Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4057 del 01/03/2016


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Civile Sent. Sez. 2 Num. 4057 Anno 2016
Presidente: MAZZACANE VINCENZO
Relatore: ORICCHIO ANTONIO

SENTENZA

sul ricorso 19322-2011 proposto da:
MIOTTO

LORENZO

MTTLNZ49L21L856Z,

elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA GREGORIANA 56, presso lo
studio dell’avvocato GIOVANNI GALOPPI, che lo
rappresenta e difende unitamente all’avvocato PAOLO
CORLETTO;
– ricorrente contro

MIOTTO

TIZIANA

MTTNMR552B47L856D,

MTTTZN62R65,

MIOTTO

ANNAMARIA

MIOTTO LUCIA MTTLCU55D44L565M,

elettivamente domiciliate in ROMA, VIA PASUBIO 2,

Data pubblicazione: 01/03/2016

presso lo studio dell’avvocato MARCO MERLINI, che le
rappresenta e difende unitamente all’avvocato GIOVANNI
MICHIELI;
– controri correnti nonchè contro

– intimato –

avverso la sentenza n. 1920/2010 della CORTE D’APPELLO
di VENEZIA, depositata il 08/10/2010;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 26/01/2016 dal Consigliere Dott. ANTONIO
ORICCHIO;
udito

l’Avvocato

dell’Avvocato

SIMONA

GIOVANNI

TORRINI,
GALOPPI

con
difensore

delega
del

ricorrente, che si riporta agli atti depositati;
udito l’Avvocato GIOVANNI MICHIELI, difensore dei
resistenti, che ha chiesto l’inammissibilità del
ricorso;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. RICCARDO FUZIO che ha concluso per i
rigetto del ricorso.

MIOTTO MICHELANGELO;

CONSIDERATO in FATTO
Miotto Tiziana, Annamaria e Lucia convenivano in giudizio
innanzi al Tribunale di Treviso la madre Vettoretti Elsa ed i
germani Lorenzo e Michelangelo al fine di ottenere lo

l’eredità del defunto padre Miotto Gioacchino deceduto in Vidor
il 21 aprile 1993.
Costituitosi in giudizio, il convenuto Miotto Lorenzo, non
opponendosi alla richiesta divisione, esponeva di aver acquistato
la quota già spettante al fratello Michelangelo e di condurre in
locazione agraria tutti i fondi in comunione fra le parti.
Con sentenza n. 487/2004 l’adito Tribunale di prima istanza
dichiarava lo scioglimento della comunione ereditaria e
procedeva, come in atti, alla formazione ed attribuzione delle
quote alla stregua delle risultanze di cui alla disposta ed esperita
c. t. u..
Avverso la succitata sentenza interponeva appello, chiedendone
la riforma, il Miotto Lorenzo, contestando —in particolarel’assegnazione alle germane del fondo denominato Brolo e
limitrofo a terreni di sua proprietà.
Interveniva in giudizio il Miotto Michelangelo aderendo al
proposto appello, di cui chiedeva l’accoglimento.

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scioglimento della comunione dei beni immobili costituenti

Resistevano al proposto gravame le Miotto Tiziana, Annamaria e
Lucia.
L’adita Corte di Appello di Venezia, con sentenza n. 1920/2010,
rigettava l’impugnazione e confermava la gravata decisione,

favore delle appellate, con compensazione relativamente
all’intervenuto Miotto Michelangelo.
Per la cassazione della succitata decisione della Corte distrettuale
ricorre il Miotto Lorenzo con atto affidato a due ordini di motivi.
Resistono con controricorso le intimate germane Miotto.
Nell’approssimarsi dell’udienza le parti hanno depositato
memorie ai sensi delllOart. 378 c.p.c..
RITENUTO in DIRITTO
1. Con il primo motivo del ricorso si censura il vizio di

violazione dell’art. 345 c.p.c., nonché quello di omessa e
contraddittoria motivazione, nonché ancora l’omessa pronuncia.
Il tutto in relazione alla declaratoria di inammissibilità del primo
motivo di appello.
In particolare si sostiene, col motivo del ricorso qui in esame, che
la Corte territoriale avrebbe, errando, dichiarato l’inammissibilità
del succitato motivo di appello “perché basato su una relazione
tecnica “.

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condannando l’appellante alla refusione delle spese del grado in

Deve, innanzitutto, osservarsi che la svolta censura assomma in
un unico indistinto contenitore censure diverse relative a vizio di
violazione di legge ed a carenza motivazionale (così imponendo

supplire impropriamente ad una attività costituente tipico onere
di parto.
Ciò posto, deve —inoltre- rilevarsi che il motivo in esame manca
di autosufficienza in quanto è carente relativamente allo
specifico onere di allegazione.
Non viene infatti specificato ed indicato la parte o il punto della
relazione tecnica di parte alla cui stregua la Corte —per rilevanza
delle argomentazioni ivi addotte e fondanti il motivo di appelloavrebbero dovuto indurre la Corte Territoriale a non ritenere
l’inammissibilità dello stesso motivo di gravame in secondo
grado.
Infine (e decisivamente) non coglie nel suo complesso la ratione
della contestata dichiarata inammissibilità ritenuta dal Giudice di
Appello.
Infatti quest’ultimo ha ritenuto l’inammissibilità dell’anzidetto
primo motivo di appello non solo perché “fondato sulla
inammissibile produzione documentale” (la relazione tecnica

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di dover scegliere ordine e rilevanza delle doglianze e, quindi,

”contestata dalla controparte” e prodotta “per la prima volta” in
quel grado del giudizio).
Infatti la lamentata inammissibilità del medesimo motivo di
appello risulta chiaramente giustificata poiché “in ogni caso (era)

impugnata decisione (di primo grado)”.
Parti ricorrenti non colgono congruamente tale concorrente ratio
della sentenza di appello e (insistendo nell’errore) non
specificano neppure ora in cosa consisterebbe il lamentato errore
pretesamente commesso nella ritenuta inammissibilità.
In conclusione il motivo non può, pertanto, essere accolto.
2. Con il secondo motivo del ricorso si deduce il vizio di

violazione dell’art. 342 c.p.c., eccependo la nullità del
procedimento, la violazione dell’art. 729 c.c. in ordine
all’asserito difetto di specificità del primo motivo di appello.
Col motivo qui scrutinato parti ricorrenti critica, in sostanza, la
gravata decisione in punto di ritenuta inammissibilità del citato
motivo di appello in quanto “generico e non risolventesi in una
precisa e puntuale critica all’impugnata decisione (di primo
grado”).
La stessa esposizione del motivo in esame (oltre a confermare
indirettamente l’infondatezza della censura svolta col motivo

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generica non risolvendosi in precise e puntuali critiche alla

precedentemente esaminato) induce ad una considerazione, che —
perfettamente attinente nell’ipotesi in giudizio- consente di
enunciare un principio di più generale valenza.
Da quella esposizione emerge palese lo scopo di contestare, oggi,

invocati- critiche eminentemente di puro merito (riferite, a solo
titolo di esempio : all’ingiustizia dell’assegnazione alle tre sorelle
del fondo Brolo “per l’adiacenza con i terreni di produzione del
famoso cartizze”; per la presenza nel compendio di altri
appezzamenti; per la divisibilità in due dell’appezzamento in
località Crode; per la possibile “assegnazione alla terza sorella
dell’appezzamento in località Rive” e così via).
Orbene trattasi, a ben vedere, di censure inammissibili in quanto
tendenti in modo palese (al di là —si ripete- delle norme pure
invocate) a riportare innanzi a questa Corte, Giudice di
legittimità, questione eminentemente valutative e di fatto che
non possono più oggi trovare una impropria ed indebita
rivalutazione e che dovevano (quanto alla presente controversia)
e devono (in generale) trovare adeguata soluzione nella
competente sede innanzi al Giudice del merito.
Il motivo è, quindi, inammissibile.
3. Il ricorso va rigettato.

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il progetto divisionale svolgendo —al di là dei parametri normativi

4.- Le spese seguono la soccombenza e si determinano come in
dispositivo.
P.Q.M.
La Corte

delle contro ricorrenti delle spese del giudizio, determinate in €
5.700,00, di cui € 200,00 per esborsi, oltre spese generali ed
accessori come per legge.
Così deciso nella Camera di Consiglio della Seconda Sezione
Civile della Corte Suprema di Cassazione il 26 gennaio

rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento in favore

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