Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4050 del 20/02/2014


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Civile Sent. Sez. L Num. 4050 Anno 2014
Presidente: STILE PAOLO
Relatore: VENUTI PIETRO

SENTENZA

sul ricorso 13457-2009 proposto da:
INARCASSA

CASSA NAZIONALE DI PREVIDENZA ED

ASSISTENZA PER GLI INGEGNERI ED ARCHITETTI LIBERI
PROFESSIONISTI c.f. 80122170584, in persona del legale
rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata
in ROMA, VIA BOCCA DI LEONE 78, presso lo studio
2013
3715

dell’avvocato LUCIAN1 MASSIMO, che la rappresenta e
difende giusta delega in atti;
– ricorrente contro

PROCOPIO VINCENZO C.F. PRCVCN44D16D257A, elettivamente

Data pubblicazione: 20/02/2014

domiciliato in ROMA, VIA DI PIETRALATA 320-D, presso
lo studio dell’avvocato MAZZA RICCI GIGLIOLA,
rappresentato e difeso dagli avvocati GALASSO ANDREA,
GALASSO MICHELE, ANTONUCCI VINCENZO, giusta delega in
atti;

avverso la sentenza n. 633/2008 della CORTE D’APPELLO
di TORINO, depositata il 26/05/2008 r.g.n. 772/2007;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 17/12/2013 dal Consigliere Dott. PIETRO
VENUTI;
udito l’Avvocato LUCIANI MASSIMO;
udito l’Avvocato ANTONUCCI VINCENZO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. ALBERTO CELESTE, che ha concluso per il
rigetto del ricorso.

– controricorrente

R.G. n. 13457/09
Ud. 17 dic. 2013

Il Tribunale di Torino, dopo aver rigettato l’eccezione di
prescrizione proposta dall’Ing. Vincenzo Procopio nei confronti
della INARCASSA – Cassa Nazionale di Previdenza ed Assistenza
per gli Ingegneri ed Architetti Liberi Professionisti, concernente il
pagamento di un credito contributivo relativo all’anno 1994, da
questa richiestogli, ha condannato l’Ing. Procopio al pagamento, a
favore della controparte, della somma di 385.573,36, oltre
accessori di legge, ed ha annullato la sanzione di 246.762,42.
Su impugnazione principale dell’Ing. Procopio ed incidentale
di INARCASSA, la Corte d’Appello di Torino, con sentenza in data
21 – 26 maggio 2008, in riforma della sentenza di primo grado, ha
dichiarato prescritto il credito contributivo.
Ha osservato la Corte di merito che, anche a voler ritenere
che potesse riconoscersi valenza di atto interruttivo alla richiesta
di rettifica del credito inoltrata dall’Ing. Procopio a INARCASSA in
data 22 settembre 2004, tale richiesta venne inviata quando già il
termine prescrizionale quinquennale era ampiamente decorso, ai
sensi dell’art. 3, commi 9 e 10, della legge n. 335 del 1995 e
dell’art. 38 dello Statuto dell’ente previdenziale. Non era, infatti,
applicabile la norma di cui all’art. 18 della legge n. 6 del 1981, che
prevede il termine decennale di prescrizione, posto che, come è
stato affermato dalla giurisprudenza di legittimità in casi analoghi,
la legge n. 335 del 1995 ha regolato in materia organica e completa
l’intera materia della prescrizione dei crediti contributivi degli enti
previdenziali con riferimento a tutte le forme di previdenza
obbligatorie.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

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Restava assorbito l’appello incidentale, con il quale
INARCASSA aveva chiesto la condanna dell’ing. Procopio al
pagamento delle sanzioni civili, applicandosi ad esse lo stesso
termine di prescrizione quinquennale, per avere carattere
accessorio del credito principale, del quale seguono la sorte.

cassazione, illustrato da successiva memoria. L’Ing. Procopio
resiste con controricorso.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Il ricorso è articolato in due motivi, cui fanno seguito i
relativi quesiti di diritto ex art. 366 bis cod. proc. civ., non più in
vigore ma applicabile ratione temporis.
2. Con il primo motivo, denunziando violazione e falsa
applicazione degli artt. 3, commi 9 e 10, L. n. 335/95 e 18 L. n.
6/81, la ricorrente deduce che la disciplina dei termini
prescrizionali prevista dalla legge 335/95, nonostante il contrario
avviso della giurisprudenza, non può trovare applicazione nei
confronti degli enti previdenziali privati.
Ed infatti tale legge ha introdotto un criterio generale, ma non
integrale, di riforma del sistema previdenziale, lasciando fuori
l’intera materia della previdenza delle categorie professionali che
resta disciplinata dalla normativa anteriore.
Rileva in particolare la ricorrente:
– che il comma 10 dell’art. 3 cit. disciplina la sospensione dei
termini prescrizionali, ma, nel farlo, menziona il D.L. n. 463/83,
convertito, con modificazioni, nella L. n. 638/83, che non trova
applicazione nei confronti delle categorie libere professionali;
– che la riforma generale di cui alla legge n. 335 del 1995 è entrata
in vigore negli stessi mesi in cui si è concluso il processo di
privatizzazione delle Casse dei liberi professionisti (D. Lgs. n.
509/94), onde “sarebbe

illogico e incomprensibile se il legislatore

fosse intervenuto in materia di prescrizione dei crediti previdenziali
dettando norme generali per la previdenza pubblica solo

Avverso questa sentenza INARCASSA propone ricorso per

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implicitamente estensibili alla previdenza privata delle categorie
professionali, come se la (può ben dirsi) rivoluzionaria rtforma del
1993-1994 non vi fosse stata”;
– che le disposizioni delle leggi speciali sulla previdenza di ciascuna
categoria professionale, espressamente fatte salve dal D. Lgs. n.

reperimento e alla conservazione delle fonti di finanziamento della
previdenza sociale e sono improntate al principio solidaristico.
Vigendo il regime di integrale autofinanziamento, ogni episodio di
prescrizione diminuisce la provvista delle Casse e dunque mette a
rischio l’adempimento dei generali doveri di solidarietà
endocategoriale, sicché una rilevante abbreviazione dei termini
prescrizionali non potrebbe che comportare ripercussioni negative
sui risultati di bilancio;
– che l’art. 18 della legge n. 6 del 1981, che prevede la durata
decennale del termine di prescrizione, in quanto specificamente
riferito alle contribuzioni previdenziali a carico degli ingegneri ed
architetti costituisce norma speciale che non è stata abrogata dalla
norma generale di cui all’art. 3, comma 9, lettera b), L. 335/95,
che ha ridotto a cinque anni tale termine;

che l’interpretazione seguita dalla sentenza impugnata

consentirebbe ai professionisti che si sono sottratti per anni ai
propri doveri di solidarietà categoriale di giovarsi di un termine di
prescrizione abbreviato, non conosciuto né conoscibile dalle Casse
al momento degli inadempimenti.
Deduce infme la ricorrente che, ove le disposizioni di cui
all’art. 3, c. 9 e 10, L. 335/95 dovessero ritenersi applicabili alle
Casse dei liberi professionisti, esse sarebbero costituzionalmente
illegittime, atteso che la riduzione a cinque anni del termine di
prescrizione determina la lesione del diritto di difesa dell’ente
previdenziale,

“al quale verrebbe inopinatamente sottratta la

possibilità di far valere in sede giudiziale le sue ragionr . Inoltre

509 del 1994, rispondono ad uno specifico interesse pubblico al

l’autofinanziamento dell’ente rende

“inaccettabile qualunque

intervento legislativo che lo metta in pericolo”.
3. Con il secondo motivo, denunziando le stesse violazioni di
legge di cui à primo motivo, la ricorrente deduce che la sentenza
impugnata è errata anche laddove è stato ritenuto che il regime

Ed infatti il termine quinquennale introdotto dall’art. 3,
comma 9, della legge 335/95 fa riferimento alle sole “contribuzioni
di previdenza e di assistenza sociale obbligatoria” e non anche alle
sanzioni civili, le quali costituiscono obbligazioni di natura diversa
dall’obbligazione contributiva e pertanto non sono soggette allo
stesso regime prescrizionale.
4. Il primo motivo non è fondato.
La questione dedotta dalla ricorrente è stata posta più volte
all’esame di questa Corte e decisa in senso sfavorevole all’ente
previdenziale.
Con sentenza del 9 aprile 2003 e stato affermato che l’art. 3,
comma 9, della legge n. 335 del 1995, prevedendo che le
contribuzioni di previdenza e di assistenza sociale obbligatoria si
prescrivono in dieci anni per quelle di pertinenza del Fondo
pensioni lavoratori dipendenti e delle altre gestioni pensionistiche
obbligatorie – termine ridotto a cinque anni con decorrenza 1
gennaio 1996 (lettera a) – e in cinque anni per tutte le altre
contribuzioni di previdenza e di assistenza sociale obbligatoria
(lettera b), ha regolato l’intera materia della prescrizione dei crediti
contributivi degli enti previdenziali, con conseguente abrogazione,
ai sensi dell’art. 15 disp. prel. cod. proc. civ., per assorbimento,
delle previgenti discipline differenziate, sicché è venuta meno la
connotazione di specialità in precedenza sussistente per i vari
ordinamenti previdenziali.
Tale principio è stato ribadito da questa Corte (cfr. Cass. 13
febbraio 2006 n. 26621; Cass. 29 novembre 2007 n. 24910; Cass.
6 luglio 2011 n. 14864) con specifico riferimento ai crediti

prescrizionale delle sanzioni civili è analogo a quello dei contributi.

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contributivi dell’INARCASSA, per i quali è stato ritenuto che
dovesse essere applicata la nuova normativa, diversamente da
quanto sostenuto dal predetto ente previdenziale, secondo cui
doveva continuare ad applicarsi la norma speciale di cui all’art. 18
della legge n. 6 del 1981 e la prescrizione decennale ivi prevista, in

Questa Corte ha pure ritenuto l’applicabilità del nono comma
dell’art. 3 cit. ad altre ipotesi di sistemi previdenziali categoriali
(geometri e commercialisti): Cass. 1 luglio 2002 n. 9525, Cass. 27
giugno 2002 n. 9408, Cass. 12 gennaio 2002 n. 330, Cass. 16
agosto 2001 n. 11140.
Ritiene questo Collegio di dover dare seguito al suddetto
orientamento, non lasciando spazio ad interpretazioni diverse il
tenore della disposizione di cui alla legge n. 335 del 1995, art. 3,
comma 9.
Da essa si evince che il legislatore ha inteso regolare l’intera
materia della prescrizione dei crediti contributivi degli enti
previdenziali, con riferimento a tutte le forme di previdenza
obbligatoria, comprese quelle per i liberi professionisti.
Infatti la previsione di cui alla lettera b), riferita a “tutte le

altre contribuzioni di previdenza e di assistenza sociale
obbligatoria”, è onnicomprensiva e non lascia fuori nessuna forma
di previdenza obbligatoria.
Appare irrilevante l’argomentazione della ricorrente, secondo
cui l’art. 3, comma 10,contiene il richiamo ad una disposizione in
tema di sospensione dei termini di prescrizione (art. 2, comma 19,
D.L. n. 463/83, convertito con modificazioni nella L. n. 638/83),
che non si applicherebbe ai liberi professionisti.
Tale circostanza, infatti, non esclude la portata generale ed
organica della normativa in questione, la quale si applica a “tutte”
le contribuzioni di previdenza e di assistenza obbligatorie,
comprese quelle relative ai liberi professionisti.

forza del principio lex specialis derogat legi generali.

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Parimenti inconferente è il richiamo al processo di
privatizzazione delle Casse dei liberi professionisti, al loro regime di
autofinanziamento, alle ripercussioni negative che una
abbreviazione dei termini prescrizionali potrebbe comportare sui
risultati di bilancio degli enti previdenziali, al vantaggio che

non adempienti all’obbligo contributivo.
Trattasi di questioni che concernono profili, in verità di scarsa
rilevanza, tutti superati dalla decisiva circostanza che il testo
normativo non contiene limitazioni di sorta. Nessuna deroga, in
particolare, è prevista dalla norma per gli enti previdenziali c.d.
“privatizzati”, in quanto il D. Lgs. n. 509 del 1994, mentre ha
mutato la natura giuridica delle Casse, trasformandole in enti
privati, nulla ha innovato in ordine al rapporto previdenziale tra
l’ente e gli iscritti, che resta assoggettato agli stessi principi ed alle
stesse regole della previdenza obbligatoria, con le particolarità
previste dalla legge n. 335/1995.
Manifestamente infondata è infine la questione di legittimità
costituzionale dell’art. 3, commi 9 e 10, L. 335/95, ove queste
disposizioni dovessero ritenersi applicabili alle Casse dei liberi
professionisti.
A prescindere che per i contributi relativi al periodo
precedente la data di entrata in vigore della legge – come quelli in
esame – è stato mantenuto il termine decennale di prescrizione in
presenza di atti interruttivi o di procedure iniziate nel rispetto della
normativa precedente, per le contribuzioni successive a detto
periodo la situazione delle Casse non appare dissimile da quella
degli altri enti di previdenza ed assistenza obbligatoria, onde una
eventuale diversità di trattamento con riguardo al termine di
prescrizione sarebbe oltre che ingiustificata, irragionevole.
5. Anche il secondo motivo è privo di fondamento.
La ricorrente ha censurato la sentenza impugnata per avere
ritenuto applicabile, anche alle sanzioni civili, il termine di

ricaverebbero da un termine di prescrizione ridotto i professionisti

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prescrizione quinquennale dettato per le obbligazioni contributive
previdenziali dalla legge n. 335 del 1995, art. 3, comma nono.
A sostegno della censura ha richiamato Cass. 10 agosto 2006
n. 18148, secondo cui, costituendo le sanzioni civili una
obbligazione di natura diversa dalle obbligazioni contributive, non

ultime obbligazioni.
Non ritiene il Collegio di prestare adesione a tale indirizzo,
apparendo più convincente il diverso orientamento espresso in più
occasioni da questa Corte, secondo cui, in tema di contributi
previdenziali, l’obbligo relativo alle somme aggiuntive che il datore
di lavoro è tenuto a versare in caso di omesso o tardivo pagamento
dei contributi medesimi (cosiddette sanzioni civili) costituisce una
conseguenza automatica – legalmente predeterminata dell’inadempimento o del ritardo ed assolve una funzione di
rafforzamento dell’obbligazione contributiva alla quale si somma;
ne consegue che il credito per le sanzioni civili ha la stessa natura
giuridica dell’obbligazione principale e, pertanto, resta soggetto al
medesimo regime prescrizionale (Cass. 4 aprile 2008 n. 8814;
Cass. 22 febbraio 2012 n. 2620 e, in precedenza, Cass. 12 maggio
2004 n. 9054; Cass. 15 gennaio 1986 n. 194).
6. In conclusione il ricorso deve essere rigettato, previa
condanna della ricorrente al pagamento delle spese di questo
giudizio, come in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento
delle spese del presente giudizio, che liquida, a favore del
resistente, in C 100,00 per esborsi ed C 3.000,00 per compensi
professionali, oltre accessori di legge.
Così deciso in Roma in data 17 dicembre 2013.

è ad esse applicabile il regime di prescrizione previsto per queste

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