Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 405 del 10/01/2014


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Civile Sent. Sez. 2 Num. 405 Anno 2014
Presidente: ODDO MASSIMO
Relatore: PROTO CESARE ANTONIO

SENTENZA

sul ricorso 28840-2007 proposto da:
RAVARINO GIOVANNI RVRGNN44H24D154E,

elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA COSSERIA 5, presso lo studio
dell’avvocato GUIDO FRANCESCO ROMANELLI, che lo
rappresenta e difende unitamente all’avvocato
RANABOLDO CARLO;
– ricorrente –

2013
contro

2329

COMUNE D$ CRESCENTINO in persona del Sindaco in
carica,
4

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA

G.A.SARTORIO, 60, presso lo studio dell’avvocato

Data pubblicazione: 10/01/2014

CAMARDA MARCO, che lo rappresenta e difende unitamente
agli avvocati BORRI MASSIMO, SALANDIN MAURA;
– controricorrente –

avverso la sentenza n. 569/2007 della CORTE D’APPELLO
di TORINO, depositata il 11/04/2007;

udienza del 06/11/2013 dal Consigliere Dott. CESARE
ANTONIO PROTO;
udito

l’Avvocato MARCO CAMARDA difensore del

resistente che ha chiesto il rigetto del ricorso;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. MAURIZIO VELARDI che ha concluso per il
rigetto del ricorso.

udita la relazione della causa svolta nella pubblica

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Nel 2002 l’ingegnere Ravarino Giovanni, chiedeva un
decreto ingiuntivo nei confronti del Comune di
Crescentino deducendo:
– di essere stato incaricato con delibera di Giunta

di lavori di ristrutturazione di un immobile da
destinare ad edilizia residenziale pubblica;
– che con delibera di Giunta era stato approvato lo
stato finale e il certificato di regolare esecuzione;
– che in corso lavori aveva ricevuto acconti, ma non
era stata integralmente pagata la parcella a saldo
corredata dal parere di congruità del Consiglio
dell’Ordine,
– che con delibera di Giunta n. 919 del 27/12/1996 era
stata approvata la maggiorazione dell’impegno di spesa
onde far fronte al debito del ricorrente.
Il decreto ingiuntivo veniva concesso e il Comune di
Crescentino formulava tempestiva opposizione.
Con sentenza in data 11/11/2004 il Tribunale di
Vercelli, qualificava la domanda proposta come domanda
di adempimento contrattuale e riteneva la nullità, per
mancanza di forma scritta, del contratto posto a
fondamento del credito azionato nonché l’irrilevanza

3

Comunale del 16/12/1986 della progettazione e direzione

del preteso riconoscimento del debito che presuppone
l’esistenza di una causa obligandi,

nella specie invece

nulla; riteneva inoltre inammissibile, perché
tardivamente proposta, la domanda di ingiustificato
arricchimento.

decreto ingiuntivo.
Il Ravarino proponeva appello sulla base di tre motivi:
– l’erronea qualificazione della domanda come domanda
di natura contrattuale;
– il divieto del giudice di rilevare di ufficio la
nullità del rapporto fondamentale in quanto estraneo al
thema decidendum;
– l’erroneità della ritenuta novità della domanda ex
art. 2041 c.c.
L’appello del Ravarino era rigettato dalla Corte di
Appello di Torino con sentenza dell’11/4/2007,
confermativa di quella appellata e fondata sulle
seguenti motivazioni:

la domanda proposta era fondata su un titolo

contrattuale

e

non su una autonoma

fonte

di

obbligazione come invece prospettato per la prima volta
nel giudizio di appello con una domanda nuova e quindi
inammissibile;

4

Pertanto, in accoglimento dell’opposizione, revocava il

nel

ricorso monitorio

o

nella

comparsa

di

costituzione non era stata proposta la domanda ex art.
2041 c.c. e pertanto la sua successiva proposizione,
come rilevato dal primo giudice, costituiva
inammissibile domanda nuova;

al giudice di accertare, anche di ufficio, la valida
costituzione e l’efficacia del rapporto contrattuale e
di rilevarne la nullità.
Ravarino Giovanni ha proposto ricorso affidato a
quattro motivi chiedendo inoltre la rimessione degli
atti alla Corte Costituzionale per la soluzione della
questione di legittimità costituzionale dell’art. 6
DLGS n. 40/2006 che ha introdotto l’onere, per il
ricorrente, di concludere l’esposizione dei motivi con
la formulazione di un quesito di diritto a pena di
inammissibilità.
Il Comune di Crescentino ha resistito con controricorso
e ha depositato memoria.
Motivi della decisione
1. Con il primo motivo il ricorrente deduce il vizio di
motivazione in relazione alla qualificazione della
domanda che la Corte territoriale non avrebbe dovuto
qualificare come contrattuale, ma fondata sulla

5

– la contestazione del credito in primo grado imponeva

ricognizione di debito di cui alla delibera di Giunta
n. 919 del 27/12/1996.
Il ricorrente:
– richiama giurisprudenza secondo la quale, a suo dire,
la mancanza di titolo dipendente dalla carenza di forma

del debito;
– sostiene che, avendo invocato non la convenzione, ma
la delibera di riconoscimento di debito preceduta dalla
delibera che approva lo stato finale e il certificato
di regolare esecuzione lavori, la domanda non poteva
essere qualificata come domanda contrattuale.
In altra parte del ricorso il ricorrente:

lamenta che non sarebbe stata data adeguata

esposizione dello svolgimento del processo

(v.

rilievi di cui alla pagina 37 del ricorso) con
riferimento alle sue deduzioni e produzioni e di
seguito riporta il ricorso per decreto ingiuntivo onde
avvalorare la tesi che esclude la proposizione di una
domanda contrattuale,
– contesta l’operata distinzione tra riconoscimento di
debito e autonoma fonte dell’obbligazione,

afferma l’irrilevanza, ai fini della domanda di

indebito arricchimento, della circostanza che sia stato

6

scritta non osterebbe all’efficacia del riconoscimento

richiesto un compenso di ammontare determinato e, con
riferimento alla domanda subordinata di indebito
arricchimento, rileva che alla parte non è precluso
quantificare l’indennizzo in conformità all’importo
oggetto del riconoscimento del debito;

con riferimento al riconoscimento della regolarità e
utilità dell’opera.
Dopo questa esposizione il ricorrente conclude che gli
elementi indicati dovevano indurre il giudice a
qualificare la domanda come domanda fondata sul
riconoscimento del debito o di indebito arricchimento,
tanto più che nel ricorso la domanda non era
qualificata e che è compito del giudice qualificarla in
base ai fatti dedotti.
2. Con il secondo motivo il ricorrente deduce la
violazione e falsa applicazione degli artt. 112 e 113
c.p.c. e sostiene che la Corte di Appello avrebbe
dovuto qualificare la domanda sulla base dell’oggetto
sostanziale della pretesa e così operando l’avrebbe
qualificata come domanda non contrattuale, ma fondata
sulla ricognizione di debito o in alternativa come
domanda di indennizzo per ingiustificato arricchimento;
non avendo tenuto conto di queste diverse

7

– censura l’insufficiente esame della delibera n. 919

qualificazioni

avrebbe

violato

il

principio

di

corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato essendo
stato richiesto solo quanto spettava in base al
riconoscimento del debito contenuto nella delibera n.
919 del 1996 o, in alternativa il riconoscimento

All’esito dell’illustrazione del motivo formula il
quesito di diritto nel quale, ribadendo le censure di
cui al motivo, ne chiede la verifica di fondatezza
osservando che questa Corte ha il potere di esaminare
gli atti del giudizio di merito laddove sia denunciata
l’erronea interpretazione della domanda che si risolva
in omessa pronuncia sulla domanda effettivamente
proposta e ribadito di avere fondato la domanda sul
riconoscimento del debito e non sul contratto.
3. Con il terzo motivo il ricorrente premesso che
doveva essere esaminata la domanda proposta ex art.
1988 c.c. e quella di ingiustificato arricchimento ex
art. 2041 c.c., sviluppa argomenti per sostenere la
fondatezza di tali domande.
In particolare, il ricorrente sostiene:
– che la ricognizione di debito costituisce un negozio
di diritto sostanziale, produttivo di effetti autonomi
rispetto al rapporto fondamentale;

8

dell’arricchimento.

– che anche a volere ritenere che la ricognizione di
debito integri una mera “astrazione processuale”, il
rapporto sostanziale doveva ritenersi estraneo rispetto
alla controversia in quanto la nullità del rapporto
(per mancanza di forma scritta del contratto) non era

rilevarla di ufficio, il ricorrente non aveva l’onere
di provare il contratto.
Il ricorrente formula il quesito di diritto coerente
con gli argomenti sviluppati nel ricorso e chiede se la
ricognizione di debito, applicabile anche agli atti
della P.A. dispensi dall’onere di provare il contratto
e se sia consentito al giudice indagare di ufficio
sull’eventuale nullità per difetto di forma scritta in
mancanza di eccezione della committenza.
4. Con il quarto motivo il ricorrente deduce la
violazione e falsa applicazione dell’art. 2041 c.c. e
sostiene che l’azione di arricchimento, nel caso
concreto, si fondava sulle medesime circostanze atte a
legittimare la qualificazione della domanda come
fondata sul riconoscimento di debito e che il diritto
nell’an e nel quantum non era stato contestato
essendosi opposta una mera eccezione di estinzione per
remissione con la conseguenza che il fatto doveva

9

stata dedotta dal Comune, il giudice non poteva

ritenersi incontroverso e non più bisognoso di prova;
assume che erano state addotte circostanze di fatto
atte a dimostrare rutilitas

(con la delibera di Giunta

n. 919 del 27/12/1996 con la quale era stata approvata
la maggiorazione dell’impegno di spesa onde far fronte

era stato approvato lo stato finale e il certificato di
regolare esecuzione) e dall’altro l’impoverimento
risultante dalla parcella debitamente tarata.
5. Il primo e il secondo motivo devono essere esaminati
congiuntamente in quanto attengono alla qualificazione
della domanda proposta in primo grado dal ricorrente
deducendosi che non era stata proposta una domanda
contrattuale, ma una domanda fondata sul riconoscimento
di debito o sull’ingiustificato arricchimento, come i
giudici di merito avrebbero dovuto riconoscere se
fossero state adeguatamente valutate le circostanze
addotte e i documenti prodotti con il decreto
ingiuntivo.
I due motivi sono infondati e devono essere rigettati.
La Corte di Appello ha correttamente rilevato che la
deliberazione di Giunta non era indicata come fonte
autonoma di obbligazione, ma ricognitiva di un debito.
L’affermazione è coerente con il principio per il quale

10

al debito del ricorrente e con la delibera con la quale

la promessa di pagamento e la ricognizione del debito
non costituiscono promesse unilaterali ai sensi
dell’art. 1987 e dunque non sono fonti di obbligazioni
(cfr. Cass. 27/4/2011 n. 9412).
La loro efficacia è limitata al tema della prova del

rapporto obbligatorio), producendo esse l’inversione
dell’onere probatorio circa l’esistenza
dell’obbligazione sottostante.
Il ricorrente, con il ricorso per decreto ingiuntivo
non aveva semplicemente addotto che il suo credito era
stato riconosciuto, ma aveva indicato anche la ragione
per la quale era sorto in credito, ossia l’incarico
ricevuto con delibera della Giunta Comunale di
Crescentino n. 462 del 16/12/1986 per la progettazione
e direzione dei lavori di ristrutturazione di un
immobile da destinare a edilizia residenziale pubblica,
aveva indicato gli acconti ricevuti, la parcella tarata
dal consiglio dell’Ordine, l’approvazione dell’impegno
di spesa per il pagamento del credito, tutti elementi
dai quali risultava evidente che la ragione del credito
azionato era un contratto così che l’azione doveva
essere qualificata come azione contrattuale e

rapporto fondamentale che ne costituisce l’oggetto (il

correttamente di ufficio è stata dichiarata la nullità
del contratto per mancanza di forma scritta.
La conclusione (di esclusione del credito fondato su un
preteso riconoscimento) alla quale perviene la Corte
territoriale del tutto conforme ai principi

il riconoscimento di un debito da parte di un ente
locale, pur facendo salvo l’impegno di spesa in
precedenza assunto senza copertura contabile, non
comporta la sanatoria del contratto eventualmente nullo
o comunque invalido, come quello privo della forma
scritta “ad substantiam”

(Cass. 7/6/2013 n. 14423); il

riconoscimento di debito, infatti, non può costituire
esso stesso fonte di obbligazione (Cass. 27/4/2011 n.
9412).
Il suddetto riconoscimento non comporta la novazione
del titolo, bensì unicamente l’inversione dell’onere
della prova e deve essere valutato, per quanto concerne
la sua esistenza, estensione, validità ed efficacia,
secondo la disciplina del rapporto in cui interviene
(Cass. S.U. 22/5/2012 n. 8073 Ord.).
Gli elementi di fatto sopra indicati rendono altresì
evidente come non sia stata (tempestivamente) proposta
in ricorso o con la comparsa di costituzione in

12

costantemente affermati da questa Corte secondo i quali

giudizio una domanda di indebito arricchimento, essendo
stato invocato solo il pagamento di quanto dovuto in
base al contratto e alla parcella a saldo e neppure
specificamente dedotto l’elemento dell’impoverimento,
come giustamente rilevato dalla Corte di Appello, non

“impoverimento” la semplice affermazione che non era
stata pagata la parcella a saldo.
In conclusione la Corte di appello non ha omesso di
motivare e

non ha violato

il principio

di

corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato in
quanto ha deciso sulla sola domanda di adempimento
contrattuale che era stata proposta.
L’accenno

all’insufficiente

esposizione

dello

svolgimento del processo è inidoneo ad integrare un
motivo di nullità della sentenza perché il fatto
risulta esposto sinteticamente, ma in modo da rendere
comprensibili le questioni di fatto rilevanti ai fini
della decisione della Corte di appello.
6. Con il terzo motivo, come detto, il ricorrente
sostiene che dovevano essere ritenute fondate la sua
domanda proposta ex art.
ingiustificato

arricchimento

1988 c.c. e quella di
ex

art.

2041

c.c.,

sviluppa argomenti per sostenere la fondatezza di tali

potendo costituire deduzione relativa ad un

domande; assume che, essendo stato posto a fondamento
del

credito

non

un

titolo,

ma

il

semplice

riconoscimento di debito, il giudice di appello non
avrebbe potuto rilevare di ufficio la nullità del
contratto dal quale il riconoscimento traeva origine.
motivo,

con

riferimento

alla

domanda

di

ingiustificato arricchimento, resta assorbito dalla
rilevata inammissibilità della domanda per tardività.
Con riferimento alla domanda fondata sul riconoscimento
di debito se ne rileva la manifesta infondatezza
perché, come riconosciuto dalla costante giurisprudenza
di questa Corte (Cass. 11021/2005; Cass. 9412/2011;
Cass. 1423/2013), il

riconoscimento di debito non

costituisce una autonoma

causa obligandi e quindi non

può produrre effetti ove, come nella specie, il credito
non possa sorgere per la nullità del contratto; il
relativo accertamento, pertanto non può dirsi estraneo
al

thema decidendum

sottoposto al giudice del merito

con la domanda di adempimento contrattuale

(pur

facilitata dall’inversione dell’onere probatorio per il
riconoscimento titolato del debito) e il giudice ha
correttamente rilevato di ufficio la nullità, per la
mancanza della forma scritta richiesta

ad substantiam

per i contratti della p.a., del contratto dal quale

14

Il

scaturiva il debito pur riconosciuto dal Comune,
secondo la tesi del ricorrente, contestata invece dal
Comune che aveva attribuito alla delibera il
significato di una mera attestazione di disponibilità
delle risorse.

opposizione era stata contestata la fondatezza nel
merito della pretesa azionata così che anche sotto
questo profilo, l’accertamento della

causa debendi era

stato sottoposto al giudice.
7. E’ parimenti infondato il quarto motivo nel quale è
dedotta la violazione dell’art. 2041 c.c. sul rilievo
che la Corte di Appello non avrebbe considerato che gli
elementi costitutivi dell’ingiustificato arricchimento
risultavano già addotti con il ricorso per decreto
ingiuntivo e che non erano contestati, mentre la
circostanza che fosse richiesto un compenso
corrispondente a quello indicato nell’impegno di spesa
non escludeva che la domanda potesse essere intesa
anche come domanda ex art. 2041 c.c.
La Corte di Appello ha rilevato che né con il ricorso
per decreto ingiuntivo, né con la comparsa di
costituzione del Ravarino nel giudizio di opposizione a
decreto ingiuntivo era stato richiesto un indennizzo,

15

Va ulteriormente rilevato che con il giudizio di

ma il pagamento del corrispettivo pattuito il che
escludeva che la domanda proposta potesse essere
qualificata come domanda diretta ad ottenere un
indennizzo per l’ingiustificato arricchimento; pertanto

in tal senso,

ex plurimis

e da ultimo Cass.

22754/2013).
Le Sezioni Unite di questa Corte (Cass. S.U. 27/12/2010
n. 26128), intervenute proprio per dirimere il
contrasto interpretativo che vedeva contrapposta la
tesi per la quale la domanda di ingiustificato
arricchimento integrasse una semplice
quella che la riteneva una

“emendatio”

“mutati° libelli”

a
non

consentita hanno affermato i seguenti principi:
le domande di adempimento contrattuale e di
arricchimento senza causa si differenziano,
strutturalmente e tipologicamente, sia quanto alla
“causa petendi”

(perché solo nella seconda rilevano

come fatti costitutivi la presenza e l’entità del
proprio impoverimento e dell’altrui locupletazione,
nonché, ove l’arricchito sia una P.A., il
riconoscimento
quanto al

dell’utilitas

“petitum”

da parte dell’ente), sia

(pagamento del corrispettivo

pattuito o indennizzo);

16

la domanda non era ammissibile in quanto tardiva (cfr.

nel procedimento di opposizione a decreto ingiuntivo
al quale si devono applicare le norme del rito
ordinario, ai sensi dell’art. 645, secondo comma, e,
dunque, anche l’art. 183, quinto comma, c.p.c.
ammissibile la domanda di arricchimento senza causa

dall’opposto (che riveste la posizione sostanziale di
attore) soltanto qualora l’opponente abbia introdotto
nel giudizio, con l’atto di citazione, un ulteriore
tema di indagine, tale che possa giustificare l’esame
di una situazione di arricchimento senza causa;
– in ogni altro caso, all’opposto non è consentito di
proporre, neppure in via subordinata, nella comparsa di
risposta o successivamente, un’autonoma domanda di
arricchimento senza causa, la cui inammissibilità
rilevabile d’ufficio dal giudice.
La Corte di Appello, nella fattispecie, ha rilevato che
la domanda di ingiustificato arricchimento non era
stata proposta né con il ricorso per decreto ingiuntivo
né con la comparsa di costituzione, ma il ricorrente
sostiene che la proposizione della domanda doveva
ricavarsi dalle deduzioni e produzioni contenute nel
ricorso per decreto ingiuntivo.

17

avanzata con la comparsa di costituzione e risposta

Tuttavia neppure questa censura è fondata alla luce del
giusto rilievo della Corte di Appello, secondo il quale
l’azione di arricchimento non può avere ad oggetto il
pagamento del corrispettivo pattuito, ma solo
l’indennizzo per l’opera svolta.

rilievo asserendo che l’azione non presuppone
necessariamente un compenso diverso da quello indicato
nell’impegno di spesa, ma così argomentando non coglie
il senso della motivazione per la quale la circostanza
che fosse stato chiesto il pagamento del corrispettivo
(come in effetti era stato chiesto, essendo stato
richiesto il saldo di una fattura) e non la
corresponsione di un indennizzo escludeva la
possibilità di ravvisare, nell’iniziale domanda anche
una domanda diretta ad ottenere il pagamento
dell’indennizzo ex art. 2041 c.c., neppure desumibile
dalle espressioni utilizzate.
La Corte di Appello ha dunque valorizzato, per
escludere che fosse stata proposta una domanda ex art.
2041 c.c., proprio la diversità del

petitum

(pagamento

del corrispettivo pattuito e non indennizzo), in
conformità a quanto affermato da questa Corte a S.U.
nel richiamato precedente n. 26128 del 2010 laddove si

18

Il ricorrente tenta di inficiare questo dirimente

rileva che l’analisi dei fatti costitutivi delle azioni

di adempimento e di arricchimento senza causa conduce
alla conclusione che, anche con riferimento al petitum,
il bene giuridico è diverso ossia l’indennizzo invece
del pagamento del corrispettivo pattuito, aggiungendo

interpretazione e/o qualificazione giuridica dei fatti
versati in causa

perché sono gli stessi fatti

giuridicamente rilevanti, posti a fondamento della
domanda, a variare, con il conseguente cambiamento del
bene giuridico perseguito: e cioè l’indennizzo rispetto
al pagamento del corrispettivo pattuito, in tal modo
mutando il petitum mediato della propria originaria
azione.
8. L’istanza di rimessione alla Corte Costituzionale
della questione di legittimità costituzionale dell’art.
6 DLGS n. 40/2006 (che ha introdotto l’onere, per il
ricorrente, di concludere l’esposizione dei motivi con
la formulazione di un quesito di diritto a pena di
inammissibilità) non può essere accolta per la
manifesta irrilevanza della questione proposta in
quanto il ricorso non è dichiarato inammissibile per la
mancata formulazione dei quesiti, ma è rigettato per
l’infondatezza di tutti i motivi di ricorso.

19

che non si tratta soltanto di una diversa

9. In conclusione il ricorso deve essere rigettato con
la condanna del ricorrente, in quanto soccombente, al
pagamento delle spese di questo giudizio di cassazione.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna Ravarino

questo giudizio di cassazione che liquida in euro
3.000,00 per compensi oltre euro 200,00 per esborsi.
Così deciso in Roma, il 6/11/2013.

Giovanni a pagare al Comune di Crescentino le spese di

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