Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4054 del 19/02/2010

Cassazione civile sez. I, 19/02/2010, (ud. 08/10/2009, dep. 19/02/2010), n.4054

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ADAMO Mario – Presidente –

Dott. SALME’ Giuseppe – Consigliere –

Dott. ZANICHELLI Vittorio – Consigliere –

Dott. SCHIRO’ Stefano – Consigliere –

Dott. DIDONE Antonio – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

M.M., P.A., S.V.,

elettivamente domiciliati in ROMA, VIALE PINTURICCHIO 21, presso lo

studio dell’avvocato ABBATE FERDINANDO EMILIO, che li rappresenta e

difende, giusta delega a margine del ricorso;

– ricorrenti –

contro

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI;

– intimata –

avverso il decreto nei procedimenti riuniti iscritti ai nn.ri

51160/05, 51161/05, 51162/05 e 51163/05 della CORTE D’APPELLO di ROMA

del 31.10.05, depositato il 14/02/2006;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio

dell’8/10/2009 dal Consigliere Relatore Dott. ANTONIO DIDONE;

udito per i ricorrenti l’Avvocato Ranieri Roda (per delega avv.

Ferdinando E. Abbate) che si riporta agli scritti.

E’ presente il P.G. in persona del Dott. PIERFELICE PRATIS che

conferma le conclusioni scritte.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

P. 1.- La Corte d’appello di Roma – adita da S.V., P.S. (non ricorrente per Cassazione), M. M. e P.A. al fine di conseguire l’equa riparazione per la lamentata irragionevole durata di un processo da essi instaurato quali dipendenti del Ministero della Giustizia dinanzi al T.A.R. del Lazio per ottenere la liquidazione dell’adeguamento triennale dell’indennità giudiziaria, mediante ricorso dell’aprile 1993 e concluso solo nel dicembre 2003 – con decreto del 14.2.2006 ha condannato la Presidenza del Consiglio dei Ministri a pagare a ciascun ricorrente la somma di Euro 7.000,00 a titolo di danno non patrimoniale, oltre interessi dalla data del decreto, nonchè al rimborso delle spese processuali, liquidate in Euro 750,00, oltre aumento del 20% per ciascun procedimento riunito, avendo accertato l’irragionevole durata del processo presupposto che si era protratto per oltre dieci anni.

Per la cassazione di tale decreto S.V., M. M. e P.A. hanno proposto ricorso affidato a due motivi.

La PDCM non ha resistito con controricorso.

Il ricorso, acquisite le conclusioni scritte del P.G., il quale ne ha chiesto l’accoglimento limitatamente alla decorrenza degli interessi, viene deciso ai sensi dell’art. 375 c.p.c..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

P. 2.- Con il primo motivo di impugnazione, i ricorrenti denunciano violazione e/o falsa applicazione di legge, in relazione alla L. n. 89 del 2001, art. 2, agli artt. 6, 13 e 41, della Convenzione Europea e agli artt. 1226 e 2056 c.c. nonchè illogicità, contraddittorietà e difetto di motivazione su punti decisivi della controversia, assumendo che a) la Corte d’appello, a fronte di una eccessiva durata del processo di anni sette e mesi otto ne abbia riconosciuta soltanto una di anni sette;

b) la liquidazione operata in concreto dal Giudice di merito (Euro 7.000,00) è inferiore alle liquidazioni operate, in casi simili, dalla Corte Europea di Strasburgo, senza che il medesimo Giudice nazionale abbia tenuto conto vuoi della natura (giuslavoristica) della controversia, vuoi del diritto essenziale e primario alla giusta retribuzione in essa coinvolto, là dove, del resto, appare del tutto immotivato, nonchè assolutamente inidoneo a giustificare ex se la modesta liquidazione, l’incidentale ed oscuro riferimento, contenuto nell’impugnato decreto, ad un asserito coinvolgimento, nella fattispecie, solo di aspetti patrimoniali;

c) erroneamente gli interessi sulla somma liquidata sono stati fatti decorrere dalla data del decreto anzichè dalla data della domanda;

Con il secondo motivo i ricorrenti denunciano violazione di legge e vizio di motivazione lamentando che la Corte di appello, nel liquidare le spese processuali, abbia determinato le competenze di procuratore in misura inferiore ai minimi tariffari inderogabili, nonchè gli onorari di avvocato e le spese vive in misura comunque incongrua.

3.- Il motivo sub 1.a) è manifestamente fondato.

La Corte d’appello ha accertato che il processo era durato dall’aprile del 1993 al dicembre del 2003 e cioè anni dieci e mesi otto. Pertanto, avendo statuito che la durata ragionevole del processo doveva fissarsi in anni tre doveva riconoscere una eccessiva durata di anni sette e mesi otto anzichè di soli anni sette.

Quanto al motivo sub 1.b), è ben vero che il giudice nazionale deve in linea di principio uniformarsi ai parametri elaborati dalla Corte Europea dei diritti dell’uomo per i casi simili; ma è pur vero che le Sezioni Unite di questa Corte con le note decisioni 1238, 1239 e 1240/2004 gli hanno attribuito il potere di discostarsene, in misura ragionevole, qualora, avuto riguardo alle peculiarità della singola fattispecie, sussistano elementi concreti di positiva smentita di detti criteri, dei quali deve dar conto.

Nella concreta fattispecie, poi, la Corte d’appello si è sostanzialmente attenuta ai parametri di liquidazione Cedu che, come è noto, oscillano tra i mille e millecinquecento Euro per anno di ritardo, avendo liquidato l’indennizzo in Euro 1,000,00 per ciascun anno di ritardo, con decisione sorretta da congrua e logica motivazione a fronte della quale il motivo di ricorso appare genericamente formulato. Invero, è noto che il giudice del merito dispone di una certa discrezionalità nel variare l’importo di indennizzo per anno di ritardo (da mille a millecinquecento salvo limitato discostamento in più o in meno a seconda delle circostanze) (cfr. Sez. 1^, n. 28266 del 2008). Sì che la censura è manifestamente infondata.

Manifestamente fondata è invece la censura sub 1.c), relativa alla decorrenza degli interessi sulla somma liquidata che la Corte di appello ha fissato dalla data della sentenza, senza considerare che gli interessi in esame, tenuto conto della natura dell’obbligazione cui accedono e non avendo finalità compensativa, devono necessariamente decorrere dalla data della domanda di equa riparazione, in base al principio secondo il quale gli effetti della pronuncia retroagiscono a tale data, nonostante il carattere di incertezza e di illiquidità del credito prima della statuizione giudiziale (Cass. 18105/2005; 1405/2004). Per cui il Collegio deve ribadire che gli interessi sulla somma liquidata ai ricorrenti a titolo di equa riparazione dovevano essere riconosciuti dal momento della domanda azionata dinanzi alla Corte d’appello.

Assorbito il secondo motivo relativo alla liquidazione delle spese del giudizio di merito, la Corte deve cassare il decreto impugnato in relazione al motivi accolti e, decidendo nel merito ai sensi dell’art. 384 c.p.c., condannare la Presidenza del Consiglio dei Ministri a corrispondere la somma di Euro 7.666,00 per ciascun ricorrente con gli interessi legali sulla somma liquidata dalla data della domanda giudiziale.

L’accoglimento solo in parte della richiesta dei ricorrenti, induce il Collegio a dichiarare compensate tra le parti le spese del giudizio di legittimità in ragione di metà.

P.Q.M.

La Corte, accoglie il ricorso nei termini di cui in motivazione, cassa il decreto impugnato e, decidendo nel merito, condanna l’Amministrazione a corrispondere alle parti ricorrenti la somma di Euro 7.666,00 per indennizzo, gli interessi legali sulla somma liquidata per indennizzo dalla domanda e le spese del giudizio:

che determina per il giudizio di merito nella somma di Euro 50,00 per esborsi, Euro 794,00 per diritti e Euro 490,00 per onorari, oltre spese generali ed accessori di legge e che dispone siano distratte in favore dell’avv. Abbate antistatario;

che compensa in misura di 1/2 per il giudizio di legittimità, gravando l’Amministrazione del residuo 1/2 e che determina per l’intero in Euro 965,00 di cui Euro 100,00 per esborsi, oltre spese generali ed accessori di legge e che dispone siano distratte in favore dell’avv. Abbate antistatario.

Così deciso in Roma, il 8 ottobre 2009.

Depositato in Cancelleria il 19 febbraio 2010

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