli artt. 112 e 113 c.p.c. e dei principi del

sottoposte al giudice di appello. In particolare, con tale censura, il Comune di
Scandiano ha inteso confutare la sentenza impugnata nella parte in cui con la
stessa era stata ritenuta irrilevante e, comunque, inefficace l’intervenuta
convalida (esplicita e documentalmente provata), emessa dal competente
dirigente responsabile, dell’ordinanza-ingiunzione impugnata, pervenendo
all’annullamento di quest’ultima sull’esclusivo presupposto dell’incompetenza
del Sindaco ad adottarla.
2. Con la seconda censura l’ente ricorrente ha denunciato la violazione e falsa
applicazione dell’art. 21 octies, comma 2, della citata legge n. 241 del 1990,
correlata alla prospettata erroneità della sentenza impugnata con cui era stata
negata la natura meramente formale del vizio di incompetenza e, sulla base di
tale affermazione, era stata desunta l’inapplicabilità della suddetta disposizione
normativa assunta come violata.
3. Rileva il collegio che, prima di poter esaminare i motivi formulati dal
Comune ricorrente, bisogna farsi carico della valutazione di quattro eccezioni
pregiudiziali tempestivamente avanzate nell’interesse del controricorrente.
3.1. Con la prima eccezione è stata dedotta la nullità della notificazione del
ricorso a mezzo PEC, siccome avvenuta con file in formato PDF e non in “p7m”,
oltre che la circostanza della mancata sottoscrizione con firma digitale del
ricorso.
L’eccezione va disattesa, dal momento che, invero, la notificazione del ricorso
è avvenuta a mezzo posta ai sensi e nelle forme di cui alla legge 21 gennaio
1994, n. 53, previa delibera del competente Consiglio dell’Ordine, per quanto
desumibile dalle prescritte formalità allegate al ricorso stesso, il quale,
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giusto processo, unitamente al vizio di omesso esame delle eccezioni

peraltro, risulta anche firmato digitalmente dal difensore munito di procura
speciale avv. Paolo Coli. Essendo, quindi, state rispettate tutte le modalità
comportanti la ritualità della notifica telematica del ricorso e dell’attestazione
della sottoscrizione digitale, la richiamata eccezione non merita accoglimento,
dovendosi, oltretutto, rilevare che la notifica ha, comunque, raggiunto il suo
scopo processuale (art. 156 c.p.c.), avendo l’intimato provveduto alla sua

15081/2004 e Cass. n. 5743/2011). Va, inoltre, aggiunto che la più recente
giurisprudenza di questa Corte ha anche chiarito che, ai sensi degli artt. 3-bis,
comma 3, e 6, comma 1, della legge n. 53 del 1994, come modificata dall’art.
16-quater del d.l. n. 179 del 2012, introdotto dalla I. n. 228 del 2012, per la
regolarità della notifica del ricorso per cassazione costituito dalla copia
informatica dell’atto originariamente formato su supporto analogico, non è
necessaria la sottoscrizione dell’atto con firma digitale, essendo sufficiente che
la copia telematica sia attestata conforme all’originale (circostanza, questa,
documentalmente riscontrata nel caso di specie), secondo le disposizioni
vigenti “ratione temporis” (cfr. Cass. n. 26102/2016).
3.2. Con la seconda eccezione la difesa del controricorrente ha sostenuto
l’inammissibilità del ricorso per difetto di valida procura siccome conferita dal
Vice-sindaco e non dal Sindaco del Comune di Scandiano, senza alcuna
specificazione dell’impedimento di quest’ultimo.
Anche questa eccezione deve essere respinta, poiché – incontestata (siccome
emergente ex actis) la circostanza che, effettivamente, la procura speciale sia
stata rilasciata, nella spesa qualità, dal Vice-Sindaco del Comune di Scandiano
(Matteo Nasciuti) – la giurisprudenza di questa Corte (dalla quale non si ha
ragione di discostarsi) è univoca nel ritenere che, in tema di rappresentanza
processuale del Comune, la causa di impedimento del sindaco a firmare
direttamente la procura alle liti si presume esistente, in virtù della presunzione
di legittimità degli atti amministrativi, restando a carico dell’interessato l’onere
(nella fattispecie non assolto) di dedurre e di provare l’insussistenza dei
presupposti per l’esercizio dei poteri sostitutivi, con la conseguenza che è
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conseguente regolare costituzione nel presente giudizio (v. Cass. n.

valida la procura conferita dal vice-sindaco, sebbene in essa sia stata omessa
l’indicazione delle ragioni di assenza o impedimento del sindaco (v., per tutte,
Cass. n. 23261/2010 e Cass. n. 11962/2016).
3.3. Con la terza eccezione la difesa del controricorrente ha dedotto
l’inammissibilità del ricorso per asserito difetto di specificità dei motivi. Pure
questa eccezione è del tutto destituita di fondamento perché i motivi

quindi, rispettosi delle necessarie indicazione prescritte dal comma 1 dell’art.
366 c.p.c.) e pongono riferimento a puntuali censure comunque riconducibili al
motivo previsto dall’art. 360, comma 1°, n. 3, c.p.c. .
3.4. Inoltre il difensore del Lusetti ha eccepito, nello svolgimento del
controricorso, la formazione di un giudicato esterno, intervenuto tra le parti,
che è stato ricondotto alla sentenza n. 970 del 31 luglio 2006 del Tribunale di
Reggio Emilia con la quale era stata accolta l’opposizione formulata dallo
stesso Lusetti avverso il provvedimento di ratifica/convalida della prima
ordinanza-ingiunzione sindacale, pronuncia che si assume essere divenuta
definitiva sul presupposto della sua notificazione al Comune di Scandiano,
senza la successiva proposizione di una rituale impugnazione. A conforto di tale
eccezione risulta essere stata depositata, congiuntamente al controricorso (in
cui si riporta come documento sub 1), copia di detta sentenza, la quale,
tuttavia, è incompleta, siccome composta da sole tre pagine (le prime due
relative all’intestazione e al richiamo di parte dello svolgimento del processo e
la terza riportante l’ultima parte del dispositivo riguardante parzialmente il
capo sulle spese) oltre a quella dell’attestazione della conformità della copia
all’originale e dell’apposizione della formula esecutiva da parte del cancelliere
e, infine, a quella recante la relata di notificazione.
Orbene, sulla scorta di tale irrituale acquisizione documentale, non può
prendersi in considerazione l’eccezione di fondatezza (o meno) del suddetto
giudicato (di cui, peraltro, la stessa Corte di appello di Bologna, nella sentenza
impugnata in questa sede, non dà alcun conto, inferendosi da ciò che
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prospettati con il ricorso risultano sufficientemente svolti in modo specifico (e,

l’eccezione in discorso non era stata neanche sollevata in sede di merito), non
evincendosi le legittime condizioni per ravvisare l’effettiva portata (soggettiva
ed oggettiva) della sentenza (in relazione all’eventuale operatività del c.d. ne

bis in idem) su cui si fonda, non emergendo, peraltro, in via documentale,
alcuna formale attestazione del passaggio in giudicato di tale pronuncia. A tal
proposito deve essere ribadito il principio secondo cui affinché il giudicato

formazione, che deve essere provata, pur in assenza di contestazioni
(oltretutto compiute, nel caso di specie, dal difensore del Comune ricorrente,
per quanto desumibile anche dalla presa di posizione assunta nella memoria ex
art. 378 c.p.c.) attraverso la produzione della sentenza munita del relativo
attestato di cancelleria (v. Cass. n. 14939/2012 e, da ultimo, Cass. n.
6024/2017).
4. Superate, in senso negativo, tutte le eccezioni e questioni pregiudiziali
sottoposte a questo collegio dalla difesa del controricorrente, si può passare
all’esame del primo motivo di ricorso proposto nei richiamati termini
nell’interesse dell’ente ricorrente.
Esso è fondato e, pertanto, merita accoglimento.
Si è già evidenziato come la Corte di appello di Bologna abbia ritenuto, sul
presupposto pacifico che la prima ordinanza-ingiunzione nei confronti del
Lusetti fosse stata emanata dal Sindaco del Comune di Scandiano (quale
autorità amministrativa incompetente), che la sopravvenuta convalida dello
stesso provvedimento sanzionatorio (identico sul piano soggettivo ed
oggettivo) ad opera del dirigente comunale legittimato (e, quindi,
giuridicamente competente ad emetterlo), adottata con ordinanza n. 15 prot.
n. 756 del 12 gennaio 2006 (regolarmente notificata e prodotta anche in
giudizio), non poteva sortire alcuna efficacia conservativa ai sensi dell’art. 21
nonies, comma 2, della legge n. 241/1990, anche perché il pregresso vizio di
incompetenza che inficiava il primo provvedimento sanzionatario non poteva
avere una mera rilevanza formale né avrebbe potuto qualificarsi come un
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esterno possa fare stato nel processo è necessaria la certezza della sua

provvedimento a contenuto vincolato (se non altro per l’ampio margine di
discrezionalità connesso alla scelta della sanzione).
Il ragionamento logico-giuridico ed il conseguente principio applicato desumibili
dalla impugnata sentenza non sono conformi a diritto ed incorrono nelle
violazioni dedotte con la prima censura da parte del Comune ricorrente.

giurisprudenza di questa Corte (v. Cass. n. 2593/1988; Cass. n. 20409/2006 e
Cass. n. 21190/2006) – l’art. 6 della legge n. 249 del 1968, che consente la
convalida degli atti amministrativi viziati da incompetenza, è applicabile, in
mancanza di un’espressa limitazione al giudizio amministrativo, anche nel caso
in cui il provvedimento viziato da incompetenza abbia costituito oggetto di
impugnativa davanti al giudice ordinario con la sola esclusione dell’ipotesi in
cui sia eventualmente intervenuta una sentenza passata in giudicato
(evenienza – questa – non ritualmente comprovata nel caso di specie), non
risultando limitato in alcun modo il diritto di difesa del destinatario del
provvedimento (nel caso di specie, sanzione amministrativa), in quanto la
convalida modifica solo l’imputazione soggettiva dell’atto, restando invariati i
profili conoscitivi, valutativi e volitivi (cfr., più recentemente, Cass. n.
14221/2014). Tale principio è da confermarsi – come chiarito dalla
giurisprudenza amministrativa (v., ad es., Cons. Stato sez. V n. 4650/2015) anche alla luce dell’intervenuta entrata in vigore dell’art. 21 nonies, comma 2,
della legge 7 agosto 1990, n. 241 (di cui il citato art. 6 della legge n. 249/1968
costituisce una specificazione; cfr. Cons. Stato sez. VI n. 122/2009). Del
resto, la convalida (o, più precisamente, la ratifica, vertendosi in tema di vizio
di incompetenza: v. Cons. Stato sez. V n. 3340/2015) consiste in una
manifestazione di volontà della Pubblica Amministrazione rivolta ad eliminare il
vizio dell’atto (originariamente) invalido e, qualora, il relativo potere sia
esercitato da parte dell’organo competente per ovviare al precedente vizio di
incompetenza, i relativi effetti sananti si producono con efficacia retroattiva
(cfr. Cons. Stato sez. IV n. 5538/2011, n. 3039/2014 e n. 3121/2010). Va,
inoltre, precisato che, con riferimento all’obbligo di motivazione in sede di
7

Rileva, infatti, il collegio che – in consonanza con la condivisibile

ratifica di un provvedimento amministrativo, costituiscono requisiti necessari,
ma anche sufficienti, l’esternazione delle ragioni di interesse pubblico e la
volontà dell’organo titolare della relativa potestà di assumere e far proprio
l’atto già viziato da incompetenza.
6. In definitiva, sulla scorta delle argomentazioni complessivamente esposte,
va accolto il primo motivo del ricorso, cui consegue l’assorbimento del secondo

2, della citata legge n. 241/1990).
Pertanto l’impugnata sentenza deve essere cassata con rinvio ad altra Sezione
della Corte di appello di Bologna, la quale, nel decidere sulla controversia, si
conformerà al seguente principio di diritto: “l’art. 6 della legge n. 249 del 1968
e l’art. 21 nonies, comma 2, della legge n. 241 del 1990, che consentono la
ratifica (o convalida) con efficacia «ex tunc» degli atti amministrativi viziati
da incompetenza, sono legittimamente applicabili anche nel caso in cui il
provvedimento (come, nella specie, di tipo sanzionatorio) viziato da
incompetenza abbia costituito oggetto di impugnativa davanti al giudice
ordinario (con la sola esclusione dell’ipotesi in cui sia eventualmente
intervenuta una sentenza passata in giudicato), non risultando limitato in alcun
modo il diritto di difesa del destinatario del provvedimento, in quanto la ratifica
da parte dell’autorità amministrativa competente modifica solo l’imputazione
soggettiva dell’atto, restando invariati i profili conoscitivi, valutativi e volitivi
del provvedimento stesso”.
Il giudice di rinvio provvederà a regolare anche le spese del presente giudizio
di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie il primo motivo del ricorso e dichiara assorbito il secondo;
cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese del giudizio di
legittimità, ad altra Sezione della Corte di appello di Bologna.

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(attinente all’ulteriore violazione e falsa applicazione dell’art. 21 octies, comma

Così deciso nella camera di consiglio della 2″ Sezione civile in data

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novembre 2017.

ti Furizi rio Giudi2iarie
\Vaie NERI

DEPOSITATO IN CANCELLERIA

Il Presidente

Il Consigliere estensore

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